venerdì 19 luglio 2013

I misteri del Vaticano. La Roma dei Papi

Una mia devotissima Zia, che lasciò tutto il suo patrimonio in eredità ad un novello Ordine Religioso Femminile, che ebbe molto a cuore, volle ricordarsi di me ( all'epoca bambino delle scuole elementari ) facendomi erede della sua biblioteca essendo convinta che sarei divenuto Vescovo o addirittura Cardinale.
Quella pia donna, nella sua bontà non aveva previsto che il Concilio Vaticano II, da poco concluso, mi sarebbe stato letale ...
Inutile dire che in pieno Stato Pontificio al prematuro orfano di padre Andrea, cioè io, della ricca biblioteca arrivò solo una parte dei volumi custoditi perché gli esecutori testamentari, le suore dell’Ordine tanto caro alla Zia, nel frattempo avevano “ regalato” un bel po’ di libri, anche antichi, a Prelati locali e romani per ingraziarsi i loro favori …
Chi scrive ricorda benissimo di aver veduto, malgrado la tenera età, alcuni dei volumi , che de jure gli appartenevano, in alcuni studi di Sacerdoti.
La “consuetudine” da parte dei Religiosi, soprattutto femminili, di conservare come “souvenir” quel che spettava ai legittimi proprietari testamentari è piuttosto lunga e raggiunge l’apoteosi con delle fin troppo furbe Suore che, nominate eredi parziali di una Famiglia marchionale, ricevettero la “visita di cortesia” di un esasperato  nipote dei defunti Marchesi che portava casualmente sulle spalle un bellissimo quanto mai funzionante fucile …
Il nipote dei Marchesi  potè ricevere quanto gli apparteneva ma il giorno dopo le Suore vendettero ad un rigattiere non solo la Cappella del palazzo ereditato ( venduto poi anche quello) ma anche le Reliquie Insigni e persino gli arredi personali di un Papa che faceva parte della Famiglia …
Le Suore cercarono di mitigare gli “orrori” dicendo che la vendita di tali preziosi reperti storici e artistici avrebbe giovato alla sussistenza dei bambini che l’Ordine assisteva in alcune parti del terzo mondo.
Speriamo che sia stato così…

Ritornando ai superstiti libri avuti in eredità alla zia nei notai due, che ovviamente le Suore pensarono di non regalare ai Prelati, mai veduti dalla zia ( forse li teneva nascosti perchè appartenuti ad alcuni parenti in odore di massoneria ) .
I due libri sono di Franco Mistrali : I Misteri del Vaticano, la Roma dei Papi ( Fratelli Borroni Ed. Milano 1866 ) .
L’Autore, che pur si dice cristiano, sfodera tutta la sua passione di garibaldino e di “cospiratore carbonaro” per infondere nel Lettore contemporaneamente l’amore per il ritorno al cristianesimo dei “primi tempi” e il disprezzo per il Papato che egli giudica , in modo assai pesante, come sempre corrotto e distaccato da ogni forma di spiritualità.
Il Papato e il Cattolicesimo vennero " trattati " sempre come espressioni di potere , come poi fecero i marxisti.
I due libri furono prontamente nascosti dalla mia devota madre : era sconveniente che un pre-adolescente potesse leggere delle storie anche miste a morbosità sessuali e squallide storie di potere …
Ma io li lessi egualmente … ponendoli poi , quasi ne me vergognassi, nel punto più remoto della mia libreria …
Li ho ripresi dopo aver letto alcune squallidissime storie clericali , inimmaginabili persino ad una mente “laica”, e dopo aver saputo dagli amici dell’Urbe di una recentissima vicenda curial-finanziaria che fa rabbrividire!
Capisco ora come ci sia bisogno di coltivare il mito del superman – smacchia-tutto- almeno per avere l’illusione che “Tout Va Très Bien (Madame La Marquise) “ …
Bene ha scritto su un blog cattolico un fedele :
" Forse è meglio stare nell'austero,riservato, Appartamento Pontificio, dove il"genius loci" informa il suo abitatore del momento, del carico e della Maestà dell'Ufficio ricoperto,piuttosto che vivere la quotidiana caciara e informalità di un albergo...meta di galoppini, traffichini, questuanti e gentuzza da due soldi.  
