giovedì 13 ottobre 2016

Vicenza: don Luigi Moncalero FSSPX "la religione ha a che fare innanzitutto con Dio, essendo quel legame che riannoda l'uomo a Dio, a quel Dio da cui sente e sa di dipendere, e al quale tributa atti di culto sia individuali che collettivi"

Avevamo letto su Vicenzapiù un articolo che ci aveva lasciato perplessi a cominciare dal titolo "Nelle religioni non cambiano i contenuti fondamentali: in quella cattolica c'è però l'arroccamento dei lefebrviani. Che a Vicenza non ci sono ma... anche sì".
La doverosa risposta della Fraternità Sacerdotale San Pio X, che più volte ha ricevuto gesti di concreto affetto e stima da parte del regnante Pontefice Papa Francesco, tirata in ballo dall'articolo, non si è fatta attendere e va dato atto alla Redazione di Vicenzapiù di averla pubblicata per intero.
Per i pazienti lettori consiglio di leggere l'articolo di Italo Francesco Baldo ( QUI ) e poi le precisazioni che don Luigi Moncalero FSSPX sotto riportate per intero.
Buona lettura.

Lefebvriani, don Luigi Moncalero: tre punti mi hanno lasciato sconcertato


Riceviamo da don Luigi Moncalero, FSSPX Priorato San Marco Lanzago di Silea, e pubblichiamo:

"In riferimento all'articolo di Italo Francesco Baldo del 7 ottobre u.s., visto che siamo tirati in ballo in quanto “lefebvriani” (nella foto mons. Lefebvre), mi sia consentita qualche annotazione.

A cominciare dal termine lefebvriano che, se pur comodo da usarsi, si presta ad una ambiguità di fondo. 
Se lo si usa nel senso in cui i domenicani sono detti tali in riferimento al loro fondatore san Domenico, lo accetto volentieri: la Fraternità San Pio X è stata fondata dall'Arcivescovo mons. Marcel Lefebvre (1905-1991) e i suoi membri possono definirsi lefebvriani.

Se invece, come il più delle volte accade, lo si intende nel senso che mons. Lefebvre abbia avuto una sua dottrina, un suo credo distinto da quello cattolico professato per duemila anni, allora no, non accetto di essere definito lefebvriano in quanto non sono seguace di un uomo, ma suddito fedele della Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana, di cui mons. Lefebvre è stato un degno Arcivescovo.
Basti pensare che, sotto Pio XII, era Delegato apostolico per tutta l'Africa francofona.

Fatta questa premessa, mi permetto di sottolineare semplicemente tre punti che mi hanno lasciato sconcertato leggendo l'articolo di Francesco Italo Baldo.

1- Se per il sig. Baldo «il principale interesse della religione è rivolto all'uomo» (a cui fa da pendant, verso la fine dell'articolo, la citazione dell'umanista Erasmo da Rotterdam «il vero spirito di vita umana è un messaggio di pace»), non si capisce perché continui ad andare alla Messa domenicale: gli basterebbe iscriversi – se non già fatto – alla locale sezione del “Rotary club” o similia.
E tutte le disquisizioni che seguono sulle religioni, i cambiamenti del Concilio, il problema degli integralismi di ogni tipo, ecc., potrebbero tranquillamente esserci risparmiate.
Per quanto mi riguarda, ho sempre saputo che la religione ha a che fare innanzitutto con Dio, essendo quel legame che riannoda l'uomo a Dio, a quel Dio da cui sente e sa di dipendere, e al quale tributa atti di culto sia individuali che collettivi.

2- Quando si parla di liturgia bisognerebbe farlo con conoscenza di causa, se no è meglio tacere.
La Fraternità Sacerdotale San Pio X celebra con il Missale romanum ex decreto Sacrosancti Concilii tridentini restitutum, riformato da Giovanni XXIII in virtù del m.p. Rubricarum instructum del 1960: sfido chiunque a dire il contrario. 

Pertanto le affermazioni del sig. Baldo «[i lefebvriani]...non accettano il Missale romanum riformato da Giovanni XXIII», così come l'allusione a «...modi di celebrare la Messa e la liturgia tipici dei lefebvriani che seguono messali precedenti e cerimoniali non previsti dalle rubriche del Messale del 1962», sono del tutto gratuite ed irrispettose e quindi le rispediamo al mittente.

3- Riguardo al cambiamento nella Chiesa Cattolica, nella dottrina e nella prassi, dovuta al Concilio Vaticano II, cambiamento che fu di vera rivoluzione e rottura, come «addirittura teologi e presbiteri pure vicentini affermano», la questione è talmente evidente che oggi la sostengono tutti; quello che cambia è solo il giudizio di merito della cosa.

