martedì 15 gennaio 2019

Lo sviluppo organico della Liturgia: oggi non ci sono certo le condizioni per fare altro che una mera conservazione

Da un social abbiamo preso un commento pervaso da sano e saggio amore per la Chiesa e per la Liturgia.
AC


"È chiaro che oggi come oggi la situazione è anomala. 
Da una parte abbiamo l'ultima edizione dei messali tradizionali inchiodati lì senza alcuna possibilità di implementazione nemmeno calendariale, dall'altra un messale nuovo che si è dimostrato ampiamente
fallimentare. 
La soluzione ideale sarebbe fermarsi, riflettere su cosa è andato bene e cosa è andato male e ripartire dal messale tradizionale per un'eventuale messa a punto nell'aurea ottica dell'equilibrio dinamico fra tradizione e rinnovamento che è sempre stato alla base dello sviluppo organico della liturgia. 
Ma un'impresa del genere oggi è fantascienza quindi al momento non vedo alternative praticabili allo status quo.
Un "antico" in assoluto non esiste.
Nella liturgia non c'è mai stato un vecchio e un nuovo: è sempre stata la stessa liturgia che si sviluppava organicamente.
Quella di vecchio/nuovo rito una categoria che si è introdotta nel momento in cui quello sviluppo organico è stato interrotto ed è stata creata una nuova liturgia volutamente in cesura con la precedente.
Una delle conseguenze negative è proprio l'idea di un "rito antico" intangibile, cosa evidentemente antistorica e insostenibile sul lungo periodo.
Colgo l'occasione per promuovere la dizione di "rito tradizionale" ( sottolineatura nostra N.d.R.) anziché rito antico per sottolineare l'antinomia con la nuova liturgia che , per criteri con cui è stata realizzata, si pone fuori dal concetto di tradizione.
Dopodiché, come ho detto, oggi non ci sono certo le condizioni per fare altro che una mera conservazione"

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L'argomento trattato ci ricorda l'ultima catechesi ai Parroci romani di Papa Benedetto XVI
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Che cosa volevano i padri «renani», che finirono per indirizzare la prima parte del Concilio? La loro «prima intenzione», testimonia il Pontefice,«era la riforma della liturgia, che era già cominciata con Pio XII [1876-1958]» e con le sue innovazioni sulla Settimana Santa. La liturgia, dunque, non era affatto un elemento secondario del programma di rinnovamento conciliare. Dopo la Seconda guerra mondiale era infatti emerso nella Chiesa il cosiddetto movimento liturgico, come «riscoperta della ricchezza e profondità della liturgia». Questa poteva sembrare «quasi chiusa» nel Messale Romano del sacerdote, e «aperta» invece nei libri di preghiera dei fedeli, con il rischio di creare «quasi due liturgie parallele: il sacerdote con i chierichetti, che celebrava la Messa secondo il Messale, e i laici che pregavano nella Messa con i loro libri di preghiera».

Non che fosse colpa del Messale Romano: il Concilio voleva difendere «proprio la bellezza, la profondità, la ricchezza storica, umana, spirituale del Messale», nello stesso tempo però riformando e instaurando un vero «dialogo tra sacerdote e popolo» con la sua nozione di «partecipazione attiva». Qualcuno - ha detto il Papa - «ha criticato il Concilio perché parlava di tante cose, ma non di Dio»: invece, scegliendo di partire dalla liturgia, «ha parlato di Dio e il suo primo atto è stato quello di parlare di Dio e di aprire a tutto il popolo santo la possibilità dell’adorazione di Dio, nella comune celebrazione della liturgia del Corpo e Sangue di Cristo».

Anche il passaggio dal latino al volgare, che avvenne non al Vaticano II ma dopo il Concilio, voleva promuovere l'intelligibilità della Messa. Ma «intelligibilità non significa "banalità", perché i grandi testi della liturgia – anche nelle lingue parlate - non sono facilmente intellegibili», «hanno bisogno di una formazione permanente del cristiano, perché cresca ed entri sempre più nella profondità del mistero e così possa comprendere».
Non c'è garanzia che un testo sia capito «solo perché è nella propria lingua». «Solo una formazione permanente del cuore e della mente può realmente creare intelligibilità», e la vera partecipazione attiva «è più di una attività esteriore, è un entrare della persona, del mio essere nella comunione della Chiesa e così nella comunione con Cristo».

Il Concilio mediatico - da non confondere con il Concilio reale - ha presentato erroneamente tutto questo come un abbandono della sacralità. «La sacralità, dicevano, è pagana, Cristo è morto fuori dalle porte del Sacro, va esaltata la profanità del culto come partecipazione comune. Concetti nati in una visione del Concilio fuori dalla sua propria chiave della Fede», e neppure veramente biblici perché basati su una errata concezione della Sacra Scrittura come se fosse «un Libro storico da trattare storicamente e nient'altro».

Il Vaticano II ha dunque consacrato il suo primo documento alla liturgia, e si è poi concentrato su due idee essenziali: il mistero pasquale e la Chiesa. Il mistero della Redenzione «è espresso nel tempo pasquale e nella domenica che è sempre il giorno della Risurrezione», qualche cosa che oggi stiamo completamente perdendo, interpretando la domenica come l'ultimo giorno della settimana mentre è invece il primo. ( Cfr. La Nuova Bussola Quotidiana QUI )