lunedì 29 febbraio 2016

Papa Francesco in tv ... si cambia canale!

Non ci piace la polemica perchè  non fa parte del "repertorio" della genuina devozione cristiana.
Non ci piacciono concettualmente neppure le ormai necessarie porte inchiavate  con serrature speciali ed impianti di allarme  : nella mia regione, fino a pochissimo tempo fa, soprattutto nei paesetti dell'entroterra era uso comune lasciare le chiavi sempre infilate sulle porta d'ingresso delle case .

venerdì 26 febbraio 2016

Ora le potenze anticristiche premieranno l'Italia?

Il diavolo non è mai sazio, recita un vecchio detto popolare.
Ieri 25 febbraio 2016 "Porta Pia" è crollata un'altra volta e la battaglia per la famiglia – che eroicamente combatteva già san Tommaso Moro (1478–1535) – continua: come prima e più di prima.
Se oggi i cattolici "se-dicenti" sono scesi a compromessi con il potere mondialista è perché sanno di poterlo fare: c’è un popolo cattolico disorientato e troppo spesso guidato da pastori confusi o timorosi, 

mercoledì 24 febbraio 2016

Il Vescovo-profeta a un giovane: "la tua generazione vedrà il trionfo del Cuore Immacolato di Maria"!

Ne siamo certi : il Cuore Immacolato di Maria trionferà !


Un Vescovo pochi giorni fa ha detto con autorità e profeticamente ad un giovane...


Un po' di storia.
"La mattina del 13 ottobre 1884, al termine della Santa Messa, papa Leone XIII rimase immobile davanti al Tabernacolo per circa 10 minuti. 
Quando si “riprese”, il suo volto era preoccupato e angosciato. Raccontò ai suoi collaboratori che aveva assistito ad un “colloquio” tra Nostro Signore e Satana. 
Quest’ultimo dichiarava con orgoglio che avrebbe potuto facilmente distruggere la Chiesa, se avesse avuto maggiore potere su coloro che si mettono al suo servizio, e più libertà per circa 100 anni. 
Il Signore rispose a Satana che gli avrebbe concesso sia più libertà che i cento anni necessari. 
Leone XIII rimase così sconvolto da questo “colloquio” che scrisse la famosa preghiera a San Michele Arcangelo per la protezione della Chiesa[*] e volle che fosse recitata, in ginocchio, dopo ogni Santa Messa. 
Purtroppo, però, con la riforma liturgica post-conciliare, questo dono che Cristo ci fece tramite il suo Vicario, fu messo nel cassetto. La preghiera non è stata più recitata e la stragrande maggioranza dei fedeli nati dagli anni ’70 in poi del secolo scorso non ne conoscono neppure l’esistenza.


La Emmerick parla di circa 80 anni prima dell’anno 2000, dunque verso la fine degli anni ’10 e gli inizi degli anni ’20 del XX secolo. Leone XIII vide quell’insolito “dialogo” un 13 ottobre. Pensateci bene. 
Non vi viene in mente nulla? Satana è stato liberato dalle catene il 13 ottobre del 1917, giorno dell’ultima apparizione mariana a Fatima, quando ci fu il “miracolo del sole”, e la Madonna promise che «il mio Cuore Immacolato trionferà».


Oltre a queste coincidenze di date, me lo confermano altri due elementi.


Benedetto XVI durante il suo viaggio apostolico a Fatima (11-14 maggio 2010) ricordò l’importanza del centenario delle apparizioni.



Recentemente ho studiato la figura di Teresa Neumann (1898-1962), la “stigmatizzata bavarese”, la quale ebbe dal Cielo anche il dono delle profezie. In una delle ultime profezie prima della morte disse che il maggior periodo di dominio sul mondo da parte di Satana – potere che avrebbe usato per scagliare un attacco, secondo lui, mortale alla Chiesa, in particolare al papato – sarebbe durato circa 18 anni, dal 1999 al 2017.


Nelle scuole pubbliche italiane viene insegnato che il Medioevo è il periodo storico peggiore di tutti i tempi. 
Un’accusa implicita alla Chiesa, poiché il Medioevo è l’epoca più cristiana della storia. 
Ma qualcuno sa cosa è veramente accaduto nel XX secolo, il “secolo del progresso”? 
Il secolo di Satana è il secolo della distruzione dell’uomo. Cantavano e cantano “Dio è morto” e non si accorgono di essere cadaveri che camminano.


Mancano quattro anni al centenario di Fatima ( ora uno ... siamo nel 2016...N.d.R.)
Saranno anni durissimi, perché Satana si scatenerà prima di tornare completamente prigioniero. 
Il giorno stesso in cui fu liberato la Madonna ci promise che il suo Cuore Immacolato, alla fine, avrebbe trionfato. 
Allora non dimentichiamo cosa chiese a Fatima ai tre pastorelli e a tutti noi: preghiera, penitenza e sacrificio.

*] San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia contro le insidie e la malvagità del demonio, sii nostro aiuto. 
Te lo chiediamo supplici che il Signore lo comandi. 
E tu, principe della milizia celeste, con la potenza che ti viene da Dio, ricaccia nell’inferno Satana e gli altri spiriti maligni, che si aggirano per il mondo a perdizione della anime. Amen.

***

Ne siamo certi : il Cuore Immacolato di Maria trionferà !

Un Vescovo pochi giorni fa ha detto con autorità e profeticamente ad un giovane consacrato " La tua generazione vedrà il trionfo del Cuore Immacolato di Maria!"




Fonte del commento storico: Papale papale

lunedì 22 febbraio 2016

Mons.Gianpaolo Crepaldi "spesso i cattolici, nell’ansia pastorale di incontrare i bisognosi, operano per cause sbagliate e fanno danni"

Pubblichiamo ampi stralci dell'intervista a monsignor Gianpaolo Crepaldi, arcivescovo di Trieste e presidente dell'Osservatorio Van Thuan sulla Dottrina sociale della Chiesa, apparsa sul numero di Febbraio del mensile Il Timone (www.iltimone.org). 
Per leggere l'intervista integrale chiedere una copia omaggio del mensile a info@iltimone.org.

