ARMADI GELIDI E CUORI DI CARTAPESTA
Di Padre Pellegrino Santucci :
GLI STRUZZI
( Grafiche Consolini, Bologna, Febbraio 1975. Da pag. 160 a pag.165 )
La verità detta da un imbecille resta la verità di un imbecille. La più grande corbelleria sputata da cattedre prestigiose fa subito notizia e i gonzi la prendono per verità
Per l'ennesima riforma, l'ennesima idiozia!
Ormai anche questo rientra nel costume ecclesiastico del nostro tempo.
E’un vero peccato: ne perde la serietà, ne fa le spese la religione, si turbano le coscienze, i trinariciuti del post-Concilio rischiano di cadere proprio là dove si ritengono sicuri per modernità e progressismo,
L'Osservatore Romano ha pubblicato le direttive e le indicazioni pastorali e liturgiche sulla pratica del Sacramento della Penitenza.
Le ho lette, studiate e, nonostante la mia ormai più che giustificata allergia a certe novità, devo dire che, dopo tutto, mi piacciono.
Peccato che io non le possa attuare nella loro purezza: una precoce e insanabile ipoacusia bilaterale mi ha da tempo sbarrato le porte del confessionale e quello che per me fu fino a ieri una palestra di autentiche battaglie per portare luce alle anime, oggi è solo una tortura: devo rinunziare a ciò che del Sacerdozio — dopo e forse prima dell'Eucarestia -— è la parte più esaltante.
Ma non tutti la pensano così...
E non la pensano così, per somma disgrazia della Chiesa, i lisci monsignorini di una certa dirigenza vaticana sempre in vena di bruciare le cose sante del passato per far posto agli idoli di una nuova mitologia laica, per non dire a volte pagana.
Leggo ( 1 ) che Mons. Gilberto Augustoni. « il prelato » (?!) ( ora Cardinale di S.R.C. n.d.r. ) incaricato dalla Santa Sede di illustrare ai giornalisti il testo della riforma», non ha voluto perdere la ghiotta occasione di squalificarsi come sacerdote e come uomo quando, preso dal gusto sadico della demolizione del passato, non si è vergognato di definire i confessionali « raggelanti armadi ».
D'ora innanzi, secondo l'interpretazione « volutamente e pervicacemente » falsa delle disposizioni della Santa Sede, il confessionale dovrebbe scomparire...
Chi fa dire queste cose a uomini di Chiesa che, come minimo, dovrebbero avere il pudore di non esporsi al ridicolo?
Ma così vuole oggi la tirannia delle mode, tanto più sfacciate quanto più ammantate di progressismo.
Invece, secondo le ultime disposizioni, i «confessionali» non verranno aboliti. Anzi!...
Eppure, come si ostinano questi chierici della menzogna a cambiare le carte in tavola!
Perchè? E’ semplicissimo: per mettere i credenti di fronte al fatto compiuto!
La solita tecnica dei furbi...
È penoso, è triste, è sconfortante, in momenti di paurosa apostasia, condannare un passato di fede, di carità, di sacrificio, di eroismo.
Sì: perchè il confessionale è stato il tribunale di quella misericordia che il Cristo, non quello super-star degli efebi, ma il Cristo Dio e Figlio di Dio ha voluto riversare sugli uomini proprio fra le smagliature di quelle grate dove si è consumata fino all'olocausto la santità di migliaia di sacerdoti che con pazienza e sopportazione certosine hanno raccolto le miserie, le lacrime, le disperazioni e le gioie di miliardi di uomini e da peccatori li hanno fatti buoni e da buoni santi.
Amici lettori, che offesa alla verità, alla Chiesa, alle coscienze, a ciò che di più penetrante ha istituito il cristianesimo per raccogliere nel silenzio e nel più assoluto segreto le pene e spesso, sì spesso, molto spesso i drammi delle anime!
Quanti di noi sacerdoti — sia pure nelle nostre modeste esperienze — non potremmo sciorinare una lunga litania di peccati (dalle bestemmie all'adulterio, dal furto all'omicidio; sì, anche all'omicidio!) dall'aborto a tutte le altre mille perversioni della vita umana, peccati che spesso si coloravano di tinte drammatiche con sottofondi di disperazione tesa fino alla follia suicida?
