Dall' articolo di Radio Spada "Biritualismo, l’attuale avversario della Messa tradizionale" ho preso questo segmento :
«Si avverte oggi più che negli anni passati, la necessità di prendere le distanze in maniera netta e coraggiosa da un rito, che per la sua ambivalenza e ambiguità, non risulta essere uno strumento valido per conservare e trasmettere la Fede Cattolica. Questo perché non basta non dire eresie formali per restare nell’alveo cattolico, ma bisogna affermare l’integralità della verità giacché “ciò che non è affermato è negato”»
Potrei essere d'accordo con l'articolo di Radio Spada se non custodissi gelosamente il dono di un DNA obbedentissimamente filiale al Magistero della Chiesa Cattolica nostra Madre; se non credessi nell'azione perenne e feconda della Divina Provvidenza negli atti ordinari e straordinari della Chiesa e se non assistessi anche ( etiam ) alle Sante Messe nel rito ordinario della Chiesa (Novus Ordo).
L'articolo di Radio Spada non tiene poi conto dello "spirito" del Summorum Pontificum ne' dell'auspicata pax liturgique di Benedetto XVI .
D'altronde, siccome la carità è la più grande delle virtù cristiane, come potremmo ignorare i milioni e milioni di cattolici che seguono dal 1968 il rito riformato traendone indiscusse fonti di santità?
Come si può rinnegare in toto " l'azione dello Spirito nello sviluppo della Liturgia attraverso i secoli"?
D'altronde, siccome la carità è la più grande delle virtù cristiane, come potremmo ignorare i milioni e milioni di cattolici che seguono dal 1968 il rito riformato traendone indiscusse fonti di santità?
Come si può rinnegare in toto " l'azione dello Spirito nello sviluppo della Liturgia attraverso i secoli"?
La Provvidenza, che gestisce tutti i ritmi ecclesiali, ha disposto che il rito riformato fosse penetrato nel cuore dei fedeli e dei Sacerdoti molti dei quali seguono e sostengono la forza veramente rigenerante del "biritualismo" liturgico : la vera novità cattolica che contrastingue questo segmento di storia della Chiesa.
Il vero trionfo della Liturgia Cattolica sarà il frutto miracoloso e verticale della concezione cattolica liturgica tradizionale affiancata dalla actuosa partecipatio fidelium agognata da San Pio X e fatta propria dai Padri Conciliari nella Costituzione sulla Sacra Liturgia Sacrosantum Concilium.
Diversi valorosi Parroci/missionari "biritualisti", che cercano cioè di immettere un vero spirito liturgico cattolico nelle loro inaridite comunità, sottolineano che le Messe che essi celebrano si avvalgono in primis della lingua corrente ( non è la lingua che conta... il "problema" linguistico è stato ampiamente superato anche nelle comunità che si avvalgono del carisma della FSSPX ), vengono utilizzati dei canti veramente popolari per abbattere quella specie di muro divisorio che potrebbe tenere lontano i fedeli dall'azione liturgica.
Non facciamoci illusioni : le nostre bellissime celebrazioni con il venerabile Messale del '62 non riusciranno, almeno in un questo periodo transitorio, ad attirare la devota attenzione di un popolo che per colpa dei continui bla-bla-bla moderni e modernisti : "mi onora con le labbra, mentre il cuore è lontano da me".
Chi ci separerà dall'amore per la Liturgia di sempre ? Forse il dialogo Sacerdote-Fedeli, auspicato da San Pio X e via via da tanti Ecclesiastici fino ad arrivare alla prorompente spiritualità di don Dolindo Ruotolo - il grande sostenitore della Liturgia - nella forma tradizionale- nella lingua corrente ?
Chi ci separerà dall'amore per la Liturgia di sempre ? Forse la riscoperta del Salmo Responsoriale ( la vera, importante realtà liturgica attuale- Cfr.A.P.Ernetti Storia del Canto Gregoriano 1990- terza ed. 307).
Chi ci separerà dall'amore per la Liturgia di sempre ? Forse la riscoperta dei tropi penitenziali d'origine medioevale ?
Chi ci separerà dall'amore per la Liturgia di sempre ? Forse l'introduzione della triplice benedizione solenne, cantata, in alcune feste particolari?
La Chiesa, che sola ed unica possiede la pienezza della Verità Divina, non ha "paura" ne' della lingua corrente, ne' dei canti popolari e ne' di alcune sane e serie "riscoperte" della sua bimillenaria storia liturgica.