Eccellenza, c’è chi dice che i cattolici in politica non ci siano più? È anche lei di questo parere?
Non sono di questo parere, però è vero che, se ci sono, si vedono poco e in modo confuso. 
La visibilità cattolica in politica può essere di due tipi: personale, quando si sa che quel politico è cattolico, egli stesso lo dichiara e mantiene evidenti rapporti con la Chiesa; comunitaria, quando i cattolici agiscono uniti ed elaborano, nella loro autonomia di laici, strategie politiche che partano da una visione cattolica delle cose.
*

Può spiegare la distinzione iniziale tra visibilità individuale e visibilità comunitaria?
Una volta stabilito che i cattolici impegnati in politica devono vedersi, perché altrimenti la loro non sarebbe testimonianza di fede, bisogna riconoscere che senza una visibilità comunitaria anche quella individuale tende a ridursi solo a coerenza morale personale. 
Abbiamo così politici che, pur coerenti con la loro morale personale, fanno scelte politiche che contrastano con la dottrina della Chiesa e, non di rado, con la stessa legge morale naturale. 
Il bene comune lo si fa in comune, ossia strettamente uniti sui principi fondamentali dell’impegno politico che la Chiesa ha sempre insegnato, soprattutto da quando ha cominciato ad elaborare una organica Dottrina sociale.
*

A proposito dei cattolici presenti in Parlamento, si è pensato a lungo che essi potessero militare in tutti i partiti, per poi convergere uniti su leggi ad alta rilevanza etica, come quelle riguardanti la famiglia e la vita. Ritiene ancora valido questo schema?
Credo che questo schema, se mai sia esistito come paradigma strategico piuttosto che come adeguamento non voluto alla realtà dei fatti, non sia oggi più agibile. 
Non perché quella convergenza non sia auspicabile, ma perché i fatti ci dimostrano che non viene mai attuata. 
Le recenti prese di posizione sul disegno di legge Cirinnà lo ha ulteriormente dimostrato. 
Questa legge sembrava essere, a detta di molti degli stessi parlamentari sedicenti cattolici, il limite non oltrepassabile ed invece è stata oltrepassata.
*

Si tratta solo di tattica politica o anche di carenza di visione?
I numeri in politica contano molto. 
Deputati dichiaratamente cattolici ce ne sono pochi in questo Parlamento e, tra costoro, molti dicono di esserlo ma si riservano poi un’ampia discrezionalità di scelte senza troppo farsi condizionare dalle indicazioni della morale cattolica o della dottrina sociale della Chiesa o degli appelli del magistero. 
Una piccola pattuglia può fare certamente ben poco. 
Però credo che il problema non sia solo quantitativo. 
C’è una buona dose di confusione di pensiero. 
Certi cedimenti alla legge Cirinnà, anche su punti profondamente in contrasto con la dignità della persona umana, hanno evidenziato una carenza di pensiero e, soprattutto, l’idea che la fede cattolica non possa – pena diventare ideologia – produrre una visione organica e coerente, una vera e propria cultura sociale e politica. 
Essa produrrebbe solo istanze moraleggianti, spinte verso una testimonianza di carità non ben precisata, ma non un sistema di pensiero e una coerente visione dei nostri doveri verso il bene comune. 
Si pensa che Dio dia solo consigli o proponga solo ideali
*

Oggi, la dottrina sociale della Chiesa che momento sta vivendo nella nostra Chiesa e nel nostro Paese?
Il pastoralismo a cui ho accennato e che avrebbe bisogno di ben altri approfondimenti, la mette in difficoltà. 
Perché per esso tutto ciò che sa di dottrinale, di culturale, di teorico impedisce l’incontro pastorale col bisognoso. 
Come se la fede fosse solo un agire e non anche un pensare. 
Mi chiedo, però: come discernere i bisogni veri da quelli falsi, senza una visione delle cose che nasce dalla fede e dalla ragione? 
Con buone intenzioni spesso i cattolici, nell’ansia pastorale di incontrare i bisognosi, operano per cause sbagliate e fanno danni, creando nuovi disagi.
Inoltre vengono distolti dai problemi di struttura e di buona organizzazione della vita pubblica per concentrarsi solo su forme corte di solidarietà. 
Si fa del bene anche impegnandosi per leggi giuste o politiche adeguate, ma come farlo senza una visione complessiva delle cose che la dottrina sociale della Chiesa offre?

Fonte : Nuova Bussola Quotidiana

venerdì 19 febbraio 2016

Mons.Giovanni D'Ercole, Pastore del gregge "li hai posti come sentinelle, vegliano sulla tua Chiesa"

" Da oggi al senato si consumerà il voto sulle unioni civili. 
Abbiamo combattuto la buona battaglia. 
Abbiamo insistito opportunamente e importunamente. 
Abbiamo spiegato le ragioni della verità … si è scesi in piazza per testimoniarle. 
Sembra però che nonostante i segni che si sono dati il cuore del faraone resti indurito. 
Sembra proprio che Dio abbia deciso di consegnare l’Italia all’opera delle sue mani perchè gusti fino in fondo l’amarezza del peccato. 
Ora più che mai è dunque il momento della preghiera. Preghiamo perché Dio illumini le menti dei nostri governanti e tocchi i loro cuori. 
Preghiamo perché sia dato loro il discernimento. 
Preghiamo perché chi può non esiti a compiere gesti coraggiosi sacrificando la sua carriera politica pur di testimoniare la sua coerenza cristiana. 
Preghiamo perché la confusione enorme in cui si trovano tante persone non finisca nel facile smarrimento della verità. 
Preghiamo perché in questo clima di attacchi ai valori della natura non prevalga la superficialità di chi pensa che tutto è lecito e tutto va bene. 
Preghiamo sopratutto perché Dio non abbandoni l’Italia a se stessa ma ancora una volta la raccolga e ne faccia segno di civiltà per le genti. 
Che non prevalga la pseudocultura decadente che vuol comprare e vendere persone, relazioni, bambini, uteri, mamme e papà. 
Che non prevalga l’ideologia di chi pensa che tutto è famiglia e quindi che niente è famiglia, di chi pensa che i figli possano esser felicemente tolti alla loro mamma e al loro papà. Preghiamo che il nostro Paese sappia riconoscere la meravigliosa natura dell’essere umano nella sua mascolinità e femminilità, voluto e amato nella relazione e per questo capace di dare la vita. 
Chiediamo l’intercessione di Maria umile figlia del suo Figlio. Chissà che il Signore non abbia pietà di noi e vedendo la nostra umiliazione venga in nostro aiuto".

S.E.Rev.ma Mons. Giovanni D'Ercole, Vescovo di Ascoli Piceno 
( da Facebook)

mercoledì 17 febbraio 2016

Don Pierangelo Rigon "visse di Liturgia e propter Liturgiam" : chi prenderà il Suo posto?

Don Pierangelo oggi è stato ammesso a celebrare la Liturgia celeste nella nuova Gerusalemme.

Chi prenderà il Suo posto sull'Altare  "in questa valle di lacrime"?

Dona ei Domine refrigerii sedem et quietis beatitudinem. Requiescat in pace.


