mercoledì 19 settembre 2018

Mons. Norberto Perini, Arcivescovo Metropolita di Fermo: Lettera pastorale sulla Liturgia (1962)



Mi è stato fatto un dono graditissimo: il volume delle Lettere Pastorali di Mons. Norberto Perini, Arcivescovo Metropolita e Principe di Fermo, altissima colonna di spiritualità , di preparazione teologica,  di pastoralità e di generosità verso i poveri e i bisognosi.*
Le lettere vanno dal 1941 al 1968.
Propongo la lettura di una parte di quella dedicata alla Liturgia scritta nell'anno 1962: pensate solo sette anni prima del dissolvimento totale della tradizione cattolica liturgica!
Da notare l'inserimento di alcuni bei versi poetici perchè l'argomento liturgico è di per se' fontana di arte e di poesia!
Maria Madre della Chiesa prega per noi.
 


Dalle LETTERE PASTORALI DI 
MONS.NORBERTO PERINI 
(Ed.T.A.F. s.r.l. Corridonia)
***
LA LITURGIA
1962

Venerandi Confratelli e Figli carissimi,
Scrivo questa lettera per accompagnare, dal Centro della Diocesi, l'Anno Liturgico, che si va svolgendo con tante consolanti iniziative in ogni Parrocchia e si inoltra verso la sua manifestazione culminante, che avrà luogo, a Dio piacendo, nella settimana a cavaliere tra l'Agosto e il Settembre prossimi.
Anno Liturgico significa anno in cui il popolo cristiano si accosta all'azione liturgica della Chiesa, ne prende coscienza, scopre, con gioiosa sorpresa, il suo posto accanto all'Altare e lo occupa con fervore, ben lieto di sentirsi familiare nella casa di Dio.
La Casa di Dio è casa di orazione, come ha detto Gesù Cristo agli Ebrei, che l'avevano invece ridotta a spelonca di ladri.
Noi, a spelonca di ladri, mai, ma a luogo estraneo si, dove si entra solo per obbligo e quasi per forza, dove si sta col corpo e non con lo spirito, guardando a chi va e a chi viene, senza dare un pensiero a Dio presente nella specialissima presenza eucaristica; luogo freddo, dove qualche parola biascica il labbro ma nessun sentimento sgorga dal cuore: ciò avviene non di raro e non per pochi.
L'Anno Liturgico ha questo scopo: renderci familiare la Chiesa; farci sentire che cos'è l'Altare, la Balaustra, il Battistero, il Confessionale, l'Avvento, la Quaresima, la Pasqua, la Pentecoste; dare un senso alla Stola e alla Pianeta, al Calice e all'Ostensorio; avvicinarci al Sacerdote che celebra la S. Messa; svelare i concetti e i sentimenti racchiusi in parole e gesti che a molti purtroppo sembrano cabale; abituarci a ridire in forma italiana quelle preghiere che il Sacerdote recita in lingua latina, in comunione con tutti i Sacerdoti dell'Orbe cattolico.

In altre parole, l'Anno Liturgico ha per scopo di insegnare al popolo cristiano:
— a pregare;
— a pregar bene.
Sono i due concetti che cercherò di svolgere in questa lettera che Sacerdoti e Fedeli devono considerare quasi guida per fissare la meta e criterio per giudicare sull'esito dell'Anno
Liturgico nella loro Parrocchia e nell'intera Archidiocesi.

1) E’ necessario pregare (pubblicheremo quanto prima)

- Nelle ore di tristezza
(pubblicheremo quanto prima)
- Nelle ore della tentazione  (idem)
 - Nelle ore del peccato (idem)
- Nell’ora della morte
(idem)
- Le buone abitudini
(idem)

2) Come si deve pregare
(pubblicheremo quanto prima)
- Preghiera individuale 
(idem)
- Preghiera in comune (idem)

