Lepanto: San Pio V
salva
la Cristianità
Domani è l’anniversario
della battaglia di Lepanto (7 ottobre 1571): ricordiamo questa pagina gloriosa
della Cristianità con una scheda sulla battaglia.
I Turchi avevano vinto:
- nel 1389 nel Kossovo
contro i serbi;
- nel 1396 a Nicopoli
contro i crociati guidati dal re d'Ungheria;
- nel 1414 a Negroponte
contro i veneziani;
- nel 1417 a Valona;
- nel 1418 a Girocastro;
- nel 1430 a Salonicco
contro i veneziani;
- nel 1453 a
Costantinopoli mettendo fine all'Impero Bizantino;
- nel 1462 a Lesbo
contro i genovesi;
- nel 1463 contro i
greci dell'Impero di Trebisonda;
- nel 1463 contro i
bosniaci a Jace;
- nel 1480 a Otranto
contro gli italiani;
- nel 1521 a Belgrado contro
gli ungheresi;
- nel 1522 a Rodi contro
i Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme;
- nel 1527 a Mohacs
contro gli ungheresi;
- nel 1571 a Cipro
contro i veneziani.
Nel 1529 avevano
assediato gli austriaci a Vienna.
Nella seconda metà del
secolo XVI i Turchi dominavano la Grecia, l'Albania, la Serbia, la Bosnia,
l'Ungheria, la Transilvania, la Moldavia e la Valacchia.
La vittoria della Lega
Santa a Lepanto fu un evento d'importanza simile alla battaglia di Poitiers.
Nel 732 vennero fermati gli Arabi, nel 1571 vennero fermati i Turchi. Ancora
una volta la spada dell'Islam era stata spezzata dall'Occidente (cristiano,
ndr).
La Lega Santa
Il 20 maggio 1571 venne
firmata la Lega Santa contro i Turchi. Vi aderirono il regno di Spagna, la
repubblica di Venezia, lo Stato Pontificio, le repubbliche di Genova e di
Lucca, i Cavalieri di Malta, i Farnese di Parma, i Gonzaga di Mantova, gli
Estensi di Ferrara, i Della Rovere di Urbino, il duca di Savoia, il granduca di
Toscana.
Le spese erano divise in
sei parti: tre erano a carico della Spagna, due di Venezia e una del papa.
La Lega era stata
fermamente voluta da Pio V, Michele Ghislieri, nato ad Alessandria nel 1504,
povero pastore di pecore, frate domenicano, inquisitore. Divenuto papa nel 1566
riformò rigorosamente la Curia e la città di Roma. Combatté l'eresia
protestante in tutta Europa.
La flotta cristiana
Il comando militare
della flotta venne affidato a Giovanni d'Austria, figlio naturale di Carlo V e
fratellastro del re di Spagna Filippo II.
Suoi luogotenenti
furono:
- Marcantonio Colonna,
comandante della flotta pontificia.
- Sebastiano Venier,
comandante della flotta veneziana.
I preparativi si
protrassero a lungo e la flotta si poté riunire a Messina solo il 24 agosto.
La flotta era costituita
da:
- 104 galee sottili
sotto il comando della Repubblica di Venezia; 54 erano con equipaggi
provenienti da Venezia, 30 da Creta, 7 dalle Isole Ionie, 8 dalla Dalmazia, 5
da città di terraferma.
- 6 galeazze sotto il
comando della Repubblica di Venezia. Le galeazze erano munite di 40 o più
cannoni, in grado di sparare palle da 13 chilogrammi in coperta e da 23
chilogrammi da sottocoperta. Si trattava di vere e proprie fortezze
galleggianti.
- 36 galee sotto il
comando del re di Spagna con equipaggi di Napoli e Sicilia.
- 22 galee sotto il
comando del re di Spagna con equipaggi di Genova; si trattava di navi prese a
nolo dal finanziere Gian Andrea Doria.
- 12 galee mandate da
Cosimo I dei Medici, armate ed equipaggiate dai Cavalieri dell'ordine pisano di
Santo Stefano
- 12 galee dello Stato
Pontificio, concesse dai veneziani ed armate ed equipaggiate a spese del papa.