“Io sono il primo e l’ultimo e il vivente. Io ero morto, ma ora vivo per sempre e ho potere sopra la morte e sopra gli inferi”.  
Così, il Risorto si rivela all’apostolo Giovanni, che ne è il testimone e l’annunciatore a noi. 
E’ la splendida realtà della Pasqua, l’annuncio che il mondo attendeva dai secoli eterni. 
Dio, in Gesù, ci ha dato salvezza, comunione con lui, quindi la vera vita. 
E’ il magnifico destino dell’uomo, di ogni uomo, fatto per unirsi al suo creatore e godere della stessa gloria. 
Vocazione sublime, intralciata dalla colpa, ma ridiventata possibile per chi accetta, con Cristo, di passare dalla morte alla vita. 
Egli infatti “spezzando i vincoli della morte è risorto vincitore dal sepolcro e ha ricongiunto la terra al cielo e l’uomo al suo creatore” (Preconio Pasquale). 

(9 aprile 1983, Incipit dell'omelia della prima Santa Messa di don Pierangelo)
 


martedì 16 febbraio 2016

Nella Gerarchia c'è chi ha smarrito i "fondamentali"

Postiamo, come abbiamo fatto in altre occasioni, l'Intervento comparso in uno stimato blog cattolico che  può ottimamente commentare un recentissimo articolo comparso su un quotidiano economico, ripreso poi dal Grande Oriente d'Italia (QUI), scritto da un autorevole membro della Curia Romana   che fa finta di confondere un impegno umanitario di un'organizzazione radicata nel mondo con lo scopo escatologico della Chiesa.
Un sito ha cercato di confondere le idee circa l'improvvido articolo cardinalizio scrivendo che "Gesù è venuto per i peccatori e per i pubblicani. Per questo gli scribi e i farisei se la presero" ... 
E' vero! Con la differenza però che Gesù ai peccatori diceva "Va', e NON PECCARE PIÙ!", mentre oggi alcuni vorrebbero che la Chiesa, oltre a perdonare il peccatore, condonasse (cioè abolisse) il peccato con la differenza che l'uomo non diverrebbe più libero e felice, ma soltanto più schiavo e triste.
La Chiesa deve continuare sulla strada tracciata dal Signore: misericordia senza limiti per il peccatore ma intransigenza per il peccato.



 ***

C'è nella gerarchia chi ha smarrito i "fondamentali". 
In ogni arte o sport ce ne sono: solfeggio per i musicisti, ore di studio ed esperimenti per gli scienziati, palleggi e tiri per calciatori e cestisti, chilometri sui pedali, sui sentieri o in piscina, pesi e palestra per tutti...

L'ascesi è allenamento.


L'ascesi cristiana è lo sforzo per perdere (perdere, non guadagnare) la propria vita per offrirla Cristo. Per un cristiano è tutta l'esistenza ad essere "penitenziale", ossia tesa a un continuo cammino verso il "meglio" (non solo verso il "bene", bensì oltre il bene).

L'ascesi ci fa santi.


Chi non ha la tensione al bene, chi non è "penitenziale", e cioè chi non si pente del proprio peccato (pentimento che non è "idea", ma "esistenza"), è impossibilitato alla metànoia, a un cambiamento radicale del pensiero e degli affetti, per cui cambiano i gusti e da quelli che piacciono al mondo si va a quelli che piacciono a Dio.

Il mondo ha ben chiari i propri gusti. 
E certa gerarchia ama gli stessi gusti.

I fondamentali vengono trascurati, snaturati e taciuti, quasi vergognandosene.
Il peccato è una ferita dell'uomo. 

E' la radice di ogni divisione in noi e tra gli uomini. 
E' un abuso della libertà e la libertà è dono di Dio.
Abusando della nostra libertà pecchiamo e il peccato abusa della libertà altrui...

Poi c'è una nostalgia della riconciliazione.


Ma, smarriti i fondamentali, si cerca la soluzione nei pii desideri, nelle utopie, in vani dialoghi, persino nella giustificazione del peccato, che è la causa della divisione che semina inferno!

La divisione è così profonda, che può essere sanata solo da una riconciliazione che giunge là dove c'è il peccato, cioè una volontà che non fa quella di Dio!
Allora scatta la metanoia...
Il cambiamento radicale del nous, dell'agape e dell'eros.
Tutto ciò che davo al mondo (tempo e attenzione) lo rivolgo, uguale, a Dio.
Tutto ciò che era per la creatura (idolatria) la converto al Creatore (adorazione). 

Sono dei fondamentali per chi considera il peccato un disastro.
Non certo per chi il peccato lo vorrebbe evaporare in una legge.
E ascolta canzonette in un luogo di propaganda del "sia fatta la mia volontà".
Dove non regna Gesù regna il peccato, cioè regna il demonio. 

E' questione di fondamentali. Serve ascesi. 
La gerarchia, in certi esponenti, twitta su Sanremo. ( QUI  N.d.R.)

Ogni sentimento è amore, ogni voglia vale, ognuno è esentato dall'ascesi. 

Ci piace la vita schifosamente comoda. 
Manca la tensione al "meglio": basta fare ciò che piace.

Non è roba da santi.


Ma che gliene importa alla gerarchia che ha smarrito i fondamentali?
Dalla creazione, l'Eden e il paradiso nella vita eterna a "Ciao Darwin"... dicendola scienza! 


***

domenica 14 febbraio 2016

Il Papa ai Vescovi Messicani: siete seduti sulle spalle di giganti: vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e laici fedeli “sino alla fine"

INCONTRO CON I VESCOVI DEL MESSICO
DISCORSO DEL SANTO PADRE
Cattedrale, Città del Messico
Sabato, 13 febbraio 2016