La questione che oggi Radio Spada propone è in realtà oggetto di riflessione da decenni da parte di tutti coloro che nel cuore e nella mente si precoccupano, con trepidazione di figli, della salute di Santa Madre Chiesa.
Mi avvalgo per questo del pregevole Articolo "L'Albero della Senape" del Conte Dott. Neri Capponi, che ricoprì anche la carica di Presidente di Una Voce Italia.
Lo studio di Neri Capponi, pubblicato nelle pagine 3-8 del Bollettino Una Voce-Italia, Gennaio-Settembre 1992 , ripropone la Conferenza tenuta in Firenze l'I 1.Gennaio 1992 sotto gli auspici della locale Sezione di "Una Voce" .
Alcune settimane fa abbiamo tutti letto, con animo trepidante, alcune interessantissime "esternazioni liturgiche" del nuovo Prefetto della Congregazione per il Culto Divino Cardinale Robert Sarah : di puro stampo "benedettiano".
Confrontiamo idealmente le parole ei propositi del Porporato con quello che nel lontanissimo 1992 il past president di Una Voce Italia pervaso da un non comune "sentire cum Ecclesia" aveva profeticamente scritto.
Chi ci separerà dall'amore per la Liturgia di sempre ? Forse il dialogo Sacerdote-Fedeli, auspicato da San Pio X e via via da tanti Ecclesiastici fino ad arrivare alla prorompente spiritualità di don Dolindo Ruotolo - il grande sostenitore della Liturgia - nella forma tradizionale- nella lingua corrente ?
Chi ci separerà dall'amore per la Liturgia di sempre ? Forse la riscoperta del Salmo Responsoriale ( la vera, importante realtà liturgica attuale- Cfr.A.P.Ernetti Storia del Canto Gregoriano 1990- terza ed. 307).
Chi ci separerà dall'amore per la Liturgia di sempre ? Forse la riscoperta dei tropi penitenziali d'origine medioevale ?
Chi ci separerà dall'amore per la Liturgia di sempre ? Forse l'introduzione della triplice benedizione solenne, cantata, in alcune feste particolari?
La Chiesa, che sola ed unica possiede la pienezza della Verità Divina, non ha "paura" ne' della lingua corrente, ne' dei canti popolari e ne' di alcune sane e serie "riscoperte" della sua bimillenaria storia liturgica.
La questione che oggi Radio Spada propone è in realtà oggetto di riflessione da decenni da parte di tutti coloro che nel cuore e nella mente si precoccupano, con trepidazione di figli, della salute di Santa Madre Chiesa.
Mi avvalgo per questo del pregevole Articolo "L'Albero della Senape" del Conte Dott. Neri Capponi, che ricoprì anche la carica di Presidente di Una Voce Italia.
Lo studio di Neri Capponi, pubblicato nelle pagine 3-8 del Bollettino Una Voce-Italia, Gennaio-Settembre 1992 , ripropone la Conferenza tenuta in Firenze l'I 1.Gennaio 1992 sotto gli auspici della locale Sezione di "Una Voce" .
Alcune settimane fa abbiamo tutti letto, con animo trepidante, alcune interessantissime "esternazioni liturgiche" del nuovo Prefetto della Congregazione per il Culto Divino Cardinale Robert Sarah : di puro stampo "benedettiano".
Confrontiamo idealmente le parole ei propositi del Porporato con quello che nel lontanissimo 1992 il past president di Una Voce Italia pervaso da un non comune "sentire cum Ecclesia" aveva profeticamente scritto.
" ( da pagina 4 ) ... Con Gregorio Magno il rito romano raggiunge completezza e stabilità anche nel canto e nel calendario.
Fu alla fine dell'VIII secolo che la liturgia romana conobbe un ulteriore magnifico sviluppo che coincide con l'inizio di quella che si usa chiamare civiltà romano-germanica, nata dalla fusione fra vincitori e vinti dopo le cosiddette invasioni barbariche, e di cui la nuova liturgia romana costituirà l'aspetto cultuale.
Carlo Magno, che voleva sottolineare l'unità del suo impero anche con l'unità di culto, aveva deciso che il rito della città di Roma fosse il rito di tutto l'impero: chiese pertanto a papa Adriano I di inviargli il messale gregoriano.
