Il Vaticano domanda ai vescovi legittimi di farsi da parte per lasciare spazio a quelli illegittimi
Lo scorso dicembre
mons. Pietro Zhuang Jianjian di Shantou (Guangdong) è stato obbligato ad
andare a Pechino dove “un prelato straniero” del Vaticano gli ha
chiesto di lasciare la cattedra al vescovo illecito Giuseppe Huang
Bingzhang.
La stessa richiesta gli è stata fatta lo scorso ottobre.
Mons. Giuseppe Guo Xijin, vescovo ordinario di Mindong dovrebbe
diventare l’ausiliare o il coadiutore del vescovo illecito Vincenzo Zhan
Silu. Sinicizzare la Chiesa cinese: sostenere il principio
dell’indipendenza e seguire la leadership del Partito comunista.
Guangzhou (AsiaNews) – La Santa Sede ha chiesto a mons. Pietro Zhuang
Jianjian di Shantou (Guangdong) di ritirarsi per lasciare il posto a un
vescovo scomunicato.
A un altro vescovo, riconosciuto dal Vaticano, ma
non dal governo, è stato chiesto di farsi da parte e diventare ausiliare
o coadiutore di un altro vescovo illecito.
Per la seconda volta in tre mesi, la Santa Sede ha domandato le
dimissioni di mons. Zhuang.
Una lettera con data 26 ottobre domandava all’88enne mons. Zhuang di
dare le dimissioni e lasciare la cattedra al vescovo scomunicato, che la
Santa Sede è in procinto di riconoscere. Una fonte ecclesiale nel
Guangdong, che ha chiesto l’anonimato, riferisce ad AsiaNews: “Quella
volta mons. Zhuang ha rifiutato di obbedire e ha piuttosto accettato di
‘portare la croce’ per aver disobbedito”.
La fonte ecclesiale racconta un ulteriore incidente: il 18-22
dicembre scorsi, mons. Zhuang è stato prelevato dalla sua diocesi nel
sud e portato sotto scorta a Pechino per incontrare alcuni alti
rappresentanti del governo centrale e una delegazione del Vaticano.
Rappresentanti del governo avevano messo sotto controllo mons. Zhuang
fin all’11 dicembre.
Pur sapendo che il vescovo è vecchio e non in
buona salute, e che il clima di Pechino era freddissimo, essi si sono
rifiutati di acconsentire alla sua domanda di non andare nel nord,
garantendogli la presenza di un dottore.
La fonte precisa che con mons.
Zhuang hanno viaggiato sette rappresentanti governativi, ma a nessun
sacerdote è stato dato il permesso di aggiungersi.
L’anziano vescovo è stato ospite all’hotel Huguosi.
Il 19 dicembre è
stato condotto a visitare alcuni monumenti; il giorno dopo è stato
portato a visitare le sedi dell’Associazione patriottica e del Consiglio
dei vescovi cinesi, dove si è incontrato con i vescovi Ma Yinglin, Shen
Bin e Guo Jincai, rispettivamente presidente, vice-presidente e
segretario generale del Consiglio dei vescovi. L’Associazione
patriottica e il Consiglio dei vescovi non sono riconosciuti dalla Santa
Sede; inoltre, i vescovi Ma e Guo sono entrambi illeciti e non ancora
riconciliati con il Vaticano.
Il 21 dicembre, mons. Zhuang è stato portato all’hotel statale
Diaoyutai.
Lì è stato accolto da tre rappresentanti dell’Amministrazione
statale per gli affari religiosi; quindi, il p. Huang Baoguo, un
sacerdote cinese che in passato ha lavorato alla Congregazione per
l’evangelizzazione dei popoli, lo ha condotto a incontrare – come dice
la fonte di AsiaNews – “un vescovo straniero e tre sacerdoti stranieri
del Vaticano”.
Da quando Cina e Santa Sede hanno ripreso i dialoghi ufficiali nel
2014, mons. Claudio Maria Celli, è stato messo fra i responsabili dei
negoziati. Egli, pur essendo in pensione, ha lavorato in passato nella
Segreteria di Stato, ed è molto pratico del dossier Cina-Vaticano, e per
questo è stato in Cina diverse volte.
La fonte pensa che il prelato
presente all’incontro fosse mons. Celli.
La fonte di AsiaNews afferma che “il vescovo straniero” ha spiegato a
mons. Zhuang lo scopo del loro viaggio in Cina, che era fare qualcosa
per raggiungere un accordo con il governo cinese, e quindi far sì che
mons. Huang, il vescovo illegittimo, diventasse il vescovo ordinario
della diocesi.
La fonte continua spiegando che la delegazione vaticana ha chiesto a
mons. Zhuang di ritirarsi, confermando quanto scritto sulla lettera
datata 26 ottobre, aggiungendo a consolazione del vecchio vescovo, la
possibilità che egli possa suggerire a mons. Huang tre nomi di sacerdoti
da cui quest’ultimo avrebbe scelto il vicario generale.