Preghiera liturgica
Ma davanti a quella turba di supplicanti che da ogni casa uscendo, palazzi o tuguri che siano, si avvia alla Reggia con in cuore e sulla fronte la gioiosa attesa del colloquio col Sovrano, ecco si mette il più qualificato Rappresentante dell'Imperatore: uno che conosce bene tutti i suoi gusti; uno che sa quali sono le parole che più gli fanno piacere, gli atteggiamenti che più sono efficaci a muovere la Sua generosità; uno a cui Egli stesso. l'Imperatore, ha ordinato di mettersi a capo e di guidare la richiesta di tutti e gli ha posto in mano un dono da offrire a nome di tutti, un dono davanti al quale l'Imperatore aprirà i tesori della Sua Potenza, della sua Clemenza, della sua Paternità.
Avete già intuito il simbolismo:
questo Rappresentante dell'Imperatore del cielo è la Santa Chiesa, la quale ha ordine di mettersi a capo di tutti i Fedeli e di guidarli alla grande supplica davanti agli Altari.
Essa conosce quali sentimenti vuole il Signore dall'anima dei supplicanti; sa, per averle udite da Cristo stesso, le parole più gradite al Cuore di Dio, e porta con sé il dono davanti al quale Iddio non sa, non può rifiutarsi ad aprire i tesori della Sua Misericordia e della Sua Grandezza.
Il dono dei doni
Questo gran dono gliel'ha dato Dio stesso, ma la Chiesa lo può rioffrire a Lui a nome di tutti i Fedeli.
Questo dono è il S. Sacrificio della Messa nel quale si avverano meravigliose realtà la cui storia è tutta storia di doni e può essere schematizzata così:
— Dio Padre dona all'Umanità il Suo Figlio Unigenito facendolo incarnare per essere il Redentore dell'uomo.
— Gesù dona la Sua vita sacrificandosi sulla Croce in quanto uomo, e in quanto Dio donando al suo sacrificio un valore infinito.
— Questo sacrificio deve valere per tutti i secoli e sarà sempre presente all'umanità sempre bisognosa di redenzione.
— Per questo Gesù dona alla sua Chiesa il Sacerdozio, istituito principalmente per mettergli in mano il suo Sangue: Ostia pura, Ostia santa. Ostia immacolata.
— I Sacerdoti ogni giorno, ogni ora, in ogni parte del mondo riceveranno da Dio, in un grande miracolo, il dono della Presenza reale di Gesù nella SS.ma Eucarestia e lo trasmetteranno in dono a tutti i Fedeli, prima a coloro che assisteranno alla S. Messa e riceveranno la Comunione.
Ma il Signore, mentre affidava questo dono alla Sua Chiesa, Le manifestava pure la volontà che fosse l'unica offerta sacrificale che il popolo cristiano facesse a Lui come atto di adorazione, come inno di ringraziamento, come implorazione di perdono, come supplica di grazie.
Si avvera quello che San Agostino esprime con uno dei suoi caratteristici giri di parole: «Quae dono tuo mea sunt haec dono meo tua sunt» = Ciò che per tuo dono è mio, voglio, o Signore che per dono mio sia tuo.
«Venite, dicono i Ministri di Dio, offriamo insieme al Signore questa sua offerta che sola è degna di Lui; ridoniamo a Lui il dono che Egli ci ha fatto del Suo Figlio, Nostro Redentore e salvatore»: ecco che cos'è la S. Messa.
Il Cerimoniale
Ora è possibile che un'offerta di tanto valore venga fatta così alla rinfusa, come vien viene, senza una preparazione, senza un formulario in cui siano colate a poco a poco le parole più belle, i sentimenti più alti, i palpiti più ardenti del cuore dei Santi, dei Dotti nel corso dei secoli?
Sarebbe giusto che non si fosse creato un cerimoniale non di esteriorità ma di piena rispondenza cogli interni affetti, a prescrivere con quali sentimenti ci si debba presentare; quali parole, quali gesti, quali atteggiamenti siano i propri, per lodare e per ringraziare, per placare e per supplicare la Maestà di Dio?
Questo insieme di riti che circondano i Misteri beati «tra cui scende per mistica via, sotto l'ombra dei pani mutati l'ostia viva di pace e d'amor»;
questo Codice di buone creanze che guida la preghiera ufficiale della Chiesa; che dà il tono alle sue celebrazioni; che impone lo squallor della viola al Sacerdote quando commemora la Passione, e gli dice nel giorno di Pasqua:
«Sacerdote, in bianca stola esci ai grandi ministeri, tra la luce dei doppieri il Risorto ad annunziar»;