Dalla corte carolingia questo messale fu diffuso per l'impero e si arricchì di apporti celtici e germanici, ritornando, così arricchito, a Roma nel 962 con l'imperatore Ottone I, che vi fece aggiungere il Credo.
Nei secoli seguenti (XI e XII) si aggiunsero le preghiere dell'Offertorio, che sostituirono la processione offertoriale caduta in disuso, e l'ultimo Vangelo, per cui si può dire che la Messa quale fu fino al 1969 si trovava già completa di tutti i suoi elementi, compreso il modo di celebrare con i suoi arcani silenzi, nell'Ordo Missae di Innocenzo III ai primi del XIII secolo.
Fu alla fine dell'VIII secolo che la liturgia romana conobbe un ulteriore magnifico sviluppo che coincide con l'inizio di quella che si usa chiamare civiltà romano-germanica, nata dalla fusione fra vincitori e vinti dopo le cosiddette invasioni barbariche, e di cui la nuova liturgia romana costituirà l'aspetto cultuale.
Carlo Magno, che voleva sottolineare l'unità del suo impero anche con l'unità di culto, aveva deciso che il rito della città di Roma fosse il rito di tutto l'impero: chiese pertanto a papa Adriano I di inviargli il messale gregoriano.
Dalla corte carolingia questo messale fu diffuso per l'impero e si arricchì di apporti celtici e germanici, ritornando, così arricchito, a Roma nel 962 con l'imperatore Ottone I, che vi fece aggiungere il Credo.
Nei secoli seguenti (XI e XII) si aggiunsero le preghiere dell'Offertorio, che sostituirono la processione offertoriale caduta in disuso, e l'ultimo Vangelo, per cui si può dire che la Messa quale fu fino al 1969 si trovava già completa di tutti i suoi elementi, compreso il modo di celebrare con i suoi arcani silenzi, nell'Ordo Missae di Innocenzo III ai primi del XIII secolo.
Una certa involuzione si ebbe alla fine del medioevo quando si estese l'uso delle cosiddette messe private, in cui l'intero rito veniva condotto dal solo sacerdote, quasi sottovoce, anche quando fosse presente la comunità dei fedeli che così veniva emarginata dalla celebrazione.
Questo sviluppo, che nel rito romano come negli altri riti cessa negli ultimi secoli del medioevo aveva, nel rito romano, comportato anche degli abbandoni a volte giustificati, a volte meno.
Il più notevole (e pienamente giustificato) fu l'abbandono, fra il V ed il VII secolo, della comunione nella mano sia per gli inconvenienti che presentava sia per l'accresciuta sensibilità eucaristica della Chiesa.
Un abbandono invece ingiustificato fu l'abolizione della comunione sotto le due specie per i fedeli, dovuta alla pretesa necessità di sottolineare nel rito la conclusione teologica che Cristo intero è presente in ciascuna specie e per sottolineare vieppiù la verità dogmatica del sacerdozio ministeriale: peraltro così facendo si violava l'impianto rituale dell'Eucaristia e si accendeva un inutile conflitto con l'Oriente.
Altri abbandoni furono: la processione offertoriale e la preghiera dei fedeli alla fine della liturgia della parola o messa dei catecumeni.
Il più notevole (e pienamente giustificato) fu l'abbandono, fra il V ed il VII secolo, della comunione nella mano sia per gli inconvenienti che presentava sia per l'accresciuta sensibilità eucaristica della Chiesa.
Un abbandono invece ingiustificato fu l'abolizione della comunione sotto le due specie per i fedeli, dovuta alla pretesa necessità di sottolineare nel rito la conclusione teologica che Cristo intero è presente in ciascuna specie e per sottolineare vieppiù la verità dogmatica del sacerdozio ministeriale: peraltro così facendo si violava l'impianto rituale dell'Eucaristia e si accendeva un inutile conflitto con l'Oriente.
Altri abbandoni furono: la processione offertoriale e la preghiera dei fedeli alla fine della liturgia della parola o messa dei catecumeni.
Questo rito della Messa fu, poi, definitivamente congelato nel 1570 da Pio V che fece qualche potatura qui e là, senza peraltro toccare la sua struttura, e la codificò rigidamente.
Con Pio V si può dire che il rito romano diventa il rito quasi esclusivo della Chiesa latina o Patriarcato di Occidente.
