Sull'ottimo sito Querculanus abbiamo trovato un interessante Articolo, tradotto in italiano, del liturgista Padre Peter M. J. Stravinskas .
Lo postiamo per intero pur non condividendone appieno alcuni passi.
Piace, nell'ottica dell'ermeneutica della continuità liturgica ed ecclesiale, il concetto del mutuo arricchimento delle due forme del rito latino.
Ha affermato un Monaco Benedettino, che dopo il Motu Proprio Summorum Pontificum riprese a celebrare secondo la forma del ritus antiquior: " La celebrazione della Messa nella forma antica ha fatto migliorare anche il modo con cui celebro la nuova Messa".
Ripetiamo che non tutte le parti dell'Articolo sono condivisibili in toto ma il concetto è interessante perchè interpreta appieno la "pax liturgica" che il Motu Proprio Summorum Pontificum dal 2007 cerca di innestare nel giardino liturgico della Chiesa.
Se vogliamo essere veramente "missionari" della buona Liturgia, insostituibile veicolo di santità personale e comunitaria, dobbiamo riflettere sul concetto basilare di questo Articolo non soffermandoci inutilmente sui particolari, che risulterebbero fuorvianti, ma rimanendo bene ancorati al concetto della preghiera "ad Deum".
Per il bene nostro e di tutta la Sua Santa Chiesa !
AC
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Nota introduttiva del Redattore di Querculanus
Ieri mi sono imbattuto in
questo articolo, che ho trovato estremamente interessante.
Mi sembra un articolo pieno di buon senso e immune da ogni
sorta di prevenzioni ideologiche.
Ritengo che le considerazioni in esso
contenute dimostrino, se ce ne fosse bisogno, che:
a) se è vero che il Novus
Ordo (la “forma ordinaria” del rito romano) può avere dei limiti, certamente
anche il Vetus Ordo (la “forma straordinaria”) non ne è esente;
b) che il Vaticano II vide
giusto quando individuò tali limiti e ne indicò la soluzione;
c) che i Padri conciliari non
avevano intenzione di creare un nuovo rito della Messa, né da sostituire all’antico
né da giustapporre ad esso, ma solo di restaurare l’antico rito (e forse
bisogna ammettere che la successiva riforma andò, in qualche misura, oltre le
indicazioni dei Padri);
d) che la Sacrosanctum
Concilium dovrebbe essere il punto di riferimento per la ricostituzione di
un unico rito romano (obiettivo a cui dovrebbe tendere la cosiddetta “riforma
della riforma”).
Alcuni dei punti qui trattati (specialmente le questioni del lezionario e del calendario),
li avevo già presi in considerazione in un post del 6 marzo 2009.
Ovviamente qui ci troviamo di fronte a uno studio molto piú ampio e completo,
fatto da uno che conosce bene, per esperienza diretta, la forma straordinaria.
Su altri
punti ritengo che si possa tranquillamente discutere (p. es., alcuni aspetti
della forma ordinaria, come la preghiera dei fedeli, prima di essere fatti
propri dalla forma straordinaria, andrebbero radicalmente ripensati nella
stessa forma ordinaria).
In ogni caso, si tratta di un testo utile dal mio
punto di vista per avviare una approfondita riflessione in materia.
Per tutti questi motivi, ho
pensato che l’articolo meritasse una grande diffusione e perciò ne metto a
disposizione dei lettori la traduzione italiana.
Q
COME LA FORMA ORDINARIA DELLA MESSA PUÒ “ARRICCHIRE” LA FORMA STRAORDINARIA
Padre Peter M. J. Stravinskas, The Catholic
World Report, 31 gennaio 2017
Nel 2007, Papa Benedetto XVI
emanò il motu proprio Summorum Pontificum (SP), col quale egli
ampliò il precedente indulto di Papa Giovanni Paolo II riguardante la
celebrazione della Santa Messa secondo il Missale Romanum del
1962.
Nella
lettera accompagnatoria del Papa ai vescovi della Chiesa cattolica, egli
espresse la convinzione che la disponibilità dell’antico rito (da
chiamare ora la “forma straordinaria”) avrebbe permesso che la forma
straordinaria e la
forma “ordinaria” della Messa si “arricchissero a vicenda”.
Sembrerebbe
che il
Pontefice avesse in mente un processo organico, dal quale sarebbe
scaturita una
“nuova e migliorata” forma della Messa romana.
Molti sacerdoti e
liturgisti
hanno individuato vari elementi della forma straordinaria (FS) che
sarebbero
utili per sostenere la “sacralità” della forma ordinaria (FO).