Caro Papa Benedetto,
nel giorno in cui ci lasci e rinunci al ministero petrino il mio cuore è
gonfio di dolore. E strane immagini si accavallano nella mia mente.
Immagini di me com'ero solo pochi anni fa, che in una vita giovane
sembrano distanti ere. Ritorno a quei giorni di aprile nei quali ti
sentivo parlare del relativismo e delle sue minacce, dei cattolici
adulti che in realtà non devono farsi sballottare qua e là dalle
correnti ma restare saldi nell'amicizia in Cristo. Parole scolpite
dentro di me che ti ascoltavo nella mensa vuota della scuola di
giornalismo Rai di Perugia, mentre tutti i miei colleghi erano intenti
al cazzeggio sinistrato, pronti allo sberleffo facile di una Chiesa
inconcepibilmente percepita antitesi del loro mondo.
Io ero lì che ti ascoltavo e ti sentivo già Papa nell'inevitabile
trepidazione commossa del fedele che trattiene il fiato appena prima del
conclave.
Di lì a pochi giorni saresti divenuto il mio Papa. Ed ero solo anche allora: quel pomeriggio avevo deciso di non andare ad esibirmi in mezzo al pubblico di Ballarò, assieme ai miei colleghi, come graziosamente concessoci dai vertici di quella Scuola. Serviva una vittima sacrificale in grado di rinunciare al narcisismo mediatico per sobbarcarsi le disquisizioni storiografiche di una conferenza con gli storici Melograni, Sabbatucci e Campi. Mi offersi volontario e ci andai. D'un tratto dalla platea, immersa nella penombra del crepuscolo e vagamente addormentata, una voce: "hanno eletto il Papa". Melograni: "ma è Ratzinger? Perché se è così ho vinto una scommessa!". La voce risponde: "sì, è Ratzinger!". Poi una signora dalla platea: "era meglio se non lo facevano Papa". E Melograni: "Signora, salviamo almeno la lingua italiana!". Lasciai immediatamente questi babbei discettare di partigiani e berlusconismo e mi catapultai a casa inebriandomi di Porta a Porta... Mentre correvo verso casa telefonai però prima a mia madre e le chiesi: "come ha scelto di chiamarsi?". E lei: "Benedetto". Avevo già previsto il nome dopo quel fantastico discorso a Montecassino su San Benedetto pronunciato pochi giorni prima. Ero gioioso, raggiante.
Di lì a pochi giorni saresti divenuto il mio Papa. Ed ero solo anche allora: quel pomeriggio avevo deciso di non andare ad esibirmi in mezzo al pubblico di Ballarò, assieme ai miei colleghi, come graziosamente concessoci dai vertici di quella Scuola. Serviva una vittima sacrificale in grado di rinunciare al narcisismo mediatico per sobbarcarsi le disquisizioni storiografiche di una conferenza con gli storici Melograni, Sabbatucci e Campi. Mi offersi volontario e ci andai. D'un tratto dalla platea, immersa nella penombra del crepuscolo e vagamente addormentata, una voce: "hanno eletto il Papa". Melograni: "ma è Ratzinger? Perché se è così ho vinto una scommessa!". La voce risponde: "sì, è Ratzinger!". Poi una signora dalla platea: "era meglio se non lo facevano Papa". E Melograni: "Signora, salviamo almeno la lingua italiana!". Lasciai immediatamente questi babbei discettare di partigiani e berlusconismo e mi catapultai a casa inebriandomi di Porta a Porta... Mentre correvo verso casa telefonai però prima a mia madre e le chiesi: "come ha scelto di chiamarsi?". E lei: "Benedetto". Avevo già previsto il nome dopo quel fantastico discorso a Montecassino su San Benedetto pronunciato pochi giorni prima. Ero gioioso, raggiante.
E ricordo, caro Papa Benedetto, quel giorno in cui in fila dalle cinque
del mattino venni ad assistere alla tua prima messa da Papa
nell'abbraccio del colonnato di San Pietro. Ero seduto lì a pregare per
te, mentre un prete rumeno faceva ondeggiare davanti al mio volto la
bandiera del suo Paese. Mi rabbuiai un attimo solo quando dicesti: "Il
mio vero programma di governo è quello di non fare la mia volontà, di
non perseguire mie idee". Per le tue idee ero lieto che fossi divenuto
Papa!