Per vedere nuova linfa scorrere nel vetusto albero della liturgia, che era stato congelato per difenderlo dagli attacchi dell'eresia, bisogna arrivare al XIX secolo, con la nascita del movimento liturgico, che aveva di fronte a sé i seguenti compiti, sviluppatisi anche nel XX secolo:
a) riagganciare la musica sacra al testo sacro.
Colla trasformazione della messa cantata in cerimonia di certo, nei secoli XVII e XVIII, la musica sacra era diventata sempre più mondana e spesso avulsa dal testo.
Queste istanze del movimento liturgico furono recepite dalla riforma di Pio X;
b) riattivare la partecipazione dei fedeli nelle messe piane, il cui uso era diventato assolutamente prevalente dopo il "congelamento" di Pio V.
Colla trasformazione della messa cantata in cerimonia di certo, nei secoli XVII e XVIII, la musica sacra era diventata sempre più mondana e spesso avulsa dal testo.
Queste istanze del movimento liturgico furono recepite dalla riforma di Pio X;
b) riattivare la partecipazione dei fedeli nelle messe piane, il cui uso era diventato assolutamente prevalente dopo il "congelamento" di Pio V.
Ciò portò in questo secolo alla introduzione della cosiddetta messa dialogata ove i fedeli presenti adempiono al ruolo del servente nel rispondere al celebrante.
Ma il movimento liturgico fra le due guerre mondiali si stava dividendo: da una parte i moderati, dall'altra gli estremisti archeologizzanti che si rifacevano ad antiche eresie.
Colla Mediator Dei (che pur contiene un, sia pur involontario, errore che avrà funeste conseguenze) Pio XII frenò ed incanalò il movimento liturgico dando precise norme in materia e condannando altresì gli « archeologizzanti » di origine giansenista.
Così si arriva alla costituzione « Sacrosanctum Concilium » del Vaticano II, documento cauto, vago ed equivoco, però in linea di massima accettabile se rettamente interpretato da un'autorità ecclesiastica che avesse ben fermo il proprio ruolo di serva dell'azione dello Spirito sul corso della storia.
Il Concilio infatti accoglieva le richieste degli innovatori moderati con disposizioni e raccomandazioni che si possono così interpretare e riassumere:
a) la cauta introduzione della lingua parlata nella liturgia, necessaria sia per armonizzare meglio i riti della Chiesa (i riti orientali usano sempre la lingua parlata) sia perchè essa ha un impatto più vivo sulla psicologia della comunità: la Costituzione preservava, però, la lingua latina come lingua principale nei riti latini.
Bisogna, a questo proposito tenere presente che già nel XVI secolo, prima della Riforma protestante, la liturgia era stata tradotta nelle lingue volgari: fu l'offensiva fanatica dei protestanti contro l'Eucaristia e contro il latino liturgico che fece irrigidire la Chiesa;
b) la correzione qua e là di imprecisioni (ad esempio, nelle preghiere offertoriali la parola « ostiam », cioè vittima, meglio sostituibile con la parola « oblationem », cioè offerta);
c) con la raccomandazione di una « piena, consapevole ed attiva partecipazione » dei fedeli la Costituzione (cap. 11) consacra ufficialmente la messa dialogata ed apre la porta sia alla proclamazione in lingua volgare delle letture (menzionata, del resto, espressamente dalla Costituzione al capitolo 54), sia ad un maggiore inserimento dei fedeli in altre parti della Messa, come l'Offertorio, dove la recita silenziosa del celebrante, era più frutto di circostanze storiche che di una scelta teologica, come invece lo è la recita silenziosa del canone, comune sia all'Occidente che all'Oriente.
La Costituzione del resto ribadisce che « a tempo debito » si osservi il « sacro silenzio »;
La Costituzione del resto ribadisce che « a tempo debito » si osservi il « sacro silenzio »;
d) la reintroduzione della « orazione comune » o preghiera dei fedeli (cap. 53), abbandonata in Occidente durante la seconda metà del primo millenio ed ancora viva in Oriente;
e) una più ampia scelta di letture bibliche (cap. 51);
f) la reintroduzione, in determinati casi, della comunione sotto le due specie per i fedeli (cap. 55);
g) una cautissima e prudenziale apertura alla cosiddetta inculturazione dei riti cristiani in culture pagane.
Anche se non menzionati espressamente, la base di partenza di tale inculturazione sono i consigli di Gregorio Magno al monaco Agostino che si accingeva a convertire l'Inghilterra.
