lunedì 17 ottobre 2011

LA MESSA IN LATINO DIVIDE ( così dicono certi curiali in Sicilia ... e in ogni altra parte d'Italia ...) UN ARTICOLO CHE NON DIVIDE : E' CHIARA L'IMPOSTAZIONE DI CHI NON VUOL "SENTIRE CUM ECCLESIA"


Vienna, Messa "rock" : il momento della Santa Comunione ( queste cose dividono veramente ... da Dio ! )









Articolo del 31 gennaio 2011 : sempre attuale ! Chissà poi che fine ha fatto l'iniziativa ...

La Messa in latino divide
GIUSEPPE SCIBETTA
Fa discutere (... vecchia tattica dal sapore rivoluzionario, sperimentatissima per "giustificare" ogni sorta di illegalità soprattutto nella Chiesa post-conciliare; metodo di guerriglia psicologica che precede la "pax" di chi, per riportare l'invocata quiete, commette ingiustizia negando quello che la Legge e la Devozione consentono ) la celebrazione della Messa in latino che, a distanza di 41 anni dal Concilio Vaticano II, è stata officiata ieri a Caltanissetta: a sollecitarne la celebrazione un gruppo di fedeli costituitosi a questo fine e composto da Gigino Macro, Cristoforo Sicilia, Rosario Picardo, Silvio Giannone, Enzo Falzone, Alberto Maira e Luca Bonvissuto del capoluogo nisseno, Antonino Torregrossa di San Cataldo e Franco Montagna di Vallelunga, ( era proprio necessario scrivere i nomi di questi valorosi ragazzi? Perchè esporli pubblicamente alla gogna e agli insulti dei "soliti" noti ? N.D.R.)  i quali hanno chiesto dapprima l’autorizzazione a Roma in attuazione del "motu proprio" di Benedetto XVI "Summorum pontificum" del 2007 e poi l’hanno ottenuta dal vescovo della diocesi nissena mons. Mario Russotto (ottimo ! la Redazione del giornale diocesano scrivendo questo "assolve" il Vescovo addossando tutta la "colpa" della celebrazione a  "Roma". Incredibile !!! N.D.R. ) ; questi ha così disposto che la messa secondo il "Vetus Ordo" (vecchio ordine, cioè in latino) in via sperimentale venga celebrata l’ultima domenica di ogni mese nella chiesa Sant’Anna dell’Istituto Testasecca, dove ieri è stata officiata da don Salvatore Modica con la collaborazione dell’assistente Lirio Torregrossa (uno studente in architettura di San Cataldo) e di don Angelo Gallo.
La messa in latino (anche se era stata preannunziata ai frequentatori della chiesa di viale della Regione) ha colto di sorpresa la maggior parte delle persone che hanno preso parte alla funzione, tanto che lo stesso don Salvatore Modica (che per la prima volta ha detto messa in latino nel lontano 1949, quando è stato ordinato sacerdote) con la sua consueta dolcezza, prima di cominciare la funzione religiosa ha fornito ai numerosi fedeli presenti le motivazioni di quella che comunque costituiva "una novità", spiegando che «in fondo non si trattava di una cerimonia "specialissima", poichè scopo della messa - anche se celebrata in latino - rimane sempre quello di accompagnare i