In questi anni, caro Papa, ti ho difeso con le unghie e con i denti. Ti ho difeso sin dal primo sgambetto, quello di Ratisbona. Ti ho difeso quando ci fu il caso Williamson, scoprendo la macchinazione di coloro che volevano mettere in crisi il Papato, ti ho difeso quando è scoppiata la bolla della pedofilia. Sempre ti ho difeso e ti ho amato. Sempre. E nel cuore decine e decine di volte ho sofferto per aver avanzato dubbi, per aver tentennato in questa strenua difesa. Anche quando ho osato criticare questa o quella tua affermazione l'ho fatto dopo aver desertificato il cuore, perché sapevo che certe tue parole avevano solo l'obiettivo di placare l'onda di odio ed ostilità che si riversava su di te. In questi anni ho conosciuto le ipocrisie e le viltà di chi ti circonda, ho conosciuto la doppiezza di tanti uomini di Chiesa. E se il parlar franco è spesso indice di impudenza o superbia, forse lo è anche di amore. Amore per il Papa e per la Chiesa. D'altra parte solo il Signore sa quel che provo, solo il Signore conosce gli angoli più nascosti del mio cuore.
Il tuo Pontificato, caro Papa Benedetto, è legato indissolubilmente alla mia vita. Grazie a te ho potuto scoprire la bellezza del rito antico, grazie a te ho potuto sposarmi secondo quel rito, grazie a te ho potuto conoscere centinaia di nuovi amici, sviluppare idee, progetti, dedicare il mio tempo all'applicazione di quanto tu ci hai insegnato, lottare per difendere le tue scelte spesso scomode, spesso incomprese, spesso ignorate proprio da chi in queste ore plaude alla tua rinuncia. Quante battaglie, quante sfide, quante discussioni per difendere tutto ciò che ci hai donato. Ed ora mi ritrovo, ci ritroviamo soli.
Per questo, caro Papa, mentre piango guardando la tua partenza, voglio dirti che nonostante tutto, nonostante la tristezza, ti voglio bene, ti voglio bene e sì ti chiedo scusa se non ho saputo amarti e rispettarti fino in fondo, fino a questa rinuncia che non riesco ad accettare, ti chiedo perdono se sono stato imperfetto nelle mie parole. Dio solo sa quanto perfetto però nel cuore.
Grazie, caro Papa Benedetto.
In questi anni, caro Papa, ti ho difeso con le unghie e con i denti. Ti ho difeso sin dal primo sgambetto, quello di Ratisbona. Ti ho difeso quando ci fu il caso Williamson, scoprendo la macchinazione di coloro che volevano mettere in crisi il Papato, ti ho difeso quando è scoppiata la bolla della pedofilia. Sempre ti ho difeso e ti ho amato. Sempre. E nel cuore decine e decine di volte ho sofferto per aver avanzato dubbi, per aver tentennato in questa strenua difesa. Anche quando ho osato criticare questa o quella tua affermazione l'ho fatto dopo aver desertificato il cuore, perché sapevo che certe tue parole avevano solo l'obiettivo di placare l'onda di odio ed ostilità che si riversava su di te. In questi anni ho conosciuto le ipocrisie e le viltà di chi ti circonda, ho conosciuto la doppiezza di tanti uomini di Chiesa. E se il parlar franco è spesso indice di impudenza o superbia, forse lo è anche di amore. Amore per il Papa e per la Chiesa. D'altra parte solo il Signore sa quel che provo, solo il Signore conosce gli angoli più nascosti del mio cuore.
Il tuo Pontificato, caro Papa Benedetto, è legato indissolubilmente alla mia vita. Grazie a te ho potuto scoprire la bellezza del rito antico, grazie a te ho potuto sposarmi secondo quel rito, grazie a te ho potuto conoscere centinaia di nuovi amici, sviluppare idee, progetti, dedicare il mio tempo all'applicazione di quanto tu ci hai insegnato, lottare per difendere le tue scelte spesso scomode, spesso incomprese, spesso ignorate proprio da chi in queste ore plaude alla tua rinuncia. Quante battaglie, quante sfide, quante discussioni per difendere tutto ciò che ci hai donato. Ed ora mi ritrovo, ci ritroviamo soli.
Per questo, caro Papa, mentre piango guardando la tua partenza, voglio dirti che nonostante tutto, nonostante la tristezza, ti voglio bene, ti voglio bene e sì ti chiedo scusa se non ho saputo amarti e rispettarti fino in fondo, fino a questa rinuncia che non riesco ad accettare, ti chiedo perdono se sono stato imperfetto nelle mie parole. Dio solo sa quanto perfetto però nel cuore.
Grazie, caro Papa Benedetto.
Tuo Francesco Colafemmina