giovedì 18 ottobre 2012

Il Papa ai Padri conciliari: aggiornamento non è rottura con la tradizione ma dire la perenne attualità della fede.


Sono 69 i Padri ancora in vita che 50 anni fa presero parte al Concilio Vaticano II. 
Benedetto XVI ne ha salutato questa mattina un piccolo gruppo, ricevendolo in udienza assieme ai capi delle Conferenze episcopali mondiali, al Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, e al primate della Comunione anglicana, Rowan Williams. 
Il Papa ha incentrato il suo discorso sull’immutabile attualità del messaggio cristiano che, ha detto, “non deve essere abbassato" a cio "che piace all'opinione pubblica”. 
Il servizio di Alessandro De Carolis:
Non sono le parole senza tempo del Vangelo a doversi adattare alle mode intellettuali di chi le ascolta. È il contrario: è l’attualità che vive l’uomo a dover essere ricondotta ogni volta all’eternità di Dio, espressa dalle Parole di Gesù. Circondato dai visi oggi più anziani di una dozzina di coloro che assieme a lui condivisero il “tempo di grazia” del Vaticano II, Benedetto XVI ha aggiunto un nuovo tassello all’ampia riflessione sul Concilio che da giorni è al centro dei suoi pensieri. In particolare, il Papa ha imperniato il suo discorso su una parola controversa, che – ha ricordato – “ritornava continuamente nei lavori conciliari: ‘aggiornamento”. Per alcuni, ha detto, fu un’espressione “non del tutto felice”, per altri no. Il Papa è andato oltre questo confronto alla fine sterile:
“Sono convinto che l’intuizione che il Beato Giovanni XXIII compendiò con questa parola sia stata e sia tuttora esatta. Il Cristianesimo non deve essere considerato come ‘qualcosa del passato’, né deve essere vissuto con lo sguardo perennemente rivolto ‘all’indietro’, perché Gesù Cristo è ieri, oggi e per l’eternità”.

“Dio eterno, che è entrato nel tempo ed è presente ad ogni tempo”, ha proseguito, rende il cristianesimo “sempre nuovo”:
“Non lo dobbiamo mai vedere come un albero pienamente sviluppatosi dal granellino di senape evangelico, che è cresciuto, ha donato i suoi frutti, e un bel giorno invecchia e arriva al tramonto la sua energia vitale. Il Cristianesimo è un albero che è, per così dire, in perenne ‘aurora’, è sempre giovane”.

In quest’ottica, allora, parlare di “aggiornamento” non significa, ha affermato Benedetto XVI, “rottura con la tradizione”, ma vuol dire esprimerne la “continua vitalità”:
“Non significa ridurre la fede, abbassandola alla moda dei tempi, al metro di ciò che ci piace, a ciò che piace all’opinione pubblica, ma è il contrario: esattamente come fecero i Padri conciliari, dobbiamo portare l’‘oggi’ che viviamo alla misura dell’evento cristiano, dobbiamo portare l’‘oggi’ del nostro tempo nell’‘oggi’ di Dio”.

E coloro che riescono, in ogni epoca, a portare Dio nell’oggi della storia e la storia all’eternità di Dio sono i Santi, ha asserito il Papa, che ha concluso auspicando a tutte le Chiese locali di tornare alla “sorgente viva del Vangelo” approfittando dello speciale periodo appena inaugurato:
“L’Anno della fede che abbiamo iniziato ieri ci suggerisce il modo migliore di ricordare e commemorare il Concilio: concentrarci sul cuore del suo messaggio, che del resto non è altro che il messaggio della fede in Cristo, unico Salvatore del mondo, proclamata all’uomo del nostro tempo. Anche oggi quello che è importante ed essenziale è portare il raggio dell’amore di Dio nel cuore e nella vita di ogni uomo e di ogni donna, e portare gli uomini e le donne di ogni luogo e di ogni epoca a Dio”.

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