Anche se non menzionati espressamente, la base di partenza di tale inculturazione sono i consigli di Gregorio Magno al monaco Agostino che si accingeva a convertire l'Inghilterra.
La Costituzione peraltro solennemente dispone che "non si introducano innovazioni se non quando lo richieda una vera ed accertata utilità della Chiesa, e con l'avvertenza che le nuove forme scaturiscano organicamente, in qualche maniera da quelle esistenti" (cap. 23).
Senonché antiche eresie e nuovi e vecchi errori insidiavano l'attuazione corretta della Costituzione Sacrosanctum Concilium. Per rifare un po' di storia ricordiamo che i protestanti attaccarono fra le altre cose anche l'Eucaristia negando il suo carattere sacrificale, la Presenza reale ed il sacerdozio ministeriale.
Per ritrovare il semino di senape sradicarono l'albero e non trovando, come era logico il semino, se ne inventarono uno: la Cena o Funzione della Comunione.
Un attacco più insidioso venne però dai giansenisti: se i protestan-ti erano innamorati del semino primigenio, i giansenisti erano innamorati del virgulto sbocciato appena dalla terra e per questo erano pronti non a sradicare ma a tagliare l'albero.
Avevano arbitrariamente fissato al V secolo, epoca dell'idolatrato (e da loro mal compreso) Agostino, la fase della liturgia più pura e perfetta, considerando un'aberrazione tutto ciò che in teologia ed in liturgia avevano portato i secoli seguenti.
I giansenisti erano anche influenzati dallo spirito illuminista che considerava il medioevo epoca di superstizione e di oscurantismo e sottometteva tutto ad un razionalismo esasperato in perfetto contrasto col mistico linguaggio della liturgia.
I loro esperimenti in Francia ed in Italia (Sinodo di Pistoia) produssero una liturgia della Messa tendenzialmente simile a quella che emerse dopo la riforma liturgica del 1969-70.
Oltretutto questa Messa « patristica » dovette essere un po' inventata perché i testi di cui disponevano non erano molto pre-cisi e sicuri!
La peste giansenista fu arginata da Roma, ma il suo veleno continuò ad operare in campo morale e passò ad una fase di latenza per quanto riguarda la liturgia.
Oltretutto questa Messa « patristica » dovette essere un po' inventata perché i testi di cui disponevano non erano molto pre-cisi e sicuri!
La peste giansenista fu arginata da Roma, ma il suo veleno continuò ad operare in campo morale e passò ad una fase di latenza per quanto riguarda la liturgia.
L’eresia giansenista si risveglio con i liturgisti archeologizzanti (che consideravano tutto quanto si era sviluppato dopo il V secolo come una deviazione da eliminare) i quali trovarono i loro pronti alleati nei neomodernisti che volevano fare piazza pulita della dottrina cattolica, nonché negli ecumenomaniaci che volevano affogare la verità cattolica in un irenismo indistinto.
Questi gruppi si impadronirono del Consilium creato per eseguire la riforma liturgica.
Essi tagliarono l'albero della senape e ci regalarono non il virgulto sognato ma un tronchetto che i modernisti e gli ecu-menomaniaci innaffiarono facendovi fiorire, non un nuovo albero, ma una fungaia sgradevole a cui però lo Spirito, che sempre assiste la Chiesa, tolse il veleno.
Purtroppo un errore formulato da quel grande pontefice che fu Pio XII (anche i grandi a volte si sbagliano!) favorì questo disegno. Nella Mediator Dei Pio XII aveva infatti rovesciato la cosiddetta regula fidei espressa nel V secolo da Prospero di Aquitania per cui « legem credendi lex statuat supplicandi », insegnado invece, contro la costante tradizione di millecinquecento anni, che la formulazione intellettuale della dottrina debba stabilire come si prega.
Il pontefice forse credette di arginare così i sovvertitori della liturgia non rendendosi conto che, nel futuro, il dogma oscurato avrebbe avuto bisogno della liturgia tradizionale, molto più difficile a sovvertire dal basso e perciò baluardo della fede del popolo santo di Dio.
Né forse si rendeva conto di introdurre un soggettivismo pernicioso nel governo della Chiesa per cui i gusti liturgici del Papa del momento avrebbero potuto tranquillamente sovvertire la Tradizione e che quando, nell'affievolimento della dottrina, ciascun celebrante si fosse considerato papa (come spesso oggi accade) avrebbe stravolto la liturgia a suo uso e consumo.
