domenica 18 ottobre 2015

Giovanni Paolo II:canonizzato e archiviato perchè "scomodo". Nella "logica"modernista

Vien proprio da chiederselo, seriamente; devono essere i laici a richiamare all'ordine i preti?
Per molti di questo tipo di preti, infiltrati e frutto delle più bieche manovre progressiste/moderniste, è chiaro ed urgente lo smantellamento della Dottrina Cattolica e dei  Sacramenti del Matrimonio e dell' Eucaristia.
Poi si passera' rapidamente all'Ordine Sacro.lla Confessione e passo, dopo passo all' Estrema Unzione e la Cresima.
Restera' il Battesimo, come per i protestanti.
Esattamente come i protestanti.
Poi non ci saranno più fedeli, ma a loro, vista l'eta', non importa. Sara' un problema per i loro eventuali successori.
Tutto ciò pare inverosimile e pazzesco! 
Purtroppo nella classe sacerdotale ci sono, abilmente imbucati, molti astuti imbonitori, politicanti, ammanigliati al mondo ed al suo nefasto principe.
E' proprio vero che "quando il pastore si trasforma in lupo, tocca anzitutto al gregge di difendersi", come affermava dom Prosper Guéranger nella sua opera "L'annéè liturgique".
Ma come fare senza tradire il nostro costitutivo DNA Cattolico che dell'obbedienza umile ai Pastori Consacrati ne fa santa ragione di fede ?
Il Cattolico sarà sempre lacerato in ogni sua fibra vitale da questo dilemma straziante.
Gli Inglesi crudelissimamente martirizzati sotto Enrico VIII e i suoi successori almeno furono "esonerati" da questo dilemma : essi dovettero scegliere fra la fedeltà al Papa oppure al potere politico portatore di scisma, di eresia e di inaudita violenza. 

Cum et sub Petro. 

 

CANONIZZARE UN PAPA E  GETTARNE AL MACERO IL MAGISTERO

 INSIEME A QUELLO DEGLI ALTI PAPI, PADRI DELLA CHIESA INCLUSI?




dall'Encilica di san Giovanni Paolo II Ecclesia de Eucharistia, 17 aprile, Giovedì Santo, dell'anno 2003, Anno del Rosario.

[...] 36. La comunione invisibile, pur essendo per sua natura sempre in crescita, suppone la vita di grazia, per mezzo della quale si è resi «partecipi della natura divina» (2 Pt 1,4), e la pratica delle virtù della fede, della speranza e della carità. Solo così infatti si ha vera comunione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Non basta la fede, ma occorre perseverare nella grazia santificante e nella carità, rimanendo in seno alla Chiesa col «corpo» e col «cuore»; occorre cioè, per dirla con le parole di san Paolo, «la fede che opera per mezzo della carità» (Gal 5,6).


L'integrità dei vincoli invisibili è un preciso dovere morale del cristiano che vuole partecipare pienamente all'Eucaristia comunicando al corpo e al sangue di Cristo. 
A questo dovere lo richiama lo stesso Apostolo con l'ammonizione: «Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice» (1 Cor 11,28). San Giovanni Crisostomo, con la forza della sua eloquenza, esortava i fedeli:«Anch'io alzo la voce, supplico, prego e scongiuro di non accostarci a questa sacra Mensa con una coscienza macchiata e corrotta. Un tale accostamento, infatti, non potrà mai chiamarsi comunione, anche se tocchiamo mille volte il corpo del Signore, ma condanna, tormento e aumento di castighi».

In questa linea giustamente il Catechismo della Chiesa Cattolica stabilisce: «Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla comunione».  
Desidero quindi ribadire che vige e vigerà sempre nella Chiesa la norma con cui il Concilio di Trento ha concretizzato la severa ammonizione dell'apostolo Paolo affermando che, al fine di una degna ricezione dell'Eucaristia, «si deve premettere la confessione dei peccati, quando uno è conscio di peccato mortale».

37. L'Eucaristia e la Penitenza sono due sacramenti strettamente legati. Se l'Eucaristia rende presente il Sacrificio redentore della Croce perpetuandolo sacramentalmente, ciò significa che da essa deriva un'esigenza continua di conversione, di risposta personale all'esortazione che san Paolo rivolgeva ai cristiani di Corinto: «Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio» (2 Cor 5,20). Se poi il cristiano ha sulla coscienza il peso di un peccato grave, allora l'itinerario di penitenza attraverso il sacramento della Riconciliazione diventa via obbligata per accedere alla piena partecipazione al Sacrificio eucaristico. 

Il giudizio sullo stato di grazia, ovviamente, spetta soltanto all'interessato, trattandosi di una valutazione di coscienza.  
Nei casi però di un comportamento esterno gravemente, manifestamente e stabilmente contrario alla norma morale, la Chiesa, nella sua cura pastorale del buon ordine comunitario e per il rispetto del Sacramento, non può non sentirsi chiamata in causa. 
A questa situazione di manifesta indisposizione morale fa riferimento la norma del Codice di Diritto Canonico sulla non ammissione alla comunione eucaristica di quanti «ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto». [...]