Cari fratelli,
sono contento di potervi incontrare il giorno dopo il mio arrivo in questo Paese, che, seguendo i passi dei miei Predecessori, anch’io sono venuto a visitare.
Non potevo non venire! Potrebbe il Successore di Pietro, chiamato dal lontano sud latinoamericano, fare a meno di posare lo sguardo sulla Vergine “Morenita”?
Vi ringrazio per avermi accolto in questa Cattedrale, “casita”, “piccola casa” diventata grande ma sempre “sacra”, che la Vergine di Guadalupe domandò, e per le gentili parole di benvenuto che mi avete rivolto.
Sapendo che qui si trova il cuore segreto di ogni messicano, entro con passo delicato, come bisogna entrare nella casa e nell’anima di questo popolo, e vi sono profondamente grato di aprirmi la porta. So che guardando gli occhi della Vergine raggiungo lo sguardo della vostra gente che, in Lei, ha imparato a manifestarsi. So che nessun’altra voce può parlare tanto profondamente del cuore messicano come può parlarmene la Vergine; Ella custodisce i suoi desideri più alti, le sue più recondite speranze; Ella raccoglie le sue gioie e le sue lacrime; Ella comprende i suoi numerosi idiomi e risponde loro con tenerezza di Madre perché sono i suoi figli.
Sono contento di stare con voi, qui nelle vicinanze del “Monte del Tepeyac”, come agli albori dell’evangelizzazione di questo Continente e vi chiedo per favore di permettermi che tutto quanto vi dirò possa dirlo partendo dalla Guadalupana. Come vorrei che fosse Lei stessa a recarvi, fino al profondo delle vostre anime di Pastori, e, per mezzo di voi, a ciascuna delle vostre Chiese particolari presenti in questo vasto Messico, tutto ciò che fluisce intensamente dal cuore del Papa.
Come fece san Juan Diego e fecero le successive generazioni dei figli della Guadalupana, anche il Papa da tempo nutriva il desiderio di vederla. 
Più ancora, vorrei io stesso essere raggiunto dal suo sguardo materno. 
Ho riflettuto molto sul mistero di questo sguardo e vi prego, accogliete ciò che sgorga dal mio cuore di Pastore in questo momento.
Uno sguardo di tenerezza
Anzitutto, la Vergine Morenita ci insegna che l’unica forza capace di conquistare il cuore degli uomini è la tenerezza di Dio. Ciò che incanta e attrae, ciò che piega e vince, ciò che apre e scioglie dalle catene non è la forza degli strumenti o la durezza della legge, bensì la debolezza onnipotente dell’amore divino, che è la forza irresistibile della sua dolcezza e la promessa irreversibile della sua misericordia.
Un inquieto e illustre scrittore di questa terra, disse che a Guadalupe non si chiede l’abbondanza dei raccolti o la fertilità della terra, bensì si cerca un grembo in cui gli uomini, sempre orfani e diseredati, vanno cercando una protezione, una casa.
A distanza di secoli dall’evento fondante di questo Paese e dell’evangelizzazione del Continente, è stata forse diluita, è stata forse dimenticata la necessità di un grembo a cui anela il cuore del popolo che vi è stato affidato?
Conosco la lunga e dolorosa storia che avete attraversato, non senza versare tanto sangue, non senza impietose e strazianti convulsioni, non senza violenza e incomprensioni. A ragione il mio venerato e santo Predecessore, che in Messico era come a casa sua, ha voluto ricordare che «come fiumi talvolta occulti e sempre copiosi, da tre realtà che a volte si incontrano e altre rivelano le loro differenze complementari, senza mai confondersi del tutto: l’antica e ricca sensibilità dei popoli indigeni che amarono Juan de Zumárraga e Vasco de Quiroga, che molti di questi popoli continuano a chiamare padri, il cristianesimo radicato nell’anima dei messicani e la moderna razionalità, di taglio europeo, che tanto ha voluto esaltare l’indipendenza e la libertà» (Giovanni Paolo II, Discorso nella cerimonia di benvenuto in Messico, 22 gennaio 1999).
E in questa storia, il grembo materno che continuamente ha generato il Messico, benché a volte sembrasse una rete che raccoglieva 153 pesci (cfr Gv 21,11), non si dimostrò mai infecondo, e le minacciose fratture si sono sempre ricomposte.
Perciò, vi invito a partire nuovamente da questa necessità di un grembo che promana dall’anima del vostro popolo. Il grembo della fede cristiana è capace di riconciliare il passato spesso segnato da solitudine, isolamento ed emarginazione, con il futuro continuamente relegato ad un domani che sfugge. Solo in quel grembo si può, senza rinunciare alla propria identità, «scoprire la profonda verità della nuova umanità, in cui tutti sono chiamati ad essere figli di Dio» (Giovanni Paolo II, Omelia per la canonizzazione di san Juan Diego, 31 luglio 2002).
Chinatevi quindi, fratelli, con delicatezza e rispetto, sull’anima profonda della vostra gente, scendete con attenzione e decifrate il suo misterioso volto. 
Il presente, spesso dissolto in dispersione e festa, non è forse anche propedeutico a Dio che è l’unico e pieno presente? 
La familiarità con il dolore e la morte non sono forme di coraggio e vie verso la speranza? 
La percezione che il mondo sia sempre e solamente da redimere non è antidoto all’autosufficienza prepotente di quanti credono di poter prescindere da Dio?
Naturalmente, per tutto questo è necessario uno sguardo capace di riflettere la tenerezza di Dio. Siate pertanto Vescovi di sguardo limpido, di anima trasparente, di volto luminoso. 
Non abbiate paura della trasparenza. La Chiesa non ha bisogno dell’oscurità per lavorare. Vigilate affinché i vostri sguardi non si coprano con le penombre della nebbia della mondanità; non lasciatevi corrompere dal volgare materialismo né dalle illusioni seduttrici degli accordi sottobanco; non riponete la vostra fiducia nei “carri e cavalli” dei faraoni attuali, perché la nostra forza è la “colonna di fuoco” che rompe dividendole in due le acque del mare, senza fare grande rumore (cfr Es 14,24-25).
Il mondo nel quale il Signore ci chiama a svolgere la nostra missione è diventato molto complesso. 
E anche la prepotente idea del “cogito”, che non negava che vi fosse almeno una roccia sopra la spiaggia dell’essere, oggi è dominata da una concezione della vita considerata da molti più che mai vacillante, mutevole e anomica, perché manca di un sostrato solido. 
Le frontiere, così intensamente invocate e sostenute, sono diventate permeabili alla novità di un mondo in cui la forza di alcuni non può più sopravvivere senza la vulnerabilità di altri. 
L’irreversibile ibridazione della tecnologia rende vicino ciò che è lontano ma, purtroppo, rende distante ciò che dovrebbe essere vicino.