fedeli nel corso di un cammino che porta all’incontro con Gesù». E così anche ieri, in occasione dell’unica messa mattutina fissata come sempre alle ore 9 - si è ritornati alla risacralizzazione del rito ordinario ( ??? N.D.R.)  attraverso il recupero di molti elementi tradizionali.
Molte le persone (c’erano pure tre giovani africani cattolici ospiti del Testasecca) visibilmente e
chiaramente frastornate, ( come mai in altri posti gli Africani sono coloro che seguono con più intensa devozione le Messe nell'antico rito? N.D.R.) la maggior parte delle quali o non hanno mai avuto conoscenza del latino
o avevano quasi del tutto dimenticato le nozioni apprese tanti anni fa a scuola: inevitabile quindi l’imbarazzo con cui hanno seguito il rito sacro. Contenti invece i promotori dell’iniziativa, che hanno seguito la messa con grande devozione sino a quando don Salvatore Modica non ha concluso con il suo "Ite missa est".
E’ stato a quel punto che anche don Angelo Gallo - cogliendo il disagio dei fedeli - ( perchè i fedeli stavano rumoreggiando oppure avevano dato poche offerte ? N.D.R.) è salito sul pulpito e ha voluto dire la sua: «E’ un esperimento quello che stiamo facendo, al fine di poter fare una
esperienza con il rito tradizionale. Abbiamo notato che con la messa in latino c’è maggiore misticismo, maggiore concentrazione da parte di chi la segue, anche se forse sono in molti che non capendo la lingua antica partecipano alla funzione religiosa con minore partecipazione. E’ chiaro che ci sono alcuni che realizzano il loro rapporto con Dio con un colloquio diretto, faccia a faccia; altri che invece preferiscono incontrare il Signore in silenzio. Ora dobbiamo valutare meglio se è più opportuno ritornare a quello che viene definito "novus ordo" (in italiano) oppure lasciarla in latino, che è la lingua universale della Chiesa e quindi in grado di accomunare quanti, in tutte le parti del mondo, si accostano ad un rito cattolico o abbiano una sensibilità comune». «Molto meglio - ha poi commentato un fedele, Antonio Grillo - fare due messe in orari diversi, in maniera da accontentare coloro i quali vogliono la funzione religiosa celebrata in latino ed anche quelli che la vogliono in italiano. Noi così non abbiamo capito niente». «Temo che in questo modo - ha aggiunto Giovanna Barone - i giovani non verranno più in chiesa a seguire la messa: perchè non farla in italiano e consentire a tutti una maggiore partecipazione alle varie fasi del rito religioso?». ( Ma che brava la "Redazione" del giornale diocesano perchè ha solo intervistato i fedeli contrari alla Messa in latino? L'articolista potrebbe essere scritturato da Michele Santoro ... N.D.R.)

