Il Rito Patriarchino
Il Rito Aquileiese, o Patriarchino, fu rito in uso nelle chiese dell'area altoadriatica, suffraganee del Patriarcato di Aquileia. Passato poi nel Veneto, ma
soprattutto in Venezia dove si celebrò, nella Basilica Marciana, sino al 1807.
Possiamo dividere la millenaria storia di questo rito in tre periodi: Il primo che definiremo: "Antico Aquileiese", dalle origini fino al tempo del Patriarca S. Paolino di Aquileia (750-802) è il più interessante ma anche purtroppo il meno conosciuto.
In questo periodo nasce e si sviluppa il rito aquileiese, in cui elementi occidentali si fondono con forti influssi orientali, soprattutto alessandrini e dall'Asia minore.
Dalle testimonianze di San Cromazio si rilevano tre precisi influssi orientali nella liturgia aquileiese: il rito pre-battesimale della Lavanda dei piedi (mentre a Milano, secondo il Rito Ambrosiano, era post-battesimale) poi divenuto il rito del Giovedì Santo; la Pasqua era identificata con il medesimo ideale di Passione e di dolore riportato dall'Omelia Pasquale di San Melitone di Sardi; seguendo l'antica tradizione greca di Smirne, conosciuta tramite sant'Ireneo di Lione, Cromazio modifica il simbolismo animale dei Vangeli, identificando San Giovanni con il leone invece di San Marco Evangelista, e quest'ultimo con l'aquila. San Girolamo in seguito ristabilirà il leone per Marco.
Questo particolare rito era dunque già da lungo tempo in uso nell'Arcidiocesi di Aquileia e nelle sue numerose suffraganee quando, nel 568, questa chiesa si rese autocefala elevandosi a Patriarcato. Lo scisma interno che caratterizzò il VII secolo, con le due sedi contrapposte di Aquileia e Grado, e la definitiva scissione del nuovo Patriarcato di Grado (nel 717), trasmisero semplicemente l'uso del patriarchino alle due chiese sorelle. Non solo, ma lo diffusero anche alle diocesi della Dalmazia, sottomesse a Grado. A quest'epoca risale il documento liturgico più antico e interessante che ci testimonia direttamente il rito patriarchino. a questo periodo dobbiamo tra l'altro l'adozione del Canone di matrice alessandrina che in seguito verrà esportato a Roma diventando il Canone Romano che conosciamo al giorno d'oggi, e una notevole produzione di canto sacro diverso dal gregoriano e con forti richiami orientali, che costituirà la base su cui verrà successivamente composto il canto ambrosiano. Il secondo periodo, che definiremo invece: "Nuovo aquileiese" arriva fino all'immediato periodo postconciliare tridentino: sotto il patriarcato di San Paolino, citato in precedenza, viene attuata la riforma voluta da Carlo Magno, tesa ad uniformare le liturgie latine sul modello romano. In questo periodo il venerabile Rito Patriarchino continua a sussistere, ma vengono inseriti sempre maggiori elementi romani. Viene altre sì cancellato l'antico monachesimo aquileiese, che si rifaceva ai modelli di S.Martino di Tours, soppiantato dalla regola benedettina. Tra i più importanti elementi che ancora caratterizzano questa fase del rito sono: 1 - l'utilizzo di colori liturgici diversi dal rito romano quali: il bianco per gli Evangelisti e le Vergini Martiri (rosso nella liturgia Romana), il verde per le Sante non vergini (bianco nella liturgia romana), il giallo per i Dottori e gli Abati (bianco per la Liturgia Romana). 2 - un gran numero di sequenze, ben settantadue nell'ultima versione del missale aquileiese stampata nel 1517. 3 - il perdurare del canto detto "patriarchino" di cui si è accennato sopra. L'ultimo periodo, che si può chiamare "Veneziano" dura dal 1597 al 19 ottobre del 1807: dopo il Concilio di Trento, pur avendo le carte in regola per essere completamente tutelato, il Rito Patriachino fu rapidamente abbandonato a favore di quello Romano come nella Diocesi di Trieste (1586) o nel Patriarcato di Aquileia (1596). La diocesi di Como rivendicò con insistenza il diritto di continuare ad usare il Rito Patriarchino, ma nel 1597 Clemente VIII impose di abbandonarlo. Solo nella Basilica di San Marco di Venezia, costituendo essa una Diocesi nullius retta da un proprio Primicerio, alle dipendenze del Doge, si continuò a Celebrare secondo l'antico Rito, sino al 19 ottobre 1807, quando venne incorporata nel Patriarcato di Venezia, divenendone Chiesa Cattedrale. in questo ultimo lasso di tempo, ciò che rimase degli antichi riti aquileiesi non fu che qualche sparuta tradizione patriarchina impalmata al Rito Romano.
Nelle aree del Triveneto comunque, pur Celebrando secondo il Rito Romano, continuarono a sussistere alcune usanze interessanti, soprattutto da punto di vista musicale: una vastissima diffusione di melodie di tradizione orale che riprendevano gli antichi schemi del canto liturgico aquileiese. Purtroppo, la quasi totalità di questi repertori tradizionali, essendo affidati alla memoria dei cantori, non sopravvisse alle riforme di S.Pio X volte a valorizzare il gregoriano e soprattutto al terremoto culturale in seguito al Concilio Vaticano II.
Nelle aree del Triveneto comunque, pur Celebrando secondo il Rito Romano, continuarono a sussistere alcune usanze interessanti, soprattutto da punto di vista musicale: una vastissima diffusione di melodie di tradizione orale che riprendevano gli antichi schemi del canto liturgico aquileiese. Purtroppo, la quasi totalità di questi repertori tradizionali, essendo affidati alla memoria dei cantori, non sopravvisse alle riforme di S.Pio X volte a valorizzare il gregoriano e soprattutto al terremoto culturale in seguito al Concilio Vaticano II.
Nel campo delle cerimonie, gli ultimi frammenti degli antichi costumi sopravvissuti fino ad oggi è il rito della benedizione dell'acqua e della frutta la vigilia dell'Epifania e la messa detta "dello spadone" che si celebra a Cividale del Friuli. (foto)
Fonte: Sacris Solemnis
Video 1: La Messa dello "spadone" nell'Epifania del Signore A.D. 2020