“Mons. Zhuang, nel sentire ancora la richiesta è scoppiato a
piangere”, afferma la fonte e aggiunge che “sarebbe inutile nominare
come vicario generale un sacerdote che mons. Huang potrebbe rimuovere a
suo piacimento”.
Alcuni vescovi del sud della Cina si sono opposti all’idea di
riconoscere così in fretta mons. Huang, scomunicato ufficialmente dalla
Santa Sede nel 2011, quando egli ha accettato l’ordinazione episcopale
senza mandato del papa. Uno dei vescovi, che ha chiesto l’anonimato, ha
detto ad AsiaNews che il Vaticano ha chiesto a loro un’opinione su mons.
Huang.
“Non so – ha aggiunto - la conclusione di tutto ciò, ma questa
che appare è una brutta soluzione”.
Sulla situazione di Shantou, AsiaNews ha chiesto conferma anche
presso il Vaticano.
Un rappresentante familiare con il dossier Cina ha
detto che la lettera ricevuta da mons. Zhuang era solo una richiesta di
opinione sul vescovo illecito mons. Huang; un'altra personalità ha
taciuto. Il card. Joseph Zen, vescovo emerito di Hong Kong ha confermato
le notizie raccolte da AsiaNews.
L’affare di Mindong
Mentre mons. Zhuang veniva interrogato nel freddo di Pechino, la
delegazione vaticana si è spostata verso il sud, nella provincia del
Fujian per incontrarsi con mons. Vincenzo Zhan Silu, uno dei sette vescovi illeciti che aspettano il riconoscimento del Vaticano.
Fonti locali affermano che al vescovo ordinario di Mindong, mons.
Giuseppe Guo Xijin, della Chiesa sotterranea, è stato chiesto di ridursi
ad essere il vescovo ausiliare di mons. Zhan.
Una voce dice che egli
potrebbe diventare il suo vescovo coadiutore.
Secondo una delle fonti di AsiaNews, durante questa prigionia i
rappresentanti del governo hanno presentato a mons. Guo un documento da
firmare in cui lui accetta “volontariamente” di essere retrocesso a
vescovo coadiutore.
La firma era la condizione per ottenere per lui il
riconoscimento del governo.
Mons. Zhan non ha voluto né confermare l’incontro, né ha rivelato
dettagli riguardo a come va avanti il processo per il suo riconoscimento
da parte della Santa Sede.
Ad AsiaNews egli ha solo detto che
rappresentanti vaticani e cinesi hanno incontri regolari sui negoziati.
Un sacerdote della comunità sotterranea di Mindong ha detto che egli
non sapeva della visita della delegazione vaticana. “È ovvio che per noi
è dura da accettare [questa decisione], ma abbiamo il diritto di
opporci al Vaticano?”, ha detto.
Ma ha aggiunto che se le cose si
mettono in questo modo, “potrei pensare ad abbandonare il mio
sacerdozio”.
La notizia sulla riduzione dello status di un vescovo ordinario può
sembrare strana o incredibile nella Chiesa universale, ma non in Cina.
Lo scorso ottobre, il segretario generale del Partito comunista cinese,
Xi Jinping, nel suo rapporto di lavoro alla sessione iniziale del 19mo
Congresso nazionale del Partito ha suggerito di adottare “nuovi approcci” nel lavoro sugli affari etnici e religiosi.
“Qiushi”, una rivista di alto livello sulle teorie comuniste, gestita
dal Comitato centrale del Partito, lo scorso 15 settembre ha pubblicato
un articolo dal titolo “Teoria e pratiche innovative sul lavoro
religioso a partire dal 18mo Congresso nazionale del partito comunista
cinese”, che si è svolto nel 2012.
Finora non è apparsa una chiara elaborazione sulle “pratiche
innovative” legate alla Chiesa cattolica in Cina.
Ma lo scorso 14
dicembre l’Associazione patriottica e il Consiglio dei vescovi hanno
diffuso un piano quinquennale per “sinicizzare” la Chiesa cattolica.
La
pista della “sinicizzazione delle religioni” è un termine che Xi Jinping
ha usato per la prima volta in un incontro con il Fronte Unito nel 2015.
La questione è concentrata sull’esigere dalle religioni di sostenere il
principio dell’indipendenza e seguire la leadership del Partito
comunista.
Per la Santa Sede, il riconoscimento di sette vescovi illeciti (erano
otto, ma uno è morto lo scorso anno) è una parte spinosa dei negoziati
Cina-Vaticano.
Fra questi sette vescovi mons. Huang e altri due sono
stati pubblicamente scomunicati dalla Santa Sede.
In cambio di ciò, la
Cina dovrebbe riconoscere circa 20 candidati all’episcopato per la
comunità ufficiale nominati dalla Santa Sede in questi anni; alcuni sono
già stati ordinati in segreto; in più, Pechino dovrebbe accettare circa
40 vescovi della comunità sotterranea.
Secondo un articolo del card. John Tong, pubblicato nel febbraio 2017, la nomina dei vescovi è il problema cardine dei negoziati a porte chiuse che si tengono fra Cina e Vaticano.
Fonte: AsiaNews.it