Dopo l'Editoriale di seguito  l'articolo, di commento, qua sotto riportato. Senza parole da parte nostra !
«Uso strumentale del ritorno al passato»
Da molti anni la domenica partecipo alla messa delle otto nella mia parrocchia, S. Pietro. Domenica 23, per un contrattempo, ( ma che combinazione ....N.D.R.)
faccio tardi e dirotto i miei passi verso la vicina chiesa di S. Anna al Ricovero Testasecca, alla messa delle 9. Al termine della celebrazione, il rettore don Gallo informa i fedeli che la prossima domenica, alla stessa ora, in via sperimentale, la messa in italiano verrà sostituita da quella in latino.
Dopo il motu proprio di Benedetto XVI Summorum pontificum del 2007, è previsto che i vescovi, dietro richiesta di almeno trenta fedeli, possano autorizzare la celebrazione eucaristica secondo il rito di S. Pio V; non capisco, però, con tutto il rispetto, per quale motivo il nostro vescovo abbia deciso
di sostituire la celebrazione della messa in italiano in S. Anna, che tradizionalmente si celebra alle 9, frequentata dagli abituali fedeli, con quella in latino e non abbia, invece, assegnato a quest’ultima un altro orario. Decido, perciò di tornare, oggi domenica 30 gennaio, a S. Anna, mosso dal desiderio di capirci qualcosa e, insieme, dalla curiosità di vedere "l’effetto che fa". La chiesa è gremita, come le altre domeniche,
da un pubblico in grandissima maggioranza di anziani, i soliti fedeli ai quali si aggiunge la pattuglia di aderenti ad Alleanza Cattolica, dalla quale presumo che, legittimamente, sia partita la richiesta di autorizzare la celebrazione della messa secondo il rito tridentino. Alle nove in punto entra il celebrante, che indossa la pianeta verde tradizionale e, all’avambraccio sinistro, il manipolo: una scena antica che non vedevo da oltre cinquant’anni, da quando, ragazzo, frequentavo l’oratorio salesiano. Il tuffo indietro negli anni si anima e diventa ancora più vivido: Introibo ad altare Dei - Ad Deum qui laetificat iuventutem meam. Ma quale iuventus? La risposta più pertinente sarebbe: Ad Deum qui laetificat senectutem meam. ( io avrei fatto una "censura ecclesiastica" : altro che "ospitalità" a queste blasfeme parole nel Giornale diocesano ! E' una vergogna per la fede. Articolo da mandare alla competente Congregazione Romana : è un dovere correggere l'errore e aiutare chi sbaglia per dargli modo di  tornare alla sana dottrina per la salute della sua anima ! N.D.R.) E’ una praeceps senectus, un’estrema vecchiaia quella che aleggia nella chiesa di S. Anna alla messa delle 9, quando il venerando mons. Salvatore Modica, con una voce flebile che di tanto in tanto cerca di forzare, dà inizio alla celebrazione della messa di S. Pio V, cum oratio haberet - come scrive Cicerone - suam quasi senectutem, quando la parola echeggiava, per così dire, una sua vecchiezza. Il rito prosegue con la solennità ieratica del sacerdote che dà le spalle ai fedeli tagliati fuori dalla celebrazione, al contrario
di quanto aveva voluto il Concilio Vaticano II, disorientati dal ritorno del vecchio, di un rito che si sovrappone alla loro messa. Il mio vicino di banco, ancora più anziano di me, evidentemente non al corrente della novità, mi chiede sottovoce, in dialetto, in quale lingua si stia celebrando la messa, rispondo: "in latino". "Ah! - fa lui - in latino, certo, padre Modica è l’unico prete che conosce il latino. Io, però, non conosco
né il latino né, bene, l’italiano e non ci sto capendo niente". Mi sforzo di spiegargli, anche se non sono molto convinto, che non è tanto importante capire le parole che pronuncia il sacerdote quanto partecipare e unirsi idealmente all’azione liturgica. Non sono pregiudizialmente contrario alla celebrazione della messa in latino: nella Chiesa ci deve essere posto per tutte le sensibilità. La messa in italiano non è, come sostengono i cattolici tradizionalisti, la rottura dell’universalismo della cristianità e la messa in latino ha una grande dignità, specialmente quando viene celebrata dal Santo padre e rivolta ai credenti di ogni parte del modo. Inaccettabile è l’uso strumentale del ritorno al passato, quasi a volere considerare ininfluente il grande e impegnativo magistero del Concilio Vaticano II. ( ma chi tocca il CVII ? L'articolista si studi la Cost.Sacrosantum Concilium. Mai lette tante scorrettezze ... in un Giornale diocesano ! Roba da pazzi ! )
Al termine della celebrazione, forse con l’intento di fugare dubbi e perplessità, il rettore don Gallo, ritiene di dovere fare un breve commento, riaffermando, non senza qualche
contorcimento verbale, ( ma che gentilezza nei confronti di un Sacerdote ! N.D.R.) che quello di oggi è stato solo un esperimento e mettendo in luce pregi e limiti dei due riti, in italiano e in latino: più comprensibile e partecipato il primo, più concentrato e misterioso il secondo. Sic stantibus rebus, che bisogno c’era di scomodare ( ma quanto da fastidio al signor Mangiavillano la mite iniziativa liturgica ... quanto lo infastidisce ... non è mica obbligato ad andare ... ci sono tante chiese ... Sta lottando contro i mulini a vento ! N.D.R.)  S. Pio V oggi, domenica 30 gennaio 2011 a S. Anna al Ricovero?