- 3 galee del duca di
Savoia (la Piemontese, la Margarita e la Duchessa).
- 3 galee dei Cavalieri
di Malta.
In totale 195 tra galee
e galeazze.
Gli equipaggi erano
scarsi e costituiti essenzialmente da cristiani volontari e forzati. La penuria
costrinse a mettere solo 3 uomini per remo.
La truppa era costituita
da:
- 20.000 soldati a spese
della Spagna;
- 5.000 militari al
soldo di Venezia;
- 2.000 soldati pagati
dallo Stato Pontificio;
- 3.000 volontari
provenienti da tutta la Cristianità.
Complessivamente circa
30.000 uomini.
Sulle galee e sulle
galeazze vennero imbarcati 1815 cannoni.
Le galee veneziane erano
in buono stato, ma con pochi soldati. Don Giovanni d'Austria vi fece imbarcare
4.000 soldati italiani e spagnoli.
La flotta cristiana
salpò il 16 settembre dirigendosi verso Corfù. Le navi esploratrici
confermarono che la flotta turca era nei pressi del golfo di Lepanto.
La flotta turca minaccia
l'Italia
I Turchi fin da febbraio
avevano allestito una flotta di 250 galee e 100 navi da rifornimento e
supporto.
I costruttori delle
galee erano abili carpentieri rinnegati, che il Sultano ricompensava molto
bene. Molti dei capitani delle navi erano anch'essi greci o veneziani
rinnegati. Gli equipaggi non avevano grande esperienza. I rematori erano
cristiani catturati e ridotti in schiavitù.
Il comandante della
flotta era Mehemet Alì Pascià.
Parte della flotta andò
a sostenere l'assedio di Famagosta a Cipro.
Un'altra parte della
flotta si diresse verso Creta. 3.000 contadini cretesi furono uccisi. Ma
l'ammiraglio veneziano Marcantonio Querini riuscì a respingere l'attacco e i
Turchi si dovettero allontanare.
Veleggiarono verso Zante
(odierna Zakynthos) e Cefalonia (odierna Kefallenia), dove catturarono 7.000
cristiani e li misero a remare sulle loro galee.
Poi le galee turche si diressero
verso l'Adriatico.
I Turchi si
impadronirono di Durazzo (odierna Durres), Valona (odierna Vlore), Dulcigno
(odierna Ulcinj), Antivari (odierna Bar), Lesina (odierna isola di Hvar),
attaccarono Curzola (odierna isola di Korcula).
Intanto le 80 galee del
corsaro Uluj Alì attaccarono Zara e altre città della Dalmazia. Uluj Alì,
chiamato anche Occhiali, era un pescatore calabrese rinnegato, divenuto dey di
Algeri.
Kara Hodja, un altro
corsaro devastò il golfo di Venezia. Il rombo del cannone si udiva da piazza S.
Marco.
Anche Corfù, ad
eccezione del castello, venne conquistata dai musulmani.
A giugno il sultano
Selim II, detto "L'ubriacone", ordinò che la flotta si fermasse a
Lepanto (odierna Naupaktos; bizantina Epachthos) in una piccola baia tra il
golfo di Corinto e quello di Patrasso. Arrivarono i rinforzi da Negroponte
(odierna isola Eubea): 2.000 spahis e 10.000 giannizzeri.
La flotta divenne una
minaccia permanente. Da Lepanto la flotta turca avrebbe potuto attaccare la
costa italiana in qualsiasi momento.
Prima della battaglia
Il 5 ottobre la flotta
cristiana si fermò nel porto di Viscando, non lontano dal luogo della battaglia
di Azio. C'era nebbia e un forte vento. Le galee non potevano prendere il mare.
Un brigantino portò la
notizia della caduta di Famagosta (in turco Famagusta; in greco Ammocosthos) e
dell'orribile fine inflitta dai musulmani a Marcantonio Bragadin, il senatore
veneziano comandante la fortezza.
Il 1° agosto i veneziani
si erano arresi con l'assicurazione di poter lasciare l'isola di Cipro. Mustafà
Lala Pascià, il comandante turco che aveva perso più di 52.000 uomini
nell'assedio, non mantenne la parola. I soldati veneziani furono imprigionati e
incatenati ai banchi delle galee turche.
