Aleppo città
martire, di Nabil Antaki (medico,
direttore di un ospedale aleppino, membro laico dei Maristi blu)
Aleppo, 30
settembre 2016.
"I cristiani di
Aleppo hanno vissuto da sempre nei quartieri del centro città e della zona
occidentale.
Attualmente ne restano circa quarantamila, e i
bombardamenti degli ultimi giorni li hanno colpiti deliberatamente"
Nonostante la guerra
fosse iniziata in Siria nel marzo del 2011, essa effettivamente si propagò in
Aleppo nel luglio 2012, quando i «ribelli» armati occuparono alcuni quartieri
della zona est, provocando lo sfollamento di cinquecentomila abitanti che non volevano
vivere sotto il controllo degli islamisti.
Da quel momento, la città è divisa
in due parti: la zona est, con il 25% della superficie totale, dove vivono oggi
duecentomila abitanti, mentre il resto ha cercato rifugio nella zona
occidentale, sotto la protezione dello Stato siriano, che comprende il 75% del
territorio complessivo ed è abitata da un milione e mezzo di abitanti.
Dal 2012, i ribelli
islamisti lanciano quotidianamente proiettili di mortaio e bombole di gas,
riempite di chiodi ed esplosivo, sui quartieri ovest di Aleppo, causando morti
e feriti gravi.
Due anni fa, hanno anche interrotto l’approvvigionamento idrico
(le autorità cittadine hanno fatto scavare trecento pozzi in pieno centro per
sostituire l’acqua corrente.) e l’alimentazione elettrica, e più volte hanno
imposto blocchi per impedire il rifornimento di derrate alimentari, oli
combustibili e altri generi di prima necessità, con conseguenze gravissime.
L’Esercito siriano, con
l’appoggio dei suoi alleati, lotta da quattro anni per liberare Aleppo est dai
ribelli armati e restituirla all’amministrazione dello Stato, ma senza esito
positivo.
Da una parte e dall’altra, bombardamenti e cecchini hanno causato
migliaia di vittime e, da quattro anni, la vita in città è un inferno.
Un mese fa, i ribelli
armati hanno preso il controllo dell’unica strada che collega Aleppo ovest al
resto del mondo, impedendo, come molte volte negli anni scorsi, agli abitanti
di lasciare la città o di rientrarvi e causando gravi penurie.
Dopo tre
settimane di combattimenti, le truppe governative sono riuscite a
riconquistarla ed hanno messo sotto assedio i quartieri est.
Da due settimane,
i ribelli sono quindi bloccati insieme agli abitanti che hanno scelto di non
allontanarsi.
Lo Stato siriano è ormai
fermamente deciso a liberare una volta per tutte Aleppo dalle grinfie dei
terroristi di al-Nusra, che occupano i quartieri est (al-Nusra è considerato
unanimemente dalla comunità internazionale un gruppo terroristico al pari di
Daesh).
Dato che l’Esercito
siriano è riuscito ad assediare la parte ribelle di Aleppo, impiega
bombardamenti aerei e combattimenti terrestri per raggiungere il suo obiettivo,
ma prima di iniziare l’attacco ha lanciato volantini ed inviato messaggi SMS,
chiedendo alla popolazione civile rimasta – la maggioranza ha abbandonato
Aleppo est nel corso degli anni – di allontanarsi e rifugiarsi nella zona
ovest.
Ha aperto sette posti di passaggio e molti ne hanno approfittato
rischiando la vita, poiché i gruppi armati li ostacolavano, per utilizzarli
come scudi umani. Questi atti di guerra fanno naturalmente numerose vittime tra
i terroristi, ma anche tra la popolazione civile.
D’altra parte, i
terroristi di Aleppo est hanno intensificato i bombardamenti dei quartieri
residenziali di Aleppo ovest, con decine di vittime quotidiane.
Mercoledì 28
settembre, un diluvio di bombe e bombole è precipitato sul quartiere cristiano
di Azizie, causando dieci morti e un numero doppio di feriti. Venerdì 30
settembre, tutti i quartieri di Aleppo sono stati sotto tiro dei ribelli con un
bilancio gravissimo: trentasei morti e numerosi feriti gravi.
I media occidentali
mostrano, però, soltanto immagini con le distruzioni, la sofferenza degli
abitanti di Aleppo est e l’indignazione della comunità internazionale.
Nessuna
notizia, invece, sulla sofferenza degli abitanti di Aleppo ovest, sui morti e
feriti causati dai bombardamenti dei ribelli.
I cristiani di Aleppo
hanno vissuto da sempre nei quartieri del centro città e della zona
occidentale.
In quattro anni di guerra, tre quarti di loro hanno preso il
cammino dell’esodo.
Attualmente ne restano circa quarantamila, e i
bombardamenti degli ultimi giorni li hanno colpiti deliberatamente.
La stragrande
maggioranza dei cittadini di Aleppo ovest plaude vivamente all’offensiva
dell’Esercito siriano. Durante quattro anni, hanno troppo sofferto per i tagli
dell’acqua e dell’elettricità, per i numerosi blocchi e per i proiettili di
mortaio che, ogni giorno, hanno falcidiato le loro donne, i loro mariti, i loro
figli i loro amici ed hanno spinto all’esodo metà della popolazione. Essi
pensano che è dovere dello Stato proteggere la popolazione e liberare le città.
Noi ripudiamo le inumane
azioni di guerra, noi denunciamo i crimini di guerra, siamo atterriti per tutte
le sofferenze patite, ma siamo anche indignati per la lettura parziale e
distorta che i media fanno della guerra di Aleppo.
Tutti i Siriani, e
particolarmente gli Aleppini, aspirano alla pace. Hanno nostalgia del loro bel
Paese stabile, sicuro, prospero e laico dell’anteguerra.
Nessuno desidera
vivere sotto un regime islamista, e tutti vogliono che questa guerra – che ha
generato trecentomila vittime, il doppio di feriti e mutilati, otto milioni di
sfollati, tre milioni di rifugiati su una popolazione di ventitré milioni
[quasi nove milioni di Siriani si sono riparati nelle zone controllate dal
governo, n.d.r] – cessi mediante un processo politico e negoziato.
P.S. Dal 30 settembre,
il bilancio delle vittime di Aleppo ovest non cessa di aggravarsi e piangiamo
ogni giorno numerose vittime.
Nabil Antaki
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