Mezza Roma è andata a mangiare lì...e non per venerare il Vicario di Cristo, ma a farsi gli affari propri col Vaticano.  Basta conoscere qualcuno lì dentro.
Una nomina ha fatto, una l'ha toppata. 
Umiltà vera Sancte Pater! Sic transit gloria mundi! "
Scrisse nel 1866 l’anticlericale Mistrali nell’Introduzione ALL’ITALIA : « … e quando Tomaso d'Aquino (un santo) vide il papa che si compiaceva lui presente a numerar milioni di monete, è noto come osservasse al pontefice « Padre santo, il principe degli apostoli avea differenti occupazioni! » 
E invero questa religione, ammirevolmente democratica e liberale, che gli umili, i poveri, i tribolati elegge — religione di pace e di perdono — debbe molto offendersi delle pompe e delle ricchezze smoderate, se pur non tocchiam le lascivie, che la corrotta sua rappresentanza padroneggiano.
Nè mancarono acerbi frutti alla mala pianta. 
Le semplici e virtuose popolazioni settentrionali, educate alla maravigliosa semplicità del Vangelo, prime si levarono contro difformità del clero. Se Roma non avesse fin d'allora la prova di una colpevole durezza, certo tanti milioni popoli non avrebbero rotto l'accordo mirabile delle genti cattoliche. 
Sappiamo quante tergiversazioni ci vollero prima che fosse acconsentito un concilio generale della Chiesa,che pur tanto fervorosamente invocava tutta la cristianità;e sappiamo come alla fine adunatosi il concesso tridentino , l’opera sua attraversata da innumerevoli difficoltà fosse tarda. … 
Ridare nelle mani del papato i sudditi mancipati, non sarebbe egli lo stesso che rinnovare le stragi.... i giudizii statarii di sangue.... le confische.... le prigioni.... gli esigli— i tormenti...?  e il comune, raziocinio a ciò pensando, ricorda le miti e umane leggi di Cristo!... 
Guardi il pontefice, guardi la Chiesa a ciò, lo ripetiamo, e forse verranno persuasi che a tempo convien sacrificar di due, una corona.
E il papato sacrifichi quella che ebbe dagli uomini per conservar quella che Iddio gli affidò: e l'Italia maravigliosamente risorta, posando quella corona di re sulla nobile fronte dell'eroe di Palestro, risplenderà nella gloria intera del suo primato ; possente per la spada valorosa del suo re, possente per la venerata supremazia del pontefice.
E veramente ci pare degno di altissima meditazione pei sacerdoti ministri della Chiesa il solenne discorso proferito da quel potente imperatore che pur si gloria di essere il figlio primogenito della Chiesa. — Non è a passioni ardenti che si deve far appello — ma a buone intenzioni ; il fuoco di quelle divora e distrugge, la calma di queste seconda ed acquieta.
Semele innamorò Giove; e trasfigurato, come a uomo gli si donò; ma Giunone atrocemente gelosa seppe far della rivale atroce vendetta: sotto mentite spoglie con in¬fernale consiglio eccitò la debole creatura a voler fra le braccia accogliere il dio nella sua maestà. — Negli amorosi abbracciamenti ebbe Semele un'irrevocabile promessa — formulò il desiderio, l'ottenne ; ma fu incenerita. 
Cosi narra una mitologica tradizione, ed io me ne servo di parabola. 
Gelosi e nemici autori di perfidi consigli non fallano; le ardenti passioni di cui parla l'imperatore e che le incenerirebbero chi ne attizzasse la vampa, pur troppo le sappiamo e le conosciamo. 