Venerdì 17 agosto
Bragadin venne scorticato vivo di fronte ad una folla di musulmani esultanti.
La pelle di Bragadin venne riempita di paglia. Il manichino fu innalzato sulla
galea di Mustafà Lala Pascià insieme alle teste di Alvise Martinengo e
Gianantonio Querini. I macrabri trofei furono poi inviati a Costantinopoli,
esposti nelle strade della capitale ottomana ed infine portati nella prigione
degli schiavi.
Il comportamento dei
musulmani accrebbe la voglia di combattere dei cristiani.
I soldati della Lega
Santa sapevano che la battaglia era decisiva per la Cristianità. In caso di
sconfitta le coste di Italia e Spagna sarebbero rimaste esposte agli attacchi
dei musulmani. L'Islam era pronto a colpire il cuore dell'Occidente. Roma era
in pericolo.
Lo schieramento della
flotta cristiana
Domenica 7 ottobre
Giovanni d'Austria fece schierare le proprie navi in formazione serrata. Non
più di 150 metri separavano le galee.
Venne costituita una
formazione a croce.
Al centro si pose
Giovanni d'Austria con 64 galee. La sua nave ammiraglia era la Real. A fianco
si pose l'ammiraglia del comandante veneziano Sebastiano Venier, una cui nipote
era stata ridotta in schiavitù nell'harem di Costantinopoli. Sull'ammiraglia
pontificia era Marcantonio Colonna. Sull'ammiraglia di Savoia il conte Provana
di Leynì. Sull'ammiraglia di Genova Ettore Spinola. Due galeazze furono poste
davanti al centro della flotta.
L'ala sinistra venne
affidata principalmente ai veneziani sotto il comando di Agostino Barbarigo. Al
lato più estremo, più esposto ai tentativi di aggiramento, si pose Marcantonio
Querini. Davanti alle galee veneziane furono inviate due galeazze al comando di
Antonio e Ambrogio Bragadin, parenti del senatore scorticato vivo.
All'ala destra si
schierarono galee e combattenti di diverse nazionalità, sotto il comando del
genovese Gian Andrea Doria. Erano presenti anche molti volontari tra cui
l'italiano Alessandro Farnese, il francese Crillon, l'inglese Sir Thomas
Stukeley, l'esiliato Giacomo IV, duca di Naxos. Due galeazze veneziane furono
poste davanti al settore sinistro.
La retroguardia venne
posta sotto il comando di Santa Cruz con tre galee dei Cavalieri di Malta.
Lo schieramento dei
Turchi
I Turchi si disposero a
mezzaluna.
Vennero schierate 274
navi da guerra, di cui 215 galee.
I musulmani avevano 750
cannoni.
Il centro turco, al
comando diretto di Mehmet Alì Pascià, era costituito da 96 galee. Di fronte ai
veneziani era Muhammad Saulak, detto anche Maometto Scirocco, governatore
dell'Egitto, con 56 galee.
Uluj Alì, il rinnegato
Occhiali, con 63 galee e galeotte, era di fronte a Gian Andrea Doria, che a
Tripoli era dovuto fuggire di fronte al corsaro.
Una forte riserva,
comandata da Amurat Dragut, era dietro la linea delle galee turche.
Mehmet Alì Pascià era a
bordo della Sultana, su cui sventolava il vessillo verde su cui era stato
scritto 28.900 volte a caratteri d'oro il nome di Allah.
La battaglia
La flotta cristiana
bloccò l'ingresso del golfo di Lepanto. I musulmani, obbedendo all'ordine
impartito dal sultano Selim II, accettarono la battaglia.
Con un rumore assordante
iniziarono l'avvicinamento suonando timpani, tamburi, flauti. Il vento era a loro
favore.
La flotta cristiana era
nel più assoluto silenzio.
Quando le flotte
giunsero a tiro di cannone i cristiani ammainarono tutte le loro bandiere e
Giovanni innalzò lo stendardo con l'immagine del Redentore crocifisso. Una
croce venne levata su ogni galea e i combattenti ricevettero l'assoluzione
secondo l'indulgenza concessa da Pio V per la crociata.