Il pontefice forse credette di arginare così i sovvertitori della liturgia non rendendosi conto che, nel futuro, il dogma oscurato avrebbe avuto bisogno della liturgia tradizionale, molto più difficile a sovvertire dal basso e perciò baluardo della fede del popolo santo di Dio.
Né forse si rendeva conto di introdurre un soggettivismo pernicioso nel governo della Chiesa per cui i gusti liturgici del Papa del momento avrebbero potuto tranquillamente sovvertire la Tradizione e che quando, nell'affievolimento della dottrina, ciascun celebrante si fosse considerato papa (come spesso oggi accade) avrebbe stravolto la liturgia a suo uso e consumo.
Indubbiamente l'avere fatto arretrare la liturgia eucaristica al V secolo aveva eliminato quanto, sotto l'influenza della sempre più accresciuta pietas fidelium, si era in essa inserito, nei secoli susseguenti, per sottolineare sia il carattere sacrificale del culto eucaristico, sia la Presenza reale, sia il sacerdozio ministeriale; pertanto le prime reazioni al Novus Ordo Missae furono, come sempre succede in Occidente, di tipo scolastico-teologico ed ignorarono l'altro errore, più profondo: l'avere cioè la Commissione rinnegato l'azione dello Spirito nello sviluppo della Liturgia attraverso i secoli; senza poi considerare l'assurdità, da un punto di vista meramente umano, di una liturgia artificiale fatta a tavolino.
Inoltre tali critiche, incentrandosi sui testi, fecero passare in seconda linea il modo di celebrare che da posizioni gianseniste ha fatto avvicinare questa nuova liturgia alle celebrazioni protestanti, di cui la Comunione nella mano (reintrodotta dai protestanti per negare la Presenza reale) è l'ultimo esempio. Peraltro anche la nuova liturgia eucaristica (come del resto quella del V secolo) aveva elementi che sottolineavano, sia pure in modo più affievolito, i vari aspetti del mistero eucaristico e, cosa più importante, vari documenti pontifici emanati dopo la riforma ribadirono solennemente questi aspetti dando anche senso univoco a quanto di equivoco poteva esistere nei testi della liturgia riformata.
Nessuno peraltro ha potuto finora controbattere l'accusa molto semplice di avere, cioè, distrutto l'opera dello Spirito Santo o di avere avallato l'ipotesi che ad una parte notevole della Chiesa (comprendente la diocesi di Roma), in una cosa così importante come il culto eucaristico, sia stata negata l'assistenza dello Spirito Santo per mille e cinquecento anni: il rinnegamento della parabola dell'albero della senape!
Inoltre tali critiche, incentrandosi sui testi, fecero passare in seconda linea il modo di celebrare che da posizioni gianseniste ha fatto avvicinare questa nuova liturgia alle celebrazioni protestanti, di cui la Comunione nella mano (reintrodotta dai protestanti per negare la Presenza reale) è l'ultimo esempio. Peraltro anche la nuova liturgia eucaristica (come del resto quella del V secolo) aveva elementi che sottolineavano, sia pure in modo più affievolito, i vari aspetti del mistero eucaristico e, cosa più importante, vari documenti pontifici emanati dopo la riforma ribadirono solennemente questi aspetti dando anche senso univoco a quanto di equivoco poteva esistere nei testi della liturgia riformata.
Nessuno peraltro ha potuto finora controbattere l'accusa molto semplice di avere, cioè, distrutto l'opera dello Spirito Santo o di avere avallato l'ipotesi che ad una parte notevole della Chiesa (comprendente la diocesi di Roma), in una cosa così importante come il culto eucaristico, sia stata negata l'assistenza dello Spirito Santo per mille e cinquecento anni: il rinnegamento della parabola dell'albero della senape!
Siccome però Dio trae dal male un bene ancora maggiore, vediamo quali possono essere gli aspetti positivi della riforma che, quand'anche il Novus Ordo dovesse coi secoli sparire dall'Occidente cristiano a favore della messa carolingia od ottoniana dei nostri antenati, potrebbero sopravvivergli.
Positiva, almeno in parte, è la introduzione della lingua vernacola nella liturgia.
Non peraltro la lingua vernacola, brutta, sciatta, e banale delle traduzioni odierne, che a volte scade nell'infantile, nel volgare od addirittura nell'equivoco dogmatico come, per esempio, nella traduzione inglese, ma la nobile lingua della migliore letteratura.