Per i “progressisti” la rottura era necessaria al fine di togliere la Chiesa dal “binario morto” che l’aveva vista via, via, arroccarsi su posizioni anti-liberali, dogmatiche, veritative, nello scontro con i nuovi Stati nazionali, massonici e liberali, e nella lotta contro il modernismo.

Per i “tradizionalisti” la rottura è causa delle derive teologiche, degli abusi liturgici, della immoralità, del crollo delle vocazioni e della scomparsa di interi istituti religiosi.
Ci si trova di fronte al dramma attuale e risuonano le parole di Nostro Signore: «Dai loro frutti li riconoscerete» (Mt 7, 16ss); quanto ai frutti cattivi in specie rimandiamo all’ampia letteratura divulgativa a riguardo (Gnocchi-Palmaro: Il pianeta delle scimmie; Contro il logorio del laicismo moderno; Io speriamo che resto cattolico, Piemme editore).


Gli stessi pontefici “conciliari” e “post-conciliari” riconobbero non solo i frutti cattivi ma anche, pur senza ammetterne la causa, la “variazione”, la rottura: Paolo VI stesso dirà: «La Chiesa attraversa, oggi, un momento di inquietudine.
Taluni si esercitano nell’autocritica, si direbbe perfino nell’autodemolizione. È come un rivolgimento interiore acuto e complesso, che nessuno si sarebbe atteso dopo il Concilio.
Si pensava a una fioritura, a un’espansione serena dei concetti maturati nella grande assise conciliare» (discorso del 7 dicembre 1968); ancora: «Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. È venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio, di ricerca, di incertezza» (omelia del 29 giugno 1972).

Lo stesso Giovanni Paolo II affermerà: «La cultura europea dà l'impressione di una “apostasia silenziosa” da parte dell'uomo sazio che vive come se Dio non esistesse» (Ecclesia in Europa, n. 9).


Ma senza andare troppo lontano nel tempo e nello spazio, chiediamoci come mai in Veneto, un tempo detta la sacrestia d'Italia per l'alto numero di vocazioni sacerdotali e religiose che forniva annualmente alla Chiesa, vi è una crisi così profonda di vocazioni a partire proprio dal Concilio Vaticano II? 

Nel seminario della diocesi di Treviso quest'anno non ci sono nuove entrate a rimpinguare il magro bottino di 15 seminaristi ripartiti su sei anni; la diocesi di Padova (seconda per grandezza in Italia) non va molto meglio e non ho dati per Vicenza, ma «...se Atene piange, Sparta non ride».
E c'è di che piangere per davvero, perché fra qualche anno la “messa” la diranno i laici. 

Con le conseguenze previste da un santo: «Togliete il prete da un paese per vent'anni e la gente finirà per adorare le bestie», ha detto san Giovanni Maria Vianney, curato d’Ars.


Numerosi sono anche gli studi sui cambiamenti dottrinali avvenuti e sulle dinamiche del Concilio stesso: sul Concilio, dal punto di vista storico, è illuminante il saggio di R. De Mattei, Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta, ed. Lindau; circa le “variazioni” citiamo R. Amerio, Iota Unum. Studio delle variazioni della Chiesa Cattolica nel secolo XX, ed. Lindau; sulle variazioni che diventano errori: P. Pasqualucci, Unam Sanctam, ed. Solfanelli, o il più breve e divulgativo: Sinossi degli errori imputati al Concilio Vaticano II, ed Ichtys.


Qualora invece il riferimento del Nostro fosse alla tesi della «ermeneutica della riforma, del rinnovamento nella continuità dell'unico soggetto-Chiesa», come ebbe a dire Benedetto XVI nel discorso del dicembre 2005 alla Curia romana, essa rimane quella che è, una pia illusione.
Anche qui non mancano gli studi approfonditi.
D'altra parte non si spiegherebbero altrimenti le recenti “Ultime conversazioni” e relativi scrupoli, del Cardinal Ratzinger (v. p. es. clicca qui).


Infine, solo per la cronaca, la Fraternità Sacerdotale San Pio X, fondata dal Mons. Marcel Lefebvre – che aveva la vista lunga – nel 1970, ha per scopo la formazione dei sacerdoti, cosa che avviene nei suoi 6 seminari sparsi nel mondo (Flavigny-Francia; Ecône-Svizzera; Zaitzkofen-Germania; Buenos Aires-Argentina; Buckingham-USA; Goulburn-Australia); inoltre vi è in Italia un pre-seminario ad Albano Laziale. 
A questo link clicca qui si può visionare un film-documentario sulla formazione sacerdotale nei seminari della Fraternità".

Fonte : Vicenzapiù


Alleghiamo una tabella comparativa delle vocazioni sacerdotali e religiose dal 1965 al 2015: immagine parlante dello sfascio e della distruzione in nome dell' adeguamento al mondo !

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