Il vento improvvisamente
cambiò direzione. Le vele dei Turchi si afflosciarono e quelle dei cristiani si
gonfiarono.
Giovanni d'Austria puntò
diritto contro la Sultana. Il reggimento di Sardegna diede l'arrembaggio alla
nave turca che divenne il campo di battaglia. I musulmani a poppa e i cristiani
a prua. Al terzo assalto i sardi arrivarono a poppa. Giovanni venne ferito ad
una gamba. Mehmet Alì Pascià venne ucciso da un colpo di archibugio.La Sultana
si arrese. Alle due del pomeriggio Giovanni poté riprendere il controllo della
flotta.
Muhammad Saulak era
riuscito ad aggirare il fianco sinistro. Agostino Barbarigo fu attaccato da
otto galee turche contemporaneamente. Barbarigo, ferito ad un occhio da una
freccia, dovette cedere il comando a Federico Nani. Sei galee veneziane furono
affondate. Muhammad Saulak stava per prevalere. Ma improvvisamente i rematori
cristiani si sollevarono dai banchi di schiavitù e con le catene si gettarono
sulle scimitarre dei loro aguzzini. I veneziani ripresero il sopravvento.
Muhammad Saulak venne ucciso.
All'ala destra Uluj Alì
e Gian Andrea Doria manovravano per trovarsi in posizione di vantaggio.
Alessandro Farnese con i suoi 200 uomini conquistò una galea turca. Diego di
Urbino, comandante della Marquesa, ordinò a Miguel Cervantes di aggirare una
galea con una scialuppa. Cervantes fu ferito due volte, al petto e alla mano.
Sia il Doria che Uluj
Alì, prima della battaglia, avevano tentato di dissuadere i loro comandanti dal
dare battaglia. Nessuno dei due voleva mettere a rischio le proprie navi. Uluj
Alì manovrò per aggirare l'ala destra dello schieramento. Doria spostò le sue
galee verso destra per fermare i Turchi, lasciando aperto un varco tra il
centro e l'ala destra. Giovanni ordinò al Doria di ricompattare lo
schieramento, ma Uluj Alì fu veloce a infilarsi nel varco improvvisamente
apertosi con le sue galee corsare.
Uluj Alì, con il vento
in poppa, aggredì da dietro la Capitana, la nave ammiraglia dei Cavalieri di
Malta, al cui comando era Pietro Giustiniani, priore dell'Ordine. La Capitana
venne circondata da sette galee. Uluj Alì catturò il vessillo dei Cavalieri di
Malta, fece prigioniero Giustiniani, che era stato ferito sette volte, e prese
a rimorchio la Capitana.
L'ammiraglio Santa Cruz
intervenne con la retroguardia. Il capitano Ojeda, al comando della galea
Guzmana, raggiunse la Capitana, l'abbordò e la riconquistò. Uluj Alì fu
costretto ad abbandonare la preda. Con una quindicina di galee e di galeotte
fuggì, si nascose nelle isole dei dintorni, si impadronì di una lenta galea
veneziana, la Bua, e si diresse verso Costantinopoli.
Alle 4 del pomeriggio i
Turchi erano stati completamente sconfitti. I pochi superstiti si ritirarono
verso l'interno del golfo.
Le perdite dei Turchi
80 galee turche furono
affondate. 117 furono catturate. 27 galeotte furono affondate e 13 catturate.
I Turchi persero 30.000
uomini tra morti e feriti. Altri 8.000 furono fatti prigionieri.
Vennero liberati 15.000
cristiani che erano stati ridotti in schiavitù e incatenati ai banchi delle
galee.
Le perdite della Lega
Santa
I cristiani persero 15
galee, ebbero 7.650 morti e 7.780 feriti.
S. Maria delle Vittorie
sull'Islam
Pio V stabilì che il 7
ottobre fosse un giorno festivo consacrato a S. Maria delle Vittorie
sull'Islam.
Gregorio XIII trasferì
la festa alla prima domenica del mese di ottobre con il nome di Madonna del
Rosario.
Pio V venne proclamato
santo da Clemente XI il 22 maggio del 1712.