Quanti di noi ancora, nel quotidiano esercizio del ministero della Confessione, non hanno acceso anime spente, non hanno recato pace ad intere famiglie, non hanno sorretto, incoraggiato tante generazioni di giovani che poi nella vita sono stati i migliori testimoni di un cristianesimo robusto e coraggioso di fronte al quale impallidiscono le velleità comunitarie di certa nuova gioventù tutta latte e miele, tutta contestazione.
E quanti di voi, amici lettori, non hanno trovato almeno una volta nella vita, la pace, la gioia, la fiducia proprio in quegli «armadi raggelanti» che oggi si dovrebbero demolire per farne magari dei bar per consumazioni eucaristiche.
Ci siamo lamentati tutti, ci siamo sdegnati insieme con Paolo VI per lo scandalo del libro «sesso in confessionale» da cui poi è stato tratto anche un film.
Ci siamo domandati com'è possibile che — per vile danaro — si ricorra a queste vergognose simonie laiche che violano i segreti più reconditi delle anime e turbano quella fiducia che hanno sempre ispirato i «raggelanti armadi».
Ma è ora di dire che se ciò è avvenuto, è per colpa nostra: per colpa di quei sacerdoti che in nome di riforme ibride e pretestuose, hanno dissacrato tutto, tutto messo in ridicolo.
Nessuna meraviglia se laici spregiudicati, giornalisti indegni di questo nome, hanno potuto violare impunemente le barriere delle coscienze, senza che nessuna legge umana abbia saputo perseguirli...
Si stanno raccogliendo i frutti della dissacrazione e — purtroppo — chi ne fa le spese sono quelli che non ne hanno colpa: i sacerdoti che della fedeltà hanno fatto impegno di vita, le anime che ritenevano di poter river-sare nel cuore del sacerdote le pene, le angoscie e, diciamolo pure, anche le sciocchezze della loro vita.
Verrà quindi anche la riforma della Confessione, chiamata d'sra in poi «riconciliazione».
Speriamo che giovi a tutti, specialmente a quei cuori di cartapesta che non hanno mai capito la sacralità e la maestà dei «raggelanti armadi» di cui parla l'untorello vaticano.
Intanto dalla vicina Francia giungono le prime notizie... consolanti sul nuovo corso impresso ai sacramenti da una statistica ufficiale e condotta con molta serietà, risulta che il cinquanta per cento dei cattolici che si comunicano abitualmente, hanno già abolito la confessione.
Anche la logica delle deformazioni ha le sue leggi inesorabili!
Ho detto fin dall'inizio, non per cautelarmi, ma perchè ne sono convinto, che le norme sulla «riforma» del Sacramento della Penitenza mi trovano perfettamente allineato: non c'è, sostanzialmente, nulla di nuovo e nulla di strano.
Le novità e le stranezze le inventeranno — e le hanno già inventate — i preti.
Io stesso ne ho avuto subito la prova e diverse persone hanno assistito disgustate ad un banale episodio, indice però di una mentalità e di un costume forse ormai irreversibili.
In occasione di un matrimonio che coincideva con una «grossa» festa sociale, ci siamo trovati in chiesa in cinque sacerdoti: l'unico vestito con la talare ero io!...
Mi hanno richiesto in confessionale e, pur con le difficoltà sopra accennate, ci sono andato.
Ne sono uscito dopo mezz'ora: la mia tonaca nera era diventata bianca, le ragnatele mi addobbavano dalla testa ai piedi: da oltre un anno, in quel confessionale, fino a ieri luogo d'incontro di miserie, di debolezze, di chiacchiere — pensatela come volete — nessun prete si era più seduto.
Circa le novità non è d'accordo con me un anonimo (si firma F. P.) di «Famiglia Cristiana» ( 2 ) , il rotocalco impegnato a smantellare la tradizione, non con articoli di brutale rottura, ma col fumettismo tipografico.