E precisamente in questo mondo, Dio vi chiede di avere uno sguardo che sappia intercettare la domanda che grida nel cuore della vostra gente, l’unica che possiede nel proprio calendario una “festa del grido”. 
A quel grido bisogna rispondere che Dio esiste ed è vicino mediante Gesù. Che solo Dio è la realtà sulla quale si può costruire, perché «Dio è la realtà fondante, non un Dio solo pensato o ipotetico, ma il Dio dal volto umano» (Benedetto XVI, Discorso inaugurale della V Conferenza generale del CELAM, 13 magio 2007).
Nei vostri sguardi, il Popolo messicano ha il diritto di trovare le tracce di quelli che “hanno visto il Signore” (cfr Gv 20,25), di quelli che sono stati con Dio. 
Questo è l’essenziale. Non perdete, dunque, tempo ed energie nelle cose secondarie, nelle chiacchiere e negli intrighi, nei vani progetti di carriera, nei vuoti piani di egemonia, negli sterili club di interessi o di consorterie. 
Non lasciatevi fermare dalle mormorazioni e dalle maldicenze. Introducete i vostri sacerdoti nella comprensione del ministero sacro. 
A noi ministri di Dio basta la grazia di “bere il calice del Signore”, il dono di custodire la parte della sua eredità che ci è affidata, benché siamo amministratori inesperti. 
Lasciamo al Padre di assegnarci il posto che ha preparato per noi (cfr Mt 20,20-28). 
Possiamo forse essere veramente occupati in altre cose se non in quelle del Padre? 
Al di fuori delle “cose del Padre” (cfr Lc 2,48-49) perdiamo la nostra identità e, colpevolmente, rendiamo vana la sua grazia.
Se il nostro sguardo non testimonia di aver visto Gesù, allora le parole che ricordiamo di Lui risultano soltanto delle figure retoriche vuote. 
Forse esprimono la nostalgia di quelli che non possono dimenticare il Signore, ma comunque sono solo il balbettare di orfani accanto al sepolcro. Parole alla fine incapaci di impedire che il mondo resti abbandonato e ridotto alla propria potenza disperata.
Penso alla necessità di offrire un grembo materno ai giovani. 
Che i vostri sguardi siano capaci di incrociarsi con i loro sguardi, di amarli e di cogliere ciò che essi cercano con quella forza con cui molti come loro hanno lasciato barche e reti sull’altra riva del mare (cfr Mc 1,17-18), hanno abbandonato banchi delle imposte pur di seguire il Signore della vera ricchezza (cfr Mt 9,9).
Mi preoccupano tanti che, sedotti dalla vuota potenza del mondo, esaltano le chimere e si rivestono dei loro macabri simboli per commercializzare la morte in cambio di monete che alla fine tarme e ruggine consumano e per cui i ladri scassinano e rubano (cfr Mt 6,20). Vi prego di non sottovalutare la sfida etica e anti-civica che il narcotraffico rappresenta per la gioventù e per l’intera società messicana, compresa la Chiesa.
Le proporzioni del fenomeno, la complessità delle sue cause, l’immensità della sua estensione come metastasi che divora, la gravità della violenza che disgrega e delle sue sconvolte connessioni, non permettono a noi, Pastori della Chiesa, di rifugiarci in condanne generiche – forme di nominalismo – bensì esigono un coraggio profetico e un serio e qualificato progetto pastorale per contribuire, gradualmente, a tessere quella delicata rete umana, senza la quale tutti saremmo fin dall’inizio distrutti da tale insidiosa minaccia. Solo cominciando dalle famiglie; avvicinandoci e abbracciando la periferia umana ed esistenziale dei territori desolati delle nostre città; coinvolgendo le comunità parrocchiali, le scuole, le istituzioni comunitarie, la comunità politica, le strutture di sicurezza; solo così si potrà liberare totalmente dalle acque in cui purtroppo annegano tante vite, sia la vita di chi muore come vittima, sia quella di chi davanti a Dio avrà sempre le mani macchiate di sangue, per quanto abbia il portafoglio pieno di denaro sporco e la coscienza anestetizzata.
Con lo sguardo rivolto a Maria di Guadalupe, dirò una seconda cosa:
Uno sguardo capace di tessere
Nel manto dell’anima messicana Dio ha tessuto, con il filo delle impronte meticce della sua gente, il volto della sua manifestazione nella “Morenita”. Dio non ha bisogno di colori spenti per disegnare il suo volto. I disegni di Dio non sono condizionati dai colori e dai fili, bensì sono determinati dalla irreversibilità del suo amore che vuole tenacemente imprimersi in noi.
Siate, pertanto, Vescovi capaci di imitare questa libertà di Dio scegliendo ciò che è umile per manifestare la maestà del suo volto, e di imitare questa pazienza divina nel tessere, col filo sottile dell’umanità che incontrate, quell’uomo nuovo che il vostro paese attende. Non lasciatevi prendere dalla vana ricerca di cambiare popolo, come se l’amore di Dio non avesse abbastanza forza per cambiarlo.
Riscoprite poi la saggia e umile costanza con cui i Padri della fede di questa Patria hanno saputo introdurre le generazioni successive nella semantica del mistero divino. 
Imparando prima e poi insegnando la grammatica necessaria per dialogare con quel Dio, nascosto nei secoli della loro ricerca e fattosi vicino nella persona del suo Figlio Gesù, che oggi tanti riconoscono nell’immagine insanguinata e umiliata, come figura del proprio destino. Imitate la sua condiscendenza e la sua capacità di abbassarsi. Non comprenderemo mai abbastanza il fatto che con i fili meticci della nostra gente Dio ha intessuto il volto col quale si è fatto conoscere! 
Mai saremo abbastanza grati a questo suo chinarsi, a questa “synkatábasis”.
Uno sguardo di singolare delicatezza vi chiedo per i popoli indigeni, per loro e le loro affascinanti culture, non di rado massacrate. 
Il Messico ha bisogno delle sue radici amerinde per non rimanere in un enigma irrisolto. 
Gli indigeni del Messico aspettano ancora che venga loro riconosciuta effettivamente la ricchezza del loro contributo e la fecondità della loro presenza per ereditare quella identità che vi fa diventare una Nazione unica e non solamente una tra le altre.
Si è parlato molte volte del presunto destino incompiuto di questa Nazione, del “labirinto della solitudine” nel quale sarebbe imprigionata, della geografia come destino che la intrappola. 
Per alcuni, tutto questo sarebbe ostacolo per il disegno di un volto unitario, di una identità adulta, di una posizione singolare nel concerto delle nazioni e di una missione condivisa.
Per altri, anche la Chiesa in Messico sarebbe condannata a scegliere tra il soffrire l’inferiorità in cui fu relegata in alcuni periodi della sua storia, come quando la sua voce fu fatta tacere e si cercò di amputare la sua presenza, o l’avventurarsi nei fondamentalismi par recuperare certezze provvisorie – come quel “cogito” famoso – dimenticando di avere inscritta nel cuore la sete di Assoluto e di essere chiamata in Cristo a riunire tutti e non solo una parte (cfr Lumen gentium, 1).
