mercoledì 19 febbraio 2020

Preghiera a San Michele Arcangelo: l'esorcismo che Leone XIII "raccomandava di recitare ai vescovi e ai sacerdoti nelle loro diocesi e parrocchie"

Non è un giochetto romantico di "rimpianti" ne' tanto meno di nostalgie del passato: la Chiesa è destinata dal Suo Fondatore a viaggiare nel tempo verso l'eternità e deve essere obbediente al comando divino di non volgersi mai indietro.
La preghiera a San Michele Arcangelo è espressione dell'attualità liturgica perchè è il tempo che stiamo vivendo che lo suggerisce e che lo impone ai credenti: il mondo, con le sue seduzioni anticristiche, cerca di oscurare le vivifica luce del Vangelo.
E' tempo di riappropriarci delle esperienze oranti della Chiesa di sempre per la salvezza spirituale e fisica soprattutto delle nuove generazioni.


San Michele Arcangelo prega per noi!



Ridateci la preghiera a san Michele Arcangelo 
alla fine della Messa.

Alcuni rimpiangono la preghiera a San Michele arcangelo alla fine della messa, tra questi anche noi facciamo parte della schiera dei nostalgici, ma chi ha sperimentato la potente protezione che deriva da questa preghiera non può non rimpiangerla soprattutto recitandola alla fine della Santa Messa. 
Padre Amorth diverse volte e in molti suoi libri ci ricorda l’importanza della preghiera a San Michele Arcangelo, qualcuno ci spiegasse perchè non dovrebbe essere reintrodotta alla fine di ogni Messa.

Molti di noi ricordano come, prima della riforma liturgica dovuta al concilio Vaticano II, il celebrante e i fedeli si mettevano in ginocchio alla fine di ogni messa, per recitare una preghiera alla Madonna ed una a S. Michele arcangelo. Riportiamo il testo di quest’ultima, perché è una preghiera bella, che può essere recitata da tutti con frutto:
«San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia; contro le malvagità e le insidie del diavolo sii nostro aiuto. Ti preghiamo supplici: che il Signore lo comandi! E tu, principe delle milizie celesti, con la potenza che ti viene da Dio, ricaccia nell’inferno Satana e gli altri spinti maligni, che si aggirano per il mondo a perdizione delle anime».

Come è nata questa preghiera? Trascrivo quanto pubblicò la rivista Ephemerides Liturgicae, nel 1955, pagg. 58-59.

P. Domenico Pechenino scrive: «Non ricordo l’anno preciso. Un mattino il grande Pontefice Leone XIII aveva celebrato la S. Messa e stava assistendone un’altra, di ringraziamento, come al solito. 
Ad un tratto lo si vide drizzare energicamente il capo, poi fissare qualche cosa al di sopra del capo del celebrante. Guardava fisso, senza batter palpebra, ma con un senso di terrore. e di meraviglia, cambiando colore e lineamenti. Qualcosa di strano, di grande avveniva in lui.

Finalmente, come rivenendo in sé, dando un leggero ma energico tocco di mano, si alza. 
Lo si vede avviarsi verso il suo studio privato. I familiari lo seguono con premura e ansiosi. 
Gli dicono sommessamente: Santo Padre, non si sente bene? 
Ha bisogno di qualcosa? 
Risponde: Niente, niente
Dopo una mezz’ora fa chiamare il Segretario della Congregazione dei Riti e, porgendogli un foglio, gli ingiunge di farlo stampare e di farlo pervenire a tutti gli Ordinari del mondo. 
Che cosa conteneva? 
La preghiera che recitiamo al termine della Messa insieme al popolo, con la supplica a Maria e l’infocata invocazione al Principe delle milizie celesti, implorando Dio che ricacci Satana nell’inferno».

In quello scritto si ordinava anche di recitare tali preghiere in ginocchio. 
Quanto sopra, che era stato pubblicato anche nel giornale La settimana del clero, il 30 marzo 1947, non cita le fonti da cui è stata attinta la notizia. 
Risulta però il modo insolito con cui fu ordinato di recitare quella preghiera, che venne spedita agli Ordinari nel 1886. 
A conferma di quanto scrive P. Pechenino abbiamo l’autorevole testimonianza del card. Nasalli Rocca che, nella sua Lettera Pastorale per la quaresima, emanata a Bologna nel 1946, scrive:

« Leone XIII scrisse egli stesso quella preghiera. La frase (i demoni) che si aggirano nel mondo a perdizione delle anime ha una spiegazione storica, a noi più volte riferita dal suo segretario particolare, mons. Rinaldo Angeli. 
Leone XIII ebbe veramente la visione degli spiriti infernali che si addensavano sulla città eterna (Roma); e da quella esperienza venne la preghiera che volle far recitare in tutta la Chiesa. Tale preghiera egli la recitava con voce vibrata e potente: la udimmo tante volte nella basilica vaticana. Non solo, ma scrisse di sua mano uno speciale esorcismo contenuto nel Rituale Romano (edizione 1954, tit. XII, c. III, pag. 863 e segg.). Questi esorcismi egli raccomandava ai vescovi e ai sacerdoti di recitarli spesso nelle loro diocesi e parrocchie. Egli lo recitava spessissimo lungo il giorno».


Fonte: La Luce di Maria QUI