questa magnifica sinfonia che si svolge tra Altare e navata, tra Battistero e Balaustra, tra Sacerdoti e Fedeli, tra gli uomini e Dio, sotto la direzione della S. Chiesa: è la Sacra Liturgia.
Ma quanto sarebbe sconveniente che, mentre i Sacerdoti genuflettono, s'inchinano, elevano le mani al cielo, si percuotono il petto, intonano Gloria e Credo, innalzano l'Ostia consacrata e il Calice di vita eterna: i Fedeli non comprendessero nulla, non condividessero la letizia della conversazione con Dio, non unissero la propria preghiera alla preghiera della Chiesa, non sentissero il dovere di dir «Grazie» al Signore che si dona, di rispondere: «Vengo» al Signore che invita.
Eppure questa sconvenienza si avvera in troppi casi.
Avvolti e spesso ossessionati dalle cose terrene, uomini e donne sanno a meraviglia tutte le cosidette convenienze sociali: sanno come si deve essere vestiti per il teatro, per un ballo, per un pranzo di nozze; sanno con quali parole esprimere una congratulazione e una condoglianza; con quali titoli trattare ogni ceto di persone. Sanno quando bisogna stare a destra e quando a sinistra. 
E non solo sanno, ma osservano con scrupolo la più minuta di queste regole che a volte sono così sciocche da toccare il ridicolo.
Ma per la Liturgia serbano noncuranza o disprezzo, quasi che di delicatezza e di proprietà fosse men degno Dio che l'uomo.
Il congresso Liturgico
A togliere questo grave difetto; a guarire questa malattia che denuncia e produce indifferenza verso Dio e qualche volta irrisione verso la Chiesa: il Signore ci manda il Congresso Liturgico.
Ben venga, come una grande grazia che Dio fa alla Diocesi Nostra.
Ma sia ben chiaro fin d'ora che esso non sarà qualcosa di riservato ai Sacerdoti e alle anime più vicine alla pratica cristiana.
Sì, anche ad essi gioverà.
Gioverà ai Sacerdoti, i quali possono sempre migliorare nella dignità, nella precisione, nella interiorità con cui celebrano i Santi Riti.
E lo faranno senz'altro.
Gioverà alle anime più vicine al Tabernacolo, perchè nella miglior conoscenza dei doni di Dio accrescano fervore, intimità e merito alla loro conversazione con Dio.
Ma il Congresso Liturgico deve interessare e giovare a tutti coloro che sono cristiani. Tutti devono avere tanta nobiltà di spirito da comprendere come una vita cristiana così, senza profondità di convinzione, senza fervore, senza gusto, senza brama del meglio, sia indegna di quel Dio che non solo ha creato l'uomo, ma lo ha amato fino a sacrificare per lui il Figlio Suo Unigenito, l'ha redento versando un prezzo grande grande, il Sangue stesso del Figlio suo, e l'ha destinato a godere per l'eternità le divine armonie della Corte celeste.
Qui chiudo la conversazione con Voi, Fedeli, augurandovi buone Feste Pasquali in grazia e in letizia e pregustando la soddisfazione di vedervi, Parrocchia per Parrocchia, nelle serate delle Settimane Liturgiche, e tutti insieme, a Fermo, alla celebrazione conclusiva, che sarà, quasi certamente, la settimana dal 26 Agosto al 2 Settembre.
Una parola ancora aggiungo per i Vostri Sacerdoti, ai quali voglio raccomandare che siano a Voi maestri di orazione. Tanto più facilmente e lietamente vi saranno maestri, quanto più Voi sarete loro discepoli diligenti e volonterosi.
Vi benedico di gran cuore.
+ NORBERTO ARCIV.

*Sua Ecc. Mons. Norberto Perini è nato a Carpiano, in provincia ed arcidiocesi di Milano, il 6 giugno 1888; è fratello del senatore Carlo Perini.

Il 7 luglio 1912 è ordinato presbitero.

Il 22 ottobre 1941 papa Pio XII lo nomina arcivescovo metropolita di Fermo; succede ad Ercole Attuoni, deceduto il 31 maggio precedente.

Dal 1952 aiuta le opere intraprese da don Ernesto Ricci e dalla beata Madre Speranza di Gesù, come la creazione degli Artigianelli del Sacro Cuore. 
Ricopre l'incarico di presidente della Commissione Episcopale Italiana per la scuola.

Il 21 giugno 1976 papa Paolo VI accoglie la sua rinuncia, presentata per raggiunti limiti di età e problemi di salute; gli succede l'Arcivescovo coadiutore Mons.Cleto Bellucci. 

Il 9 dicembre 1977 muore a Rho (MI) nella casa "Carlo Perini".

Il 13 dicembre 1977 è sepolto a Fermo nella Cripta della Cappella del Seminario Arcivescovile, traslato poi nella Cripta della Basilica Metropolitana Fermana.