Non peraltro la lingua vernacola, brutta, sciatta, e banale delle traduzioni odierne, che a volte scade nell'infantile, nel volgare od addirittura nell'equivoco dogmatico come, per esempio, nella traduzione inglese, ma la nobile lingua della migliore letteratura.
Positivo è anche l'aumento e la varietà delle letture bibliche: peraltro una maggiore comprensione della liturgia antica (la ri-forma è stata fatta anche da ignoranti) avrebbe dovuto mantenere al loro posto le letture domenicali e delle grandi feste la cui collocazione aveva sovente un profondo significato non immediatamente apparente.
Positiva altresì la reintroduzione della preghiera litanica dei fedeli nonché la recita comunitaria del Pater Noster non lasciata più, come prima, al solo celebrante; va notato peraltro che la compilazione della preghiera dei fedeli andrebbe lasciata al celebrante, ciò per evitare le incredibili e, a volte, incomprensibili banalità, spinte talvolta fino al ridicolo, che i fedeli debbono oggi ascoltare da foglietti prefabbricati!
Positiva altresì la reintroduzione della preghiera litanica dei fedeli nonché la recita comunitaria del Pater Noster non lasciata più, come prima, al solo celebrante; va notato peraltro che la compilazione della preghiera dei fedeli andrebbe lasciata al celebrante, ciò per evitare le incredibili e, a volte, incomprensibili banalità, spinte talvolta fino al ridicolo, che i fedeli debbono oggi ascoltare da foglietti prefabbricati!
Positivo infine potrebbe essere il nostro povero tronchetto, ridotto alla sola (approssimativa) dimensione della liturgia romana del V secolo, se, opportunamente ripulito e riportato a dignità, potesse servire da base di innesto per le buone tradizioni dei popoli fuori dallo stretto cerchio dell'Occidente cristiano sviluppatosi non solo su base romana ma anche celtica e germanica.
Cosi come con un lavoro lento e secolare furono innestate sul tronco roma¬no le tradizioni degli altri popoli pagani del¬l'Occidente europeo, costituendo l'aspetto cultuale della nuova civiltà che stava emergendo e di cui noi siamo gli eredi, allo stesso modo i popoli del terzo e quarto mondo potranno col tempo, la cautela e la pazienza innestare sul tronchetto romano (e perciò universale) le loro buone tradizioni cosi da creare l'aspetto cultuale cristiano della propria civiltà.
E indubbio che ciò sarebbe stato più difficile (se non impossibile) con la nostra messa carolingia, anche perché né i celti né i germani sono essenziali alla civiltà cristiana genericamente intesa, ma i siriaci, i copti, i greci ed i romani sì, perché costituiscono il punto di innesto dell'olivo selvatico sul tronco domestico di Israele, fino a che l'olivastro sarà tagliato e l'olivo domestico reinnestato sull'antico tronco, come profetizza l'Apostolo delle Genti nella sua lettera ai Romani". (Neri Capponi op.cit.pagine 3-8)
(Museo Diocesano di Recanati, Basilica Cattedrale Recanati , part. Natività di Nostro Signore, miniatura medioevale )
Andrea Carradori
Cosi come con un lavoro lento e secolare furono innestate sul tronco roma¬no le tradizioni degli altri popoli pagani del¬l'Occidente europeo, costituendo l'aspetto cultuale della nuova civiltà che stava emergendo e di cui noi siamo gli eredi, allo stesso modo i popoli del terzo e quarto mondo potranno col tempo, la cautela e la pazienza innestare sul tronchetto romano (e perciò universale) le loro buone tradizioni cosi da creare l'aspetto cultuale cristiano della propria civiltà.
E indubbio che ciò sarebbe stato più difficile (se non impossibile) con la nostra messa carolingia, anche perché né i celti né i germani sono essenziali alla civiltà cristiana genericamente intesa, ma i siriaci, i copti, i greci ed i romani sì, perché costituiscono il punto di innesto dell'olivo selvatico sul tronco domestico di Israele, fino a che l'olivastro sarà tagliato e l'olivo domestico reinnestato sull'antico tronco, come profetizza l'Apostolo delle Genti nella sua lettera ai Romani". (Neri Capponi op.cit.pagine 3-8)
(Museo Diocesano di Recanati, Basilica Cattedrale Recanati , part. Natività di Nostro Signore, miniatura medioevale )
Andrea Carradori