Il clero faccia tesoro del consiglio. Pensi se vuole alla nostra parabola, e ricordi ancora come oggi convenga attutire gli sdegni non provocarli, calmare e non suscitare, avvegnaché l’ onda sovversiva una volta scatenata possa seco trascinare ogni ordine civile, rovesciare ogni barriera.
E il capo di questa nobile religione di giustizia e d'amore domandi egli pure a Dio e lume e consiglio, perchè dietro alle armi che si allontaneranno da lui non sorga l’anarchia e il terrore, ma rinasca veramente quella pace che — agli uomini di buona volontà — prometteva il banditore dell'era nuova, il rinnovatore dei tempi.
Ripetiamo che noi non vogliamo scismi. 
Lo scisma è il male, non rimedio. Cattolici perchè italiani, noi domandiamo conservato all'Italia questo primato eterno ed universale che le fa vassalli trecento milioni di genti sorelle.
Domandiamo non la rinnovazione della Chiesa, ma il suo ritorno alle vergini e sante ispirazioni dei primi tempi.
Che cosa erano infatti le prime comunità cristiane se non l’istituzione che più si accosti a quella splendida utopia della repubblica di Pia ione?
Quelle comunità evangeliche non erano forse la vera democrazia applicata al reggimento delle società umane ? 
Non erano esse il socialismo nel suo senso non anarchico, ma civile e ordinato, che è la carità trionfante — l'amore ?
Toccando a grandi tratti questa nostra fatica, oh! ci sarà ben dolce conforto il consacrare qualche pagina alla ricordanza di quei primi tempi benedetti, regno della fratellanza e della uguaglianza comune.
Ci sarà pur bello il ricordar le sublimi virtù di quei confessori augusti, che per la fede loro sagrifìcavano ogni più caro bene che quaggiù sia e per insino la vita: e in verità che io non so poema più grande di quelli che sono le mille vergini martiri volonterose di una religione d'amore e di speranza, dei mille intrepidi legionarii provocati ai cimenti di tante battaglie, eppur capaci dell'eroismo insigne di lasciarsi trucidare senza resistere ai manigoldi. 
Ma rapidamente passarono i bei tempi della Chiesa.
Federico Barbarossa, il distruttore di Milano, trovò nel capo della cristianità, già per lunga consuetudine costituito capo del municipio romano, il più efficace aiutatore della sua ambizione, poiché la sete avida di potere tanta era nel nordico predone quanto nel competitore ingordo di frate Arnaldo, il martire di Brescia.
Il forte monaco avea osato di porsi contro al papato da potenza a potenza;  la umile cocolla di Arnaldo assunse in quella gran lotta le gigantesche forme del popolo, che
rappresentava contro la tirannide rappresentata da Adriano.
E la tirannide papale vinse : vinse colle armi eloquenti di san Bernardo, vinse colle crudeli dell'imperatore svevo. 
Fu giorno fatale per la Chiesa quello che dai merli di Castel Sant'Angio lo penzolava sul rogo il cadavere di Arnaldo strozzato, mentre da Tivoli il pontefice, méssa in capo a Federigo la consacrata corona, protendeva le mani a benedire e ad assolvere i luridi e ladri lanzichenecchi dell'eccidio di Roma,
Ma quivi non finì col mostruoso connubio di Barbarossa e di Adriano la scissura dello Impero e della Chiesa: troppo, eia un lato come dall'altro, le ambiziose idee rassomigliavano per poter camminare concordi; Guelfi e Ghibellini, papa e imperatori volevano dominare; libidine di regno ogni altro senso facea muto.
Lotta gigante che non è risolta e che non potrà risolversi mai insino a tanto che duri il dominio confuso delle cose terrene e spirituali.
Torni il cattolicisimo -alle pure sue fonti: dalla porpora principesca tornino i sacerdoti alle candide e umili vesti dei primi leviti, Tornino cogli esempi ad avvalorare la parola evangelica, e il primato civile delle nazioni sarà riconfermato alla Roma dei papi, e la madre antica del genio col morale impero stenderà il suo regno di pace su tutto l'universo .» (pagg.11-12-13-14-15)

( A.C.)