ANCON DORICA CIVITAS FIDEI 
ANCONA CITTA’ DELLA FEDE 
DAL LIBRO : 
" LA VERIDICITA’ STORICA DELLA MIRACOLOSA TRASLAZIONE 
DELLA SANTA CASA DI NAZARETH A LORETO "
del Prof. Giorgio Nicolini 
IL SASSO DI SANTO STEFANO 
Proprio Ancona fu tra le primissime città al mondo a ricevere l’annuncio della Fede Cristiana, 
proprio “immediatamente” “dopo” la stessa Morte in Croce e Risurrezione di Cristo. 
Da Ancona, infatti, si diffuse il cristianesimo nell’Italia Centrale, a motivo soprattutto di una “miracolosa reliquia” (tutt’oggi esistente) di un “sasso che colpì il protomartire Santo Stefano” (cfr. At.7,54-60) e che fu portato in Ancona da un marinaio ebreo ed ivi lasciato in obbedienza ad “una rivelazione divina ricevuta” (“una rivelazione divina ha voluto che fosse lasciato in Ancona!...) e che veniva conservato in un Santuario risalente all’epoca costantiniana e divenuto celebre in tutto il Mediterraneo per i miracoli che vi avvenivano. 
La documentazione più antica sulla presenza di un Santuario di Santo Stefano in Ancona è fornita da Sant’Agostino ed appartiene alle omelie che egli recitò nella Cattedrale di Ippona, nella prima metà del secolo V. E’ importantissima non solo sotto l’aspetto religioso, ma anche nei riguardi della vita civica di Ancona, perché attesta che la città era conosciuta, in quei tempi, per tutto il Mediterraneo. 
Nell’Opera Omnia di Sant’Agostino è riportata una relazione compilata da un certo Paolo, che aveva peregrinato per i Santuari più famosi del tempo per impetrare la sua guarigione e quella dei suoi fratelli e sorelle. 
Egli ricorda, in tale relazione, che dopo essere stato a San Lorenzo presso Ravenna, dove guarì il maggiore tra i fratelli, diresse i suoi passi in Ancona, che era illustre per i miracoli al di sopra degli altri luoghi di culto: “…Sed ut de ceteris celeberrimis sanctorum locis taceam, etiam ad Anconam, Italiae civitatem ubi per gloriosissimum Martyrem Stephanum multa miracula Dominus operatur, eadem circuitione perveni”. 
Dopo la lettura della relazione, nella Cattedrale di Ippona, Sant’Agostino tiene la sua omelia e, dopo aver ammonito i genitori a non maledire i figli - Paolo ed i suoi fratelli, infatti, si erano ammalati dopo essere stati maledetti dalla madre - spiega i motivi della notorietà del Santuario di Ancona, indicando anche come esso ebbe origine. 
Questo il testo (in una traduzione dal latino): “Sanno molti quanti miracoli avvengono in questa città (Ancona) per l’intercessione del beatissimo Stefano. Ma ascoltate ciò che vi farà stupire: colà vi era una memoria antica ed ancora vi è (ed ancor oggi, nel 2005!) . 
Ma se, per caso, mi si dice: se ancora il corpo (di Santo Stefano) non era stato trovato, come poteva esservi una memoria? Ne mancherebbe il motivo. Ma ciò che la fama ci ha fatto conoscere, non lo tacerò alla vostra carità. Quando lapidavano Santo Stefano (cfr. Atti 7,54-60), vi erano intorno anche innocenti e soprattutto quelli che già credevano in Cristo: dicono che un sasso lo colpì su un gomito (= “ankon”) e, rimbalzando, cadde davanti ad un certo uomo pio. 
Questi lo prese e lo conservò. Costui era un navigante e quando a causa dei suoi viaggi toccò il porto di Ancona (= “gomito”), gli fu rivelato che ivi doveva lasciare il sasso. 
Egli obbedì alla rivelazione e fece quanto gli era stato ordinato: da quel momento cominciò ad esservi la Memoria di Santo Stefano e si diceva che vi era un braccio di Santo Stefano, non conoscendosi esattamente di ciò che si trattava”. 
In Ancona, dunque (cioè, come a dire, nella città di “Gomito”), vi fu portato 
un sasso che colpì proprio “il gomito” del “braccio” di Santo Stefano… Per “volontà e rivelazione divina” fu lasciato in Ancona (cioè, in “Gomito”, che richiama nella sua configurazione geografica come un braccio materno ripiegato a gomito), ove vi fu costruito un Santuario divenuto “illustre per i miracoli al di sopra degli altri luoghi di culto”; dunque, all’epoca, forse al di sopra di Roma stessa! da essere conosciuto anche in Africa! e da farvi confluire pellegrini da tutto il Mediterraneo… 
Quante “coincidenze” “misteriose”!… Ma nei “piani di Dio” sono forse “coincidenze” “senza un significato”?… Quante riflessioni si potrebbero fare!!!… 
Non per nulla nello stemma comunale del Comune di Ancona è riportato ancora oggi: “Ancon Dorica Civitas Fidei”, “Ancona dorica città della fede”! 
Saranno degni gli anconitani del Terzo Millennio delle proprie millenarie “radici cristiane”, della fede ricevuta dai propri “gloriosi” e “santi” antenati, e dei tanti “doni” e “privilegi” ricevuti da Dio?… elargiti per un “piano di salvezza” “nella storia” del “futuro”?... “doni” davvero “unici”, al punto da essere stata identificata (con il suo stesso stemma comunale) come “Città della Fede”?… 
SAN CIRIACO 
Vescovo e Martire 
Patrono di Ancona 
Fece ritrovare la Croce di Gesù sul Monte Calvario 
Del Vescovo Ciriaco si conosce qualche notizia e precisamente la data della morte, avvenuta il 4 maggio del 363, a seguito del martirio sopportato nell'anno secondo dell'imperatore Giuliano detto l'Apostata. L'attribuzione della Cattedra Anconitana a San Ciriaco è fondata sulla costante tradizione e sulla mancata rivendicazione da parte di altre Chiese Orientali od Occidentali; più certa è la sua dignità vescovile, affermata, oltre che dai martirologi e dagli Atti anche da un testo della prima metà del sec.VI, in cui è riconosciuto come pastore ottimo di popoli cristiani. 
Testo che era conosciuto a Costantinopoli ed usato nella liturgia del Venerdì Santo o in quella della festa della Croce che si celebrava nella Quaresima, composto da Romano il Melode, diacono della stessa Chiesa. 
San Ciriaco era un rabbino ebreo, che si convertì al cristianesimo quando, facendo ritrovare a Sant'Elena, madre dell'imperatore Costantino, la croce di Gesù sepolta sul Calvario, avvenne il miracolo della risurrezione di un morto adagiato sulla croce di Gesù da Sant'Elena, che chiedeva al Signore quale delle tre croci ritrovate fosse quella di Gesù (le altre due erano dei due ladroni). 
Appena convertitosi, probabilmente per sottrarsi all'ostilità dei suoi vecchi correligionari, Giuda, assunto il nome di Ciriaco in occasione del battesimo, avrebbe abbandonato la Palestina per stabilirsi in Italia, approdando finalmente ad Ancona. 
Qui fu eletto vescovo, in un'epoca di straordinaria fioritura del cristianesimo, da poco uscito dalla clandestinità con l'editto di Milano. 
Dopo un lungo episcopato, Ciriaco, carico di meriti, volle compiere un ultimo pellegrinaggio nella Terrasanta, per rivedere il paese di Gesù e della sua stessa giovinezza. 
Qui lo avrebbe atteso la spada dell'ultimo persecutore romano, Giuliano l'Apostata, e il santo vegliando colse la palma del martirio il 4 maggio del 363. 
San Ciriaco morì a Gerusalemme dove si era recato per visitare i Luoghi Santi. 
Si cercò prima di convincerlo ad aderire al paganesimo; di fronte alla sua costanza nella Fede si tentò di piegarlo inutilmente con diversi tormenti, sino a versargli piombo fuso in bocca ed essendo a questi sopravvissuto, ebbe la morte percuotendo il suo capo con un ferro, forse una roncola, procurandogli una frattura cranica. 
Questi tormenti sono stati accertati dagli esami radiologici e chimici eseguiti nella ricognizione delle spoglie, avvenuta nel 1979. 
Con San Ciriaco furono martirizzati la madre, Anna, e un incantatore di serpenti, Ammonio. 
La salma del Martire fu sepolta a Gerusalemme, in una grotta del Monte Calvario; fu traslata in Ancona, probabilmente nel 433 o 435, a cura e per interessamento di Galla Placidia in sostituzione delle reliquie di Santo Stefano – richieste dagli anconitani - e deposta nella Chiesa che la stessa Augusta aveva fatto erigere in onore del Protomartire, la seconda con questo titolo. In questa basilica rimase sino al Mille, quando, in occasione della donazione alla Chiesa Anconitana della basilica palatina di San Lorenzo, che era nel recinto dell'acropoli, vi fu traslato unitamente alla Cattedra ed in questa Chiesa, oggi intitolata a San Ciriaco, ancora riposa. 
Il corpo di San Ciriaco è incorrotto da 1700 anni. 
IL MARTIRIO DI SAN CIRIACO 
Comincia
 la storia e la passione del Santo Ciriaco, Vescovo e Martire, Celeste 
Patrono della Città di Ancona, ricostruita da Francesco Scalamonti, 
Giacomo Gualtieruzzi e Giacomo Marchetti, scrupolosissimi curatori. Anno
 1550. 
Dopo la fine del beato 
Costantino Imperatore, l’empio Giuliano, succedendo nel regno, subito 
andò in guerra contro i Persiani. Ma poiché aveva udito la fama del 
Santo Ciriaco, si recò nella Santa città di Gerusalemme, e lo fece 
cercare assieme a sua Madre Anna e ordinò che essi fossero portati 
dinnanzi a lui, dicendo: “Ricchezze offro a voi, e grande onore. Datemi 
dunque ascolto e sacrificate al grande Dio Giove”. 
Il
 Santo Ciriaco Vescovo rispose: “Io invece sacrifico al grande Dio mio 
Gesù Cristo, Re di tutti i secoli, e anzi offro ogni giorno vittime 
incontaminate e sacrifici”. 
Giuliano disse: “Anch’io molto praticai 
siffatte vanità, e non mi giovarono affatto”. 
Il Santo Ciriaco Patriarca
 rispose: “Bene hai detto che non ti giovarono affatto: perché, pur 
essendo tu a parte delle Divine Scritture, avendo conoscenza di tutte 
loro, le disprezzasti, e trascurasti gli scritti divini. E tuttavia, 
benché tu ne fossi indegno, Dio misericordioso ti concesse di diventare 
re: ma tu non solo esercitasti empiamente que-sto potere, divenendo col 
tempo crudelmente apostata verso la divinità, ma anche prendesti a 
perseguitare coloro che praticano la devozione. Pertanto, presto ti sarà
 tolta l’empia superbia dell’anima tua”. 
Irato
 allora Giuliano, ordinò che gli fosse tagliata la mano destra, dicendo:
 “Con questa mano, molte volte, scrivendo lettere, molti hai distolto 
dai sacrifici agli Dei”. 
Il Santo Ciriaco rispose: “Ma tu non sai, 
insensato, quale favore mi ha fatto! Io invece non lo ignoro, poiché 
prima di conoscere il vero Signore Gesù Cristo, io ero uno che scriveva 
alla sinagoga dei Giudei, che nessuno credesse in Cristo. Tagliando via 
la vergogna del mio corpo, tu mi hai procurato la vita eterna, e per 
questo io disprezzo i tuoi tormenti, per sfuggire al fuoco eterno e 
all’ira che verrà”. 
Giuliano disse: “Se veramente tu non temi il fuoco, 
lo giudicherò da come sopporterai i tormenti, così da consumare non solo
 il corpo tuo, ma anche l’anima”. 
Quindi
 ordinò il crudele tiranno, l’empio Giuliano, di far fondere piombo in 
un bacile, e che venisse fatto distendere il beato Ciriaco Vescovo, e 
che con una tenaglia di ferro venisse tenuta aperta la sua bocca, e che 
gli venisse versato dentro il piombo, così da fargli ardere le viscere. 
Ma il Santo Ciriaco, subendo tanto crudele e scellerata pena, restando 
in silenzio, guardava il cielo. 
Ed essendo trascorse due ore, e pensando
 tutti che il beato Ciriaco fosse ormai morto, ecco che invece egli levò
 alta la sua voce, e disse forte: “Cristo, luce eterna, inestinguibile 
splendore, riscatto dei peccatori, che riconduci gli erranti sulla retta
 via, e Signore, che condannasti con sentenza gli avversari dei tuoi 
amici, e per coloro che patiscono la tempesta sei porto tranquillo, 
manda quaggiù Michele, Arcangelo della tua Luce, e liberami da costui 
che è veramente operatore malvagio, perché non abbia ragione di me la 
sua superbia, e invece dammi forza con l’esempio della tua 
sopportazione, perché tu sei colui che è glorificato nei secoli dei 
secoli, amen”. 
E come il Santo 
Ciriaco ebbe compiuto la sua preghiera, Giuliano disse: “Nessuno che mi 
abbia contraddetto uscì vivo dalle mie mani, a meno che non mi abbia 
dato ascolto ed abbia sacrificato. Però, per riguardo alla tua folle 
ostinazione non ho fatto mettere una statua; basta che tu sacrifichi, 
senza che nessuno veda, e di’ soltanto: ‘Un grande Dio è Giove’”. 
Il 
Santo Ciriaco rispose: “Io ho riposto la mia fede in colui che è il vero
 Dio, che ti farà precipitare da questa tua superbia”. 
Allora
 adirato Giuliano fece portare un graticcio di rame a maglie fitte, e su
 di esso fece distendere il Santo Ciriaco Vescovo, e sotto fece mettere 
carboni ardenti, e lo fece spalmare di sale e di grasso [e da sopra a 
battere con le verghe], così che il suo ventre e le sue viscere 
venissero completamente arrostiti. Allora il beatissimo Ciriaco, facendo
 sentire alta la sua voce, diceva in lingua ebraica: “Vieni, Signore, in
 questa prova, e allontana da me la moltitudine dei dolori: ecco infatti
 che per il nome santo tuo, io patisco queste pene”. 
Mentre
 dunque tali cose diceva il beato Ciriaco, si stupiva il tiranno per la 
sua eccezionale resistenza, e ordinò di tenerlo rinchiuso in una certa 
dimora, per avere tempo di pensare, di quale morte farlo perire. Essendo
 quindi trascorsi due giorni, la beata Anna, madre del Santo Ciriaco, si
 recò da lui e gli disse: “Bene hai lottato, figlio mio, per il nome del
 Signore nostro Gesù Cristo. Ricordati anche del defunto padre tuo 
Simone, che è morto nella fede giudaica: riscatta, figlio, i peccati dei
 padri tuoi, divenendo martire assieme al Protomartire Stefano, fratello
 tuo; ricordati anche di me, la madre tua, che ti ho generato: nel 
giorno di domani, figlio mio, a questa ora, si compirà la tua vicenda e 
tu sarai posto nella gloria beata”. E così avvenne. 
Le
 guardie riferirono di lei a Giuliano, ed egli la fece condurre davanti a
 sé, e dice: “Anna, ti sei decisa a sacrificare, perché almeno tu viva? 
L’insensato figlio tuo, invece, ha preferito morire”. Ma Anna rispose: 
“Bramando piuttosto la vita celeste, egli non sacrificò ai demoni, dato 
che questa vita è cosa effimera”. Giuliano disse: “Insomma, cosa vuoi 
dire? Neanche tu vuoi sacrificare e vivere?”. 
Anna rispose: “Principe di
 ogni iniquità, senza Dio, e disumanissimo, non mi toccano le tue 
parole: perché, se il Signore nostro Gesù Cristo versò per noi il suo 
proprio sangue, per riscattare il mondo da ogni iniquità, quanto più 
dunque siamo tenuto noi peccatori a morire per lui?”. 
Irato allora il 
tiranno empio Giuliano, ordinò che venisse appesa per i capelli e 
torturata con gli uncini. Quando ormai erano quasi tre ore che veniva 
così torturata, e straziata in ogni modo, Giuliano disse: “E allora 
Anna, ti hanno rimesso bene a posto, gli uncini?”. Anna rispose: 
“Stupido cane, e operatore di ogni iniquità, come hai potuto non capire 
che io non ho sentito affatto dolore? Sù, se hai maggiori tormenti, 
adoperali: tanto io sono preparata a combattere contro il padre tuo il 
Diavolo, che spero di sconfiggere con le mie forze, avendo come 
soccorritore Dio, a confortarmi”. 
L’empio Giuliano, di fronte a queste 
parole, ordinò di porre sui suoi fianchi grandi fiaccole dalla fiamma 
ardente. Ma la beata Anna subito disse, levando alta la sua voce: 
“Signore, ascolta me peccatrice, fa’ che io entri nel tuo talamo, 
assieme al Santo Ciriaco figlio mio”. E così dicendo, la beatissima Anna
 spirò. 
Fattala portare in altro 
luogo, Giuliano ordinò che gli fosse condotto il Santo Ciriaco, il quale
 aveva il volto ancora sereno; per cui, stupitosi dal suo aspetto, dice:
 “Con incantesimi tu ci hai raggirato, non sentendo dolore; e però, se 
non vuoi sacrificare, di’: ‘Io non sono Cristiano’ “. 
Il Santo Ciriaco 
rispose: “Tu sei caduto, allontanandoti dalla verità, e vuoi indurre in 
errore anche me; ma non te ne sarà data la possibilità, di poter mai 
prevalere: io sono infatti certo che di qui a non molti giorni tu sarai 
percosso da un colpo celeste, quando, muovendo contro i Persiani, non 
proseguirai più nel tuo cammino, perché tu hai suscitato la collera del 
Dio vivo”. Il beato Ciriaco rispose a Giuliano: “Io sacrifico al Re mio 
Gesù Cristo e a Dio; ai demoni non offro incenso; ogni giorno offro a 
lui un sacrificio di lode, e immacolato”. 
Subito
 allora Giuliano ordinò di scavare una fossa profonda, e chiamò 
moltissimi incantatori di serpenti, perché, mostrandone un infinito 
numero, mettessero i più feroci, e quelli velenosi e i più pericolosi 
nella fossa, e in mezzo ad essi il Santo Ciriaco Vescovo, che pregava 
rivolto al Signore e diceva: “Fammi ora, Signore, questo dono del tuo 
affetto: che si plachino questi serpenti feroci, perché non dica il mio 
nemico: ‘Ho prevalso su di lui’ “. 
E così dicendo, il Santo Ciriaco fu 
messo nella fossa: e allora i serpenti, percossi da mano angelica, 
restarono morti. 
E allora il beato Ciriaco diceva esultante: “Ora so per
 certo, Signore, che dai tuoi servi tu non ti allontani mai: ‘ecco 
infatti che io camminerò sopra le aspidi, e calpesterò il Leone ed il 
Dragone’”. Mentre subito il beato Ciriaco usciva dalla fossa, Giuliano 
ordinò che le bestie feroci venissero bruciate. E allora Ammonio, il più
 autorevole degli incantatori, credendo in Cristo, fu condannato alla 
decapitazione, e mentre vi veniva sottoposto, protese il collo dicendo: 
“Signore Gesù Cristo di Ciriaco Vescovo, accogli in pace lo spirito 
mio”. 
E concluse la vita nel Signore. 
Poco
 dopo, chiamando il Santo Ciriaco, l’empio Giuliano gli disse: “Basta 
che tu rinneghi il Crocifisso, e ti lascio andare subito”. Il Santo 
Ciriaco rispose: “O corpo perverso, essere che ha perduto i sentimenti! 
Tu mi esorti a rinnegare il mio Dio, perché io diventi simile a te, 
empio ed iniquo?”. 
Irato il Tiranno 
ordinò di riempire d’olio una grande pentola, e di farla scaldare: così 
bollente addirittura divenne la pentola, che i servi del diavolo che le 
stavano accanto non potevano sopportarne le vampate. Allora ordinò di 
metterlo nella pentola; ma mentre i carnefici si avvicinavano, disse 
loro il beato Ciriaco: “Figlioli miei allontanatevi, figli miei 
allontanatevi perché nessuno di voi resti bruciato dalle vampe; entrerò 
da me, da solo”. 
E facendosi in fronte il segno della Santa Croce, entrò
 nella pentola, pregando e dicendo: “Signore Gesù Cristo, che 
santificasti il Giordano, e il precursore tuo Giovanni empisti di 
saggezza, e mi donasti il battesimo dell’acqua di vita eterna: ebbene, 
che ora io sia battezzato per virtù tua nell’olio; ed ho già il terzo 
battesimo, quello di sangue, a compimento del martirio, che aspetto da 
te da molto tempo”. 
E avendo egli 
detto queste cose in faccia al tiranno Giuliano, questi, pieno di 
furore, ordinò di colpirlo al petto. E dopo essere stato colpito, il 
Beato Ciriaco emise una voce, invocando il suo Signore Cristo re, e 
chiedendogli di poter rapidamente lasciare questo mondo. 
E così finì, 
nel Signore, dopo aver combattuto buona battaglia; fu assunto in gloria 
nel giorno di sabato, all’ora ottava, cioè il quattro di Maggio. 
E
 subito dopo, quell’imperatore Giuliano, proseguendo nel suo cammino, 
rese Giovanni e Paolo martiri di Cristo andando in Persia, dove, 
sconfitto in guerra, viene tenuto prigioniero dal Re dei Persiani, vivo,
 ma spellato dalla punta del capo fino alle unghie dei piedi, e la sua 
pelle fu tinta di rosso, e su di lui esultarono sette Re dei Persiani, 
per aver avuto pace. 
Dopo di ciò la carne del suo corpo fu portata a 
Costantinopoli, e ne fu sepolta fuori, come esempio per i malfattori: da
 essa continuano a scaturire fino ad oggi, pece e zolfo, secondo la 
profezia del Beatissimo Ciriaco. 
Il 
corpo del Santissimo Ciriaco fu invece sepolto ai piedi del monte 
Calvario, là dove egli aveva trovato la Croce di Cristo, da uomini 
timorati, i quali lo cosparsero di aromi e gli resero onori con inni e 
lodi. Ed ivi il suo sepolcro è tenuto in massimo rispetto dagli abitanti
 di quel luogo, a lode e gloria del Signore nostro Gesù Cristo, al quale
 spettano onore e gloria per i secoli dei secoli. Amen. 
Per
 mandato del Reverendissimo Padre in Cristo, Pasquale da Varese, 
Ministro generale dell’Ordine dei Minori, io sottoscritto Segretario 
Generale ho visto e controllato che gli atti qui dietro scritti, ovvero 
“Storia e Passione del Santo Ciriaco Vescovo e Martire, celeste Patrono 
della Città di Ancona”, in tutto e parola per parola corrispondono al 
loro originale, che si trova conservato a Roma, nella Biblioteca 
Vallicelliana, e dal quale è stata fedelmente ed esattamente trascritta 
la qui presente “Storia e Passione ecc.”. Che così sia io attesto, e 
questa mia attestazione della veridicità della cosa ho garantito col 
piccolo sigillo del mio ufficio. 
Per il Sigillo 
Roma, Ara Coeli, 16 aprile 1787 
Frate Giovanni Antonio, Notaio Papale e Segretario Generale dell’ Ordine 
I
 quali Atti, ovvero storia ecc., io, Canonico Vincenzo Baroni, 
Penitenziere della Cattedrale di San Ciriaco, trascrissi in Ancona di 
mia propria mano dalla medesima copia autentica, presso il Signor 
Camillo Albertini, e con essa, fatto il riscontro parola per parola, 
quest’ultima copia concorda perfettamente ecc. Così è. 
Il suddetto Canonico Vincenzo Baroni ecc.
LEGGERE 
QUI LA STORIA DELLA CHIESA DI ANCONA di cui è Patrono San Ciriaco 
TUTTA LA DOCUMENTAZIONE STORICA DELLA VITA, DEL MARTIRIO E DELLE RICOGNIZIONI SCIENTIFICHE ESEGUITE RECENTEMENTE SUL SUO CORPO (INCORROTTO DA 1700 ANNI) E' PUBBLICATA IN UN LIBRO.