Non stancatevi, invece, di ricordare al vostro Popolo quanto sono potenti le radici antiche che hanno permesso la viva sintesi cristiana di comunione umana, culturale e spirituale che si è forgiata qui. Ricordate che le ali del vostro Popolo si sono spiegate già più volte al di sopra di non poche vicissitudini. 
Custodite la memoria del lungo cammino fin qui percorso – siate “deuteronomici” – e sappiate suscitare la speranza di nuove mete, perché il domani sarà una terra “ricca di frutti” anche se ci pone sfide non indifferenti (cfr Nm 13,27-28).
Che i vostri sguardi, riposati sempre e solamente in Cristo, siano capaci di contribuire all’unità del vostro Popolo; di favorire la riconciliazione delle sue differenze e l’integrazione delle sue diversità; di promuovere la soluzione dei suoi problemi endogeni; di ricordare la misura alta che il Messico può raggiungere se impara ad appartenere a sé stesso prima che ad altri; di aiutare a trovare soluzioni condivise e sostenibili alle sue miserie; di motivare l’intera Nazione a non accontentarsi di meno di quanto si attende dal modo messicano di abitare il mondo.
Una terza riflessione:
Uno sguardo attento e vicino, non addormentato
Vi prego di non cadere nella paralisi di dare vecchie risposte alle nuove domande. 
Il vostro passato è un pozzo di ricchezze da scavare, che può ispirare il presente e illuminare il futuro. 
Guai a voi se dormite sugli allori! 
Occorre non disperdere l’eredità ricevuta custodendola con un lavoro costante. 
Siete seduti sulle spalle di giganti: vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e laici fedeli “sino alla fine”, che hanno dato la vita affinché la Chiesa potesse compiere la propria missione. Dall’alto di tale podio siete chiamati a gettare uno sguardo ampio sul campo del Signore per programmare la semina e aspettare il raccolto.
Vi invito a stancarvi, a stancarvi senza paura nel compito di evangelizzare e di approfondire la fede, mediante una catechesi mistagogica che sappia far tesoro della religiosità popolare della vostra gente. Il nostro tempo richiede attenzione pastorale alle persone e ai gruppi che sperano di poter andare incontro al Cristo vivo. Solamente una coraggiosa conversione pastorale – e sottolineo conversione pastorale – delle nostre comunità può cercare, generare e nutrire i discepoli odierni di Gesù (cfr Documento di Aparecida, 226, 360, 370).
Pertanto, è necessario per i nostri Pastori superare la tentazione della distanza – e lascio ad ognuno di voi di fare la lista delle distanze che possono esistere in questa Conferenza Episcopale; non le conosco, ma superare la tentazione della distanza – e del clericalismo, della freddezza e dell’indifferenza, del comportamento trionfale e dell’autoreferenzialità. Guadalupe ci insegna che Dio è familiare, vicino nel suo volto, che la prossimità e la condiscendenza – questo abbassarsi e avvicinarsi – possono fare più della forza, di qualsiasi tipo di forza.
Come insegna la bella tradizione guadalupana, la “Morenita” custodisce gli sguardi di coloro che la contemplano, riflette il volto di coloro che la incontrano. Occorre imparare che c’è qualcosa di irripetibile in ciascuno di coloro che ci guardano alla ricerca di Dio. Tocca a noi non renderci impermeabili a tali sguardi. Custodire in noi ognuno di loro, conservandoli nel cuore, proteggendoli.
Solo una Chiesa capace di proteggere il volto degli uomini che vanno a bussare alla sua porta è capace di parlare loro di Dio. Se non decifriamo le loro sofferenze, se non ci accorgiamo dei loro bisogni, nulla potremo offrire. La ricchezza che abbiamo scorre solamente quando incontriamo la pochezza di coloro che vanno elemosinando, e proprio tale incontro si realizza nel nostro cuore di Pastori.
E il primo volto che vi supplico di custodire nel vostro cuore è quello dei vostri sacerdoti. Non lasciateli esposti alla solitudine e all’abbandono, preda della mondanità che divora il cuore. Siate attenti e imparate a leggere i loro sguardi per gioire con loro quando si sentono felici di raccontare ciò che “hanno fatto e insegnato” (cfr Mc 6,30), e anche per non tirarsi indietro quando si sentono un po’ umiliati e non possono far altro che piangere perché “hanno rinnegato il Signore” (cfr Lc 22,61-62), e anche, perché no, per sostenerli, in comunione con Cristo, quando qualcuno, già abbattuto, uscirà con Giuda “nella notte” (cfr Gv 13,30). In queste situazioni, che non manchi mai la vostra paternità di Vescovi verso i vostri sacerdoti. Incoraggiate la comunione tra di loro; fate sì che possano perfezionare i loro doni; inseriteli nelle grandi cause perché il cuore dell’apostolo non è stato fatto per piccole cose.
Il bisogno di familiarità abita nel cuore di Dio. Nostra Signora di Guadalupe chiese solamente una “casetta sacra”. I nostri popoli latinoamericani capiscono bene il linguaggio diminutivo – una “casetta” sacra – e molto volentieri lo usano. Forse hanno bisogno del diminutivo perché altrimenti si sentirebbero perduti. Si sono adattati a sentirsi sminuiti e si sono abituati a vivere nella modestia.
La Chiesa, quando si raduna in una maestosa Cattedrale, non potrà fare a meno di comprendersi come una “piccola casa”, in cui i suoi figli possono sentirsi a proprio agio. Davanti a Dio si può rimanere solo se si è piccoli, se si è orfani, se si è mendicanti. Il protagonista della storia di salvezza è il mendicante.
“Casetta” familiare e al tempo stesso “sacra”, perché la prossimità si riempie della grandezza onnipotente. Siamo custodi di questo mistero! A volte abbiamo perso questo senso dell’umile misura divina e ci stanchiamo di offrire ai nostri la “casetta” in cui possano sentirsi in intimità con Dio. Può anche darsi che avendo trascurato un po’ il senso della sua grandezza si sia perso parte del timore reverenziale nei confronti di un tale amore. Dove abita Dio, l’uomo non può accedere senza essere ammesso, ed entra solamente “togliendosi i sandali” (cfr Es 3,5) per confessare la propria insufficienza.
E questo aver dimenticato di “togliersi i sandali” per entrare, non è probabilmente alla radice della perdita del senso della sacralità della vita umana, della persona, dei valori essenziali, della saggezza accumulata lungo i secoli, del rispetto per la natura? Senza recuperare, nella coscienza degli uomini e della società, queste radici profonde, anche al lavoro generoso in favore dei legittimi diritti umani mancherà la linfa vitale che può venire solo da una sorgente che l’umanità non potrà mai darsi da sé stessa.