«Le novità più interessanti riguardano soprattutto gli elementi dottrinali che capovolgono la mentalità corrente».
Ahi! Ci risiamo!
Quindi si cambia tutto, si «capovolge!»
«Si accentua cioè il fatto che la penitenza sacramentale è l'incontro tra l'azione di Dio che salva e quella dell'uomo che, riconosciute le proprie colpe, si pente e si converte».
Si vede proprio che F. P. non si è mai confessato o non ha mai confessato, oppure non capisce il significato di quello che scrive.
E che forse la confessione di ieri non voleva le stesse cose?
«È ancora più importante (sic!) l'accusa dei peccati, ma diventa prevalente la convinzione che l'uomo e permanentemente in cammino verso Dio. che sempre viene incontro con la sua misericordia».
C'è da trasecolare a leggere queste frasi fumose e ibride!
Intanto, l'aggettivo importante è una pura e semplice cretineria: l'accusa dei peccati è necessaria, non importante.
Il resto, cioè l'uomo in cammino è solo retorica...
Ma più che il breve scritto di «Famiglia Cristiana» contano due disegni, veramente illuminanti che anticipano vigorosamente quella che sarà la realtà lieta e accomodante di certa «pastorale» disancorata dai suoi presupposti teologici e morali.
Primo disegno: un prete che assolve una massa anche se la didascalia attenua l'impressione immediata che scaturisce dal gesto del sacerdote.
Il secondo, straordinariamente efficace e di palpitante attualità: un altro prete che «confessa» una bella ragazza, extra confessionale.
Nulla di strano, per carità!
D'ora innanzi, io, sordastro, potrò agire solo cosi!...
Il lato piacevole è dato dalla disinvoltura serena della tizia e dalle sbirciatine furbastre del Reverendo che non vorrebbe guardare, ma guarda...
Non è d'accordo con me, o meglio, non sono io d'accordo con lui, nemmeno il Rev. Padre Gesuita Zoltan Alseghy di «Civiltà Cattolica» quando nella scia ormai anch'essa irriversibile del riformismo, insiste sulla riscoperta della natura «ecclesiale» della penitenza...
Anche queste sono tutte sciocchezze: si confonde una realtà teologica con approssimazioni misticheggianti che possono anche arricchire i lati esteriori di un Sacramento, ma di cui non rivelano la realtà.
D'accordo sugli aspetti «ecclesiali», come si dice oggi, ma i peccati sono personali e li deve scontare chi li commette.
Per caso, non si vorrà forse instaurare una specie di politica di centro-sinistra anche in confessionale secondo cui una classe — quella dirigente — fa i malestri e la comunità li paga?
Mi pare che questo massificare o ecclesializzare a tutti i costi i fatti individuali rientri in un costume giuridicamente insostenibile.
La confessione è un tribunale: chi rompe, paga!
Ottima cosa, ma puramente marginale e, se volete, anche coreografica, confessarsi, come una volta a Dio Onnipotente, alla Beata Vergine Maria, a S. Michele Arcangelo (ora però emarginato, forse perchè porta la spada) e «a voi, fratelli».
Bene, molto bene: però Iddio il conto lo chiederà a noi, in singolo.
Certo insisteremo di più sui peccati sociali, sulle denunzie dei redditi non effettuate o aggiustate, sui nostri troppi inutili viaggi, sul troppo tempo che si perde nelle assemblee, sui peccati ecclesiali che turbano le coscienze, sugli amori con comunisti e fascisti, sugli abbandoni ormai cronici del gregge da parte dei pastori, sulle concelebrazioni frettolose e comode, su concezioni epidermiche della povertà ecc. ecc..
Ma questo non cambia nulla e la vecchia legge del «chi rompe paga » è ancora in vigore presso il tribunale di Dio.
Chi ritenesse di ovviare alla crisi della confessione con certi surrogati di dubbio gusto può rassegnarsi a capitolare.
Avete visto come sono sbolliti gli entusiasmi, i fumi per le «messe beat»?
Una chitarra riempiva una Chiesa: andateli