Se il cattolicesimo dipendesse dalla perfezione dei suoi membri, sarebbe fallito nel giro di pochi decenni.
Il cattolicesimo dipende dalla grazia di Cristo.
Da una parte la miseria e dall'altra la Misericordia, per stare alla celebre descrizione che Agostino fa del racconto dell'adultera perdonata.
Ma una miseria che chiede di essere redenta, una povertà che vuol essere colmata, una debolezza che aspira ad essere trasformata.
Passare dalla morte alla vita, non per meriti, ma per grazia.
E testimoniare il dono che si è ricevuto.
Il cattolicesimo è l'aver preso sul serio la carne di Cristo.
E' l'averla mangiata, l'averla assunta, l'averla sentita nella propria stessa carne come forza che sostiene, come luce che guida, come verità che salva.
Il cattolicesimo è l'aver consegnato la propria carne alla verità di quella consegna divina, contraccambiando l'amore con l'amore.
Come può una creatura limitata, ma con la sincerità della donazione e con la totale fiducia nelle parole di Cristo.
Il cattolicesimo è stare ai piedi di Gesù per poter passare nella storia sanando e beneficando, come Gesù.
Per estendere la salvezza bisogna prima essere salvati.
O bisogna almeno essere certi di aver incontrato la salvezza.
Se il peggiore dei delinquenti esortasse un giovane alla rettitudine morale, non sarebbe un ipocrita.
Sarebbe semplicemente un uomo onesto.
E forse sarebbe un uomo redento.
Tutto questo ci commuove nella letteratura, nelle conversazioni, ma ci scandalizza se deriva dal Vangelo.
Perché oggi è nato il mito dell'insegnamento a partire dalla coerenza, che è il modo pratico di mettere a tacere qualsiasi forma di insegnamento.
Come se la verità non fosse più qualcosa di oggettivo, ma dipendesse dalla credibilità di chi la propone.
Nessuno però, è totalmente credibile.
La verità si impone perché è la verità.
E per noi la verità è Cristo.
Senza alcun compromesso.
Ma allora non bisogna essere coerenti?
No.
Bisogna essere santi, che è cosa diversa.
Il santo è il coerente al massimo, il testimone per eccellenza, la miseria perfettamente redenta.
La coerenza morale non è garanzia di santità, mentre la santità è certezza di coerenza morale.
La coerenza la si implora in ginocchio, non la si esercita per convenzione.
Tanto è vero, che la si riconosce nel momento della prova e della persecuzione, perché è la risposta all'amore che si è ricevuto.
Anzi, affiora in modo sorprendente, da poveri uomini, quando la storia si aspetterebbe esattamente il contrario.
Bisogna chiedersi se in tanti discorsi odierni, se in tante omissioni di fronte ai cosiddetti valori non negoziabili, sia ancora chiaro che la salvezza è un dono di grazia, che il Redentore è Cristo.
Bisogna chiedersi se crediamo ancora che all'amore si risponda con l'amore.
Amore per Cristo, innanzitutto.
Se crediamo ancora che la verità possa essere indicata e amata nonostante la nostra incapacità di assumerla totalmente.
Meglio desiderarla e implorarla che considerarla come una conquista delle nostre povere forze.
Se lottiamo veramente per la coerenza cristiana, siamo felici che altri possano esserlo con noi, prima di noi, meglio di noi.
A volte il rispetto assoluto è soltanto sintomo della nostra incredulità.
Un cristiano che si converte veramente, che lotta per conformarsi a Cristo, diventa uno che grida.
Spesso il silenzio è soltanto la voce della mediocrità.
Ed è questo che mi fa paura nell'attuale momento.
( un pregevole scritto di un Sacerdote-Teologo )