E, sempre guardando la Madre, per concludere:
Uno sguardo d’insieme e di unità
Solo guardando la “Morenita”, il Messico ha di sé una visione completa. Pertanto vi invito a comprendere che la missione che la Chiesa oggi vi affida – e sempre vi ha affidato – richiede questo sguardo che abbracci la totalità. E questo non si può realizzare isolatamente, bensì solo in comunione.
La Guadalupana è cinta di una cintura che annuncia la sua fecondità. E’ la Vergine che porta in grembo il Figlio atteso dagli uomini. E’ la Madre che sta generando l’umanità del nuovo mondo nascente. E’ la Sposa che prefigura la maternità feconda della Chiesa di Cristo. Voi avete la missione di cingere l’intera Nazione messicana con la fecondità di Dio. Nessun pezzo di questa cinta può essere disprezzato.
L’Episcopato messicano ha compiuto passi notevoli in questi anni conciliari; sono aumentati i suoi membri; è stata promossa una formazione permanente, continua e qualificata; l’ambiente fraterno non è mancato; lo spirito di collegialità è cresciuto; gli interventi pastorali hanno influito sulle vostre Chiese e sulla coscienza nazionale; i lavori pastorali condivisi sono stati fruttuosi nei campi essenziali della missione ecclesiale come la famiglia, le vocazioni e la presenza sociale.
Mentre ci rallegriamo per il cammino di questi anni, vi chiedo di non lasciarvi scoraggiare dalle difficoltà e di non risparmiare ogni possibile sforzo per promuovere, tra di voi e nelle vostre diocesi, lo zelo missionario, soprattutto verso le parti più bisognose dell’unico corpo della Chiesa messicana. Riscoprire che la Chiesa è missione è fondamentale per il suo futuro, perché solo l’entusiasmo, lo stupore convinto degli evangelizzatori ha la forza di trascinare. Vi prego, pertanto, di curare specialmente la formazione e la preparazione dei laici, superando ogni forma di clericalismo e coinvolgendoli attivamente nella missione della Chiesa, soprattutto rendendo presente, con la testimonianza della propria vita, il vangelo di Cristo nel mondo.
A questo Popolo messicano gioverà molto una testimonianza unificante della sintesi cristiana e una visione condivisa dell’identità e del destino della sua gente. In questo senso, sarebbe molto importante che la Pontificia Università del Messico fosse sempre più al centro degli sforzi ecclesiali per assicurare quello sguardo di universalità senza il quale la ragione, rassegnata a modelli parziali, rinuncia alla sua più alta aspirazione di ricerca della verità.
La missione è vasta e portarla avanti richiede molteplici vie. E con la più viva insistenza vi esorto a conservare la comunione e l’unità tra di voi. Questo è essenziale, fratelli. Questo non c’è nel testo, ma mi viene adesso. Se dovete litigare, litigate; se avete delle cose da dirvi, ditevele; però da uomini, in faccia, e come uomini di Dio che poi vanno a pregare insieme, a fare discernimento insieme; e se avete passato il limite, a chiedervi perdono, ma mantenete l’unità del corpo episcopale. Comunione e unità tra di voi. La comunione è la forma vitale della Chiesa e l’unità dei suoi Pastori dà prova della sua veracità. Il Messico e la sua vasta e multiforme Chiesa hanno bisogno di Vescovi servitori e custodi dell’unità edificata sulla Parola del Signore, alimentata con il suo Corpo e guidata dal suo Spirito che è il respiro vitale della Chiesa.
Non c’è bisogno di “prìncipi”, bensì di una comunità di testimoni del Signore. Cristo è la sua unica luce; è la sorgente di acqua viva; dal suo respiro promana lo Spirito che distende le vele della barca ecclesiale. In Cristo glorificato, che la gente di questo popolo ama onorare come Re, accendete uniti la luce, ricolmatevi della sua presenza che non si estingue; respirate a pieni polmoni l’aria buona del suo Spirito. A voi spetta seminare Cristo nel territorio, tenere accesa la sua luce umile che rischiara senza abbagliare, assicurare che con le sue acque si sazi la sete delle vostra gente, alzare le vele affinché il soffio dello Spirito le dispieghi e non s’incagli la barca della Chiesa in Messico.
Ricordate che la Sposa, la Sposa di ognuno di voi, la Madre Chiesa, sa bene che il Pastore amato (Ct 1,7) sarà trovato solo dove i pascoli sono erbosi e i ruscelli cristallini. La Sposa non si fida dei compagni dello Sposo che, a volte per incuranza o incapacità, conducono il gregge per luoghi aridi e pieni di rocce. Guai a noi pastori, compagni del Supremo Pastore, se lasciamo vagare la sua Sposa perché nella tenda che abbiamo fatto lo Sposo non si trova.
Permettetemi un’ultima parola per esprimere l’apprezzamento del Papa per tutto quanto state facendo per affrontare la sfida della nostra epoca rappresentata dalle migrazioni. Sono milioni i figli della Chiesa che oggi vivono nella diaspora o in transito peregrinando verso il nord in cerca di nuove opportunità. Molti di loro lasciano alle spalle le proprie radici per avventurarsi, anche nella clandestinità che implica ogni tipo di rischio, alla ricerca della “luce verde” che considerano come loro speranza. Tante famiglie si dividono; e non sempre l’integrazione nella presunta “terra promessa” è così facile come si pensa.
Fratelli, i vostri cuori siano capaci di seguirli e raggiungerli al di là delle frontiere. Rafforzate la comunione con i vostri fratelli dell’episcopato statunitense affinché la presenza materna della Chiesa mantenga vive le radici della loro fede, della fede di quel popolo, le ragioni della loro speranza e la forza della loro carità. Non succeda ad essi che appendendo le loro cetre, ammutolisca la loro gioia, dimenticandosi di Gerusalemme e trasformandosi in “esiliati di sé stessi” (cfr Sal 136/137). Testimoniate uniti che la Chiesa è custode di una visione unitaria dell’uomo e non può accettare che sia ridotto a mera “risorsa umana”.
Non sarà vana la premura delle vostre diocesi nel versare il poco balsamo che possiedono sui piedi feriti di quanti attraversano i loro territori e di spendere per loro il denaro duramente raccolto; il Samaritano divino alla fine arricchirà chi non è passato indifferente davanti a Lui quando stava per terra lungo la strada (cfr Lc 10,25-37).
Cari fratelli,
il Papa è sicuro che il Messico e la sua Chiesa arriveranno in tempo all’appuntamento con sé stessi, con la storia, con Dio. 
Talvolta qualche pietra sulla strada rallenta la marcia e la fatica del tragitto richiederà qualche sosta, ma mai al punto da far perdere la meta. 
Infatti, può forse arrivare tardi chi ha una Madre che lo aspetta? 
Chi continuamente può sentire risuonare nel proprio cuore: “Non ci sono qui io, io, che sono tua Madre?”. Grazie.



© Copyright - Libreria Editrice Vaticana

Immagine :  Il Beato Messicano José Luis Sánchez del Río (1913-1928) , Martire Cristero quattordicenne, di cui il Papa ha firmato il decreto per la canonizzzazione ( QUI )

giovedì 11 febbraio 2016

Tre anni che sembrano trecento... 11 febbraio 2013-11 febbraio 2016

Coloro che sentono sempre in cuore che l'11 febbraio di tre anni le "dimissioni" di Papa Benedetto XVI sono state un tremendo vulnus per la Santa Chiesa Cattolica sono pervasi da occulti interessi personali?
Cosa hanno da guadagnare  quelli che testardamente continuano a ritenere che il candelabro sarà inesorabilmente rimosso dall'illuminazione di  una chiesa che, dimenticando i princìpi evangelici, continua a flirtare col lo spirito del mondo perdendo "ipso facto" la sua costitutiva forza missionaria?
Hanno forse dei conflitti d'interesse coloro che lamentano, contro le mode imperanti, che una chiesa di celluloide , iper mediatica e furbescamente improntata sui calcoli umani  non potrà reggere "umanamente" la battaglia con il Principe di questo mondo?
Per fortuna ci sarà il Divino soccorso!
Non è certamente con il consolidamento delle proposizioni moderniste,  presenti in quasi tutti gli atti pubblici ecclesiale da almeno 50 anni, che potrà avvenire quella necessaria purificazione della Chiesa che tutti con il santo rosario in mano auspichiamo.
Il modernismo, il progressimo e il protestantesimo carismatico sono i virus che hanno infettato da 50 anni la Santa Chiesa di Cristo.
La contaminazione c'è stata.
Il nostro cuore  di battezzati, ardenti di umile amore per la mistica Sposa di Cristo, ci dice che le crude sofferenze, acuite  negli ultimi anni (oportet ut veniant scandala),  dovevano avvenire "affinché siano svelati i pensieri di molti cuori ".
Noi non facciamo difatti tifo per gli atti umani di questo o per quel Papa che, in virtù della Divina Provvidenza, siede sul trono petrino : i Papi passano ma il messaggio evangelico di Cristo Signore nel Magistero immutabile della Chiesa rimane!
In virtù della saggezza della Chiesa possiamo però discernere gli atti dei "dominatori di questo mondo, i quali stanno per essere annientati".
Nell'assoluta certezza che il Cuore Immacolato di Maria trionferà sui nemici del Suo Divin Figlio continuiamo a pregare e a fare penitenza.

          VENI SANCTE SPIRITUS VENI PER MARIAM
 



martedì 9 febbraio 2016

Tolentino : Mercoledì delle Ceneri 10 febbraio 2016


Tolentino, chiesa del Sacro Cuore ( detta dei "sacconi")
Mercoledì delle Ceneri 10 febbraio 2016
ore 18
Santa Messa in rito romano antico 
in canto gregoriano
celebrata dal Parroco don Andrea Leonesi

lunedì 8 febbraio 2016

Le bergoglionate e «l’epoca dello scatascio» (San Pio)

Una pia tradizione  ama  accostare affettuosamente  i Sacerdoti agli Angeli.

Per fortuna ci sono gli angeli/sacerdoti che hanno la bontà di consolarmi ogni qualvolta, al pari dei miei fratelli nella fede cattolica, vengo trafitto e ferito dalle "bergoglionate" quasi quotidiane, amplificate e falsamente osannate dalla stampa mondana e mondialista
Gli angeli sacerdotali consolatori hanno pure la bontà di elevare il  cuore e la  mente dei confusi e feriti fedeli alle cose celesti mediante l'invito a perseverare nella speranza e nella preghiera .
Ieri dall'estero dove si trova  un angelo/sacerdote dopo aver appreso la devastante bergoglionata quotidiana contenuta nell'intervista al Corriere della Sera (che non linko) mi ha prontamente chiamato dicendomi: "Coraggio, la Madonna aiuterà la Chiesa ad uscire da questa situazione. Bisogna pregare!"
Sono sicuro che tanti altri angeli/sacerdoti assistono con celestiale premura anche i loro Confratelli, gli Unti del Signore nel sacro Ministero dell'Ordine Sacro :  Sacerdoti, Vescovi e Cardinali  apparentemente silenti ma assai attivi nella sofferta preghiera.
Dalla Basilica Vaticana dove sono esposti i corpi dei Santi Cappuccini Pio da Pietrelcina e Leopoldo da Castelnuovo il Papa il 6 febbraio scorso ha esortato i fedeli a perseverare nella preghiera che è «la più grande forza della Chiesa», che mai va lasciata. 

Altrimenti «si rischia di appoggiarsi altrove: sui mezzi, sui soldi, sul potere; poi l’evangelizzazione svanisce e la gioia si spegne». 
La preghiera, «come amava dire Padre Pio, è “la migliore arma che abbiamo, una chiave che apre il cuore di Dio”»
Gli innamorati della Chiesa  lacerati dalle bergoglionate quotidiane hanno difatti imparato la lezione raddoppiando, triplicando e quintuplicando il dosaggio della loro preghiera personale.
"Coraggio, la Madonna aiuterà la Chiesa ad uscire da questa situazione. Bisogna pregare!" 
Una cara amica, che darebbe la vita per la Chiesa, ha poi scritto:
"Santità, l’abbiamo chiamata di proposito con il suo cognome perché le sue parole nell’intervista al Corriere di oggi, non ci rappresentano affatto, né non sono magistero cattolico, perciò preferiamo dissociare le sue parole dal suo supremo magistero ecclesiale, anche perché sono per noi offensive....

E NON SI DICA CHE NON C'è RISPETTO PER IL PAPA confesso che mi sento offesa ad avere come TESTIMONIAL la Bonino.

Il testo dell'intervista non è comparso neppure nei siti ufficiali del Vaticano e c'è silenzio di ghiaccio su tutti i fronti ufficiali....
è evidente che questa intervista non è buona..." (Aspetta prima di affermare questo cara , generosa ed addolorata amica N.d.R.)
***

La bergoglionata è frutto di svista????
E' generata da parziale ed incompleta informazione (=disinformazione) ???
E' provocata da abbagli ???

Poco ci interessa la genesi dell'abbaglio ma ci preoccupano invece i conseguenti danni.

Preghiamo per il Papa, la Santa Chiesa Cattolica e soprattutto per le vocazioni . 
Maria, Madre della Chiesa, prega per noi!