Caro fratello nella Fede,
quando la sera del recente 13 marzo, si presentò per la prima volta, sulla loggia della basilica di san Pietro, Jorge Mario Bergoglio, annunciato come “Papa Francesco”, in semplice abito piano e senza le insegne del suo ufficio (oggi si chiamerebbe “servizio”, ma è la stessa cosa), salutando con un borghese “ buona sera ” i milioni di persone che attendevano la sua apparizione, e definendosi come “vescovo di Roma” (lo so che il vescovo di Roma, in quanto successore del principe degli apostoli, è il Sommo Pontefice della Chiesa universale e Vicario di Gesù Cristo, ma oggi questa verità di Fede, o almeno questa conoscenza, non è così pacificamente accettata), sentii come una fitta dolorosa nel mio stomaco.
E dire che l’attesa era stata commovente, come mai.
Avevo partecipato, undicenne, alla prima benedizione del beato Giovanni XXIII; mosso dalla curiosità consapevole dei quindicenni, vidi l’appena eletto servo di Dio Paolo VI, presentarsi come Papa sulla “loggia” più famosa del mondo.
Con più partecipe trepidazione vissi l’elezione di Giovanni Paolo I.
Con gioia ascoltai l’allora diventato desueto “sia lodato Gesù Cristo”, pronunciato dal neo sommo Pontefice Giovanni Paolo II, che con la sua simpatia mandò subito in visibilio la piazza.
Finalmente il 5 aprile del 2005, mi sembrò un vero “miracolo” l’elezione di Benedetto XVI, considerato persino nel mio moderatissimo e conformista ambiente conventuale, “troppo conservatore”.
Eppure mai avevo sentito la folla accorsa in piazza san Pietro all’annuncio della “fumata bianca”, così coinvolta, trepidante, gioiosa, esprimente più la Fede che la pur legittima curiosità, come la sera del 13 marzo c.a.
Anch’io, virtualmente presente attraverso l’alta definizione, che i moderni televisori ormai ci consentono, ero contagiato da tanto spontaneo entusiasmo, mai ricordato nelle altre attese dei Sommi Pontefici neo eletti; e mi consolavo al sentire questa ritrovata entusiastica attenzione e, in qualche caso “devozione”, verso la figura del Papa.
Eppure a Papa Bergoglio bastarono pochi minuti, per istallare dentro di me il timore e l’amarezza di un profondo disincanto.
La realtà superava ancora una volta la fantasia più progressista (“mellonista”, per gli addetti ai lavori) che , da decenni ormai, auspicava un papa di nome Francesco (1) per sovvertire le vetuste istituzioni ecclesiastiche e trasformare finalmente la monarchica e gerarchica “Una e Santa”, in una democrazia a direzione collegiale, nella quale il vescovo romano non avrebbe fatto altro che “presiedere” la Chiesa, non con un potere “ordinario, supremo, pieno e immediato, di magistero, governo e giurisdizione”, ma in una non precisata, anche se di origine patristica, “carità”.
Nella stessa manciata di minuti, “Papa Bergoglio”, aveva distrutto quel poco che Benedetto XVI aveva, in otto anni di governo, umilmente e timidamente costruito a livello di segni e di contenuti . . .( da ultimo, dopo aver dato mille spiegazioni, “aveva osato” indossare, “persino” l’esclusivo fanone).
E qui chiariamo per l’ennesima volta , e con malcelato nervosismo, che il nostro problema non riguarda tiare, rocchetti, mozzette, scarpe rosse e fanoni (i famosi “pizzi e merletti”, a cui tanta importanza danno i progressisti: perché altrimenti si inviperiscono così rancorosamente quando ne parlano ?); ma , caso mai, ciò che questi, sempre inadeguati segni ,“indicano” e significano, cioè i supremi poteri di Pietro, o altri misteri sacramentali, che esistono comunque, anche se non manifestati con simboli esterni, o addirittura non creduti dal Titolare - o dai titolari - (2).
E, tanto per sottolineare, La nostra battaglia è per la Fede, per la difesa dei suoi ”dogmi”, a cominciare da quello della Trinità Santissima, della Incarnazione, della Redenzione vicaria, dell’unicità della Chiesa visibile e della sua necessità ad appartenevi per essere salvati, del Santo Sacrificio della Messa, della Presenza Reale di Nostro Signore nella santissima Eucaristia, dall’impegno morale che scaturisce coerentemente da queste realtà ecc. ecc. ecc. Tutte verità “sostanziali”, per le quali, ci è stato insegnato (almeno a quelli di noi che sono più vecchi), dobbiamo essere pronti a dare la vita.
Questa è la battaglia dei tradizionisti.
Se poi qualcuno di noi si ferma al dito ( i famosi “pizzi e merletti”? Ma che palla!) che indica la luna (la sostanza) invece di guardare la luna . . . pazienza!
Gli sciocchi esistono ovunque!
E dunque ritorniamo a bomba.
L’esordio di questo papato (anche se è prematuro ogni giudizio che non sia, come questo mio, epidermico) non è tale da rendere tranquilli noi tradizionisti (ma è un etichetta che uso per comodità, mi piacerebbe, ove fosse possibile utilizzare solo il termine “cattolici”).
Da circa cinquant’anni ci (= mi ) sembra di vivere in una “nazione” (fuori metafora: la Chiesa Cattolica) occupata prepotentemente dal nemico ( = gli ecclesiastici modernisti, che siano o no consapevoli di essere portatori di questo virus).
Ma il Sovrano di questa nazione (il Papa), anche se abbastanza “umiliato” nell’obbedienza e riverenza a lui dovute e nell’abolizione di troppe, sue, venerabili insegne, era riconoscibile come tale.
Alla sua suprema e inappellabile potestà potevamo “immediatamente” rivolgerci, e dalle sue insindacabili leggi e decisioni essere confortati (vedi motu proprio “Summorum Pontificum”).
Adesso “sembra” (ho scritto “sembra”) che anche questa certezza si stia “obnubilando” (3) e che vassalli, valvassini e valvassori possano (ho scritto “possano”) essere chiamati dal Sovrano a compiti non solo di consiglio, ma di governo collegiale.
E sappiamo in quale considerazione la stragrande maggioranza dei cardinali, vescovi e teologi, tengano la Tradizione!
L’applicazione del motu proprio “Summorum Pontificum” docet.
Per non entrare nell’argomento “ribellione” (da parte del potere mediatico , e non mediatico, mondialista) e “silenziosa sedizione”, quando non di apostasia, da parte del potere mediatico e non mediatico clericalista, alle decisioni “restauratrici”, mitissime, e , spesso, appena suggerite (come la riscacralizzazione della liturgia, la centralità della croce nella celebrazione della Messa e la ricezione della comunione in ginocchio e sulla lingua) di Benedetto XVI.
Che fare allora ?
Anzitutto mantenere la calma.
ll Papa è il Papa.
E Francesco è il Papa!
Legittimo duecentosessantaseiesimo successore dell’apostolo Pietro.
Anche quando sbagliasse, “se” (ho scritto “se”), sbagliasse.
E questo con buona pace dei conservatoristi conciliaristi alla Introvigne o alla padre Cavalcoli.
Il Papa ”può” ( ho scritto “può”), quando intenzionalmente non vuole servirsi della sua prerogativa di infallibilità, oppure non insegna dottrine infallibili per magistero ordinario, errare.
E tuttavia, Lui, e lui solo, è sempre in grado di - per dirla con il grande teologo francescano san Bonaventura - “reparare universa”, perfino nel caso che “omnia destructa fuisset” (4).
I veri cattolici hanno lo stomaco forte: hanno digerito Stefano VI (5). Figuriamoci.
Poi, se qualcuno lo ritenesse necessario, nell’incertezza morale e dottrinale che regna nelle file del cattolicesimo, può (ho scritto “può”) a mio fallibilissimo parere, passare alla “resistenza”, a combattere la buona battaglia della fede, nell’”illegalità apparente”, come ogni buon partigiano, rifugiandosi per es. sulle montagne della Svizzera.
Alludo ai così detti “lefebvriani”, i quali , sempre a mio fallibilissimo parere, non sono né eretici, né scismatici, né scomunicati.
Al massimo potrebbero essere rubricati come “disobbedienti” e “non canonicamente riconosciuti”. Ma essi rispondono, con ragioni molto probabili, sempre a mio fallibilissimo parere, che sono solo “apparentemente” disobbedienti.
Certo, per la validità dei sacramenti, la loro giurisdizione è solo presumibilmente “supplita”.
Ma se per la Chiesa è supplita la giurisdizione dei, certamente scismatici ed eretici, cristiani “ortodossi”, dai quali è canonicamente lecito, in determinati casi, ricevere l’assoluzione sacramentale e anche l’eucaristia, non vedo dove, anche in questo delicatissimo caso, stia il problema.
Finalmente: i “resistenti” lefebvriani, guidano senza patente, e quindi “illegalmente”, ma guidano bene; molti di noi (intendo soprattutto sacerdoti) guidano legittimamente con la patente, ma non guidano bene (parlo anche per me).
Chi arriverà con più sicurezza al traguardo ( = salvezza eterna) ?
Ma c’è anche un’altra opzione.
Quella di coloro che, come il sottoscritto, non hanno il “fisico”, o sono impediti da altri inderogabili impegni, o addirittura dalla loro coscienza ( che non sopporta una separazione, o disobbedienza anche soltanto “apparente”, dal Sommo Pontefice), di passare alla “resistenza attiva” sulle montagne.
Costoro possono passare alla ghandiana “resistenza passiva”; secondo le direttive del Lerinense. Continuando cioè a credere nel loro intimo le verità sempre, ovunque e da tutti credute e insegnate dalla Chiesa, e sinteticamente contenute, per es., nei mirabili catechismi di san Pio X, negli atti del Magistero Dogmatico, ordinario e straordinario, nei libri liturgici antichi e negli scritti dei santi.
E, quando sarà loro possibile, trasmettere ed insegnare questa immutabile Dottrina.
Se sono sacerdoti (come il sottoscritto) e non potranno ricorrere al “Summorum Pontificum”, perché obbligati dalla legittima obbedienza a celebrare con il “novus ordo” bugninino-paolino, faranno questo con la retta intenzione di rendere sacramentalmente presente il Sacrificio della Croce, adeguandosi alle rubriche interpretate tradizionalisticamente (eliminando, per es., le facoltative preghiere dei fedeli, gli abbracci di pace, mettendo la croce al centro dell’altare, ecc.). Quest’ultima scelta, anche se non comporterà la stessa persecuzione riservata ai “partigiani”, non sarà agevole.
Coloro che lo faranno, laici e sacerdoti; conosceranno il fiele della solitudine e dell’emarginazione . . . Ma per amore della Verità che è il Signore Gesù Cristo, la persecuzione, in qualunque forma si manifesti, non è che una forma di beatitudine.
E per finire una “provocazione”.
Se il prossimo Giovedì Santo, Papa Francesco, invece di andare, applauditissimo dal mondo (chissà perché), a lavare i piedi agli ospiti, poniamo, di una comunità di ex tossicodipendenti, si recasse invece a lavarli, ad es., agli ospiti di un istituto sedevacantista (quelli si, che sono “lebbrosi”: per il mondo, per la Chiesa, e per gli stessi tradizionalisti!) con la speranza di farli desistere dalla loro superba cocciutaggine.
Allora sì che applaudirei anch’io, e mi inchinerei , vinto e commosso, a tanta inedita, sublime e vera umiltà-umiliazione.
Pace e bene. Padre ... ( Omesso da noi N.d.R. ) o. f. m. cap.
14 aprile 2013.
Note
(1) La figura di San Francesco, grazie alla universale simpatia che suscita ovunque, è la più deformata, distorta e strumentalizzata dal moderno e modernistico clericalismo.
Egli fu, secondo i suoi biografi, “tutto cattolico e apostolico” e “viva immagine di Gesù Crocifisso”. “Restauratore”, perché povero (soprattutto di “potere”) e umilmente sottomesso obbedientemente, alla “Chiesa Romana”. Rifiutò per umiltà il sacerdozio; figuriamoci se avrebbe osato accettare il sommo pontificato, sia pure con le migliori intenzioni riformistico-pauperistiche.
Mai, nome di pontefice, fu più stridente con la suprema carica di Capo della Chiesa , che quello del poverello di Assisi.
(2) Il Papa, dal momento che accetta canonicamente l’elezione, analogamente al semplice sacerdote dopo la sua ordinazione, è Papa, con tutto quello che comporta.
Anche se non volesse (o non potesse, per ragioni di forza maggiore) esercitare i suoi poteri.
Tanto più quindi se non volesse portare le insegne del suo rango. Tutti capiranno che il problema di cui trattiamo, non è questo.
(3) Il vocabolo “obnubilazione” per indicare lo stato di molte verità della Fede nei nostri giorni, l’ho rubato dall’opera di Romano Amerio: “Iota unum” Ed. Lindau 2009, nella quale sostiene e dimostra egregiamente, come la Fede, in virtù della promessa del Suo Divino Fondatore, non verrà mai meno nella Chiesa Cattolica. In soldoni: a nessun Papa o concilio lo Spirito santo permetterà di “dogmatizzare” un errore o “sdogmatizzare” una verità. Non di meno essa può essere, per colpa dei cristiani di ogni grado, “obnubilata”, rendendo più difficile l’accesso alla Salvezza. L’opera dei Vescovi , e soprattutto del Vescovo dei Vescovi, sostenuta dalla virtù dei fedeli, può “ripareggiare” in ogni momento, quello che sembrava nascosto o “obnubilato”.
(4) Citazione presa dal libro di Brunero Gherardini: “Concilio Ecumenico Vaticano II, Un discorso da fare”, Casa Mariana Ed. 2009, pag. 257.
(5) Il nome di Stefano VI (896 – 897) è legato a una delle pagine più nere della bi millenaria storia del papato. La fazione che ne aveva sostenuto l’elezione, ottenne la convocazione di un sinodo per giudicare, da morto, il suo predecessore Papa Formoso.
Il cadavere del quale, riesumato e rivestito dei sacri paramenti, fu posto su un trono per essere sottoposto a giudizio da un sinodo presieduto da Stefano VI . Papa Formoso, condannato come colpevole, fu scomunicato, spogliato delle vesti papali, gli furono tagliate le tre dita della mano destra benedicente, trascinato per strada e gettato nel Tevere. Fu riabilitato e sepolto in San Pietro, dopo il ritrovamento miracoloso del suo corpo, dal successore di Stefano VI, Papa Teodoro II, il pontificato del quale durò appena 20 giorni (dicembre 879), cfr. Battista Mondin, Dizionario Enciclopedico dei Papi, Città Nuova Ed. 1995, pag. 122.
Queste pagine oscure della storia del Pontificato Romano i cui titolari (anche se, va detto, la maggioranza di essi brillò per santità e anche per martirio), si macchiarono anche di delitti e commisero errori, mai però nel loro insegnamento inequivocabilmente “dogmatico” sulla Fede e sulla morale, dovrebbero confortare coloro, che al di là delle difficili contingenze storiche, sanno vedere la Provvidenza alla guida della storia della Chiesa.
Chi può dire che l’insofferente (alla disciplina), e anche, dicono, autoritario, Francesco, sia la mano che il Signore ha preparato per far quella pulizia da molti invocata, nella Sua Chiesa ?
Piedino “francescano”. Autenticamente francescano.
“. . . Se il Prelato dovesse comandare al suddito qualcosa contro la sua anima, pur non obbedendogli, tuttavia non lo abbandoni. E se per questo dovrà sostenere persecuzione da parte di alcuni, li ami di più per amore di Dio. Infatti chi sostiene la persecuzione piuttosto che volersi separare dai suoi fratelli rimane veramente nella perfetta obbedienza. . .” (San Francesco d’Assisi, Ammonizioni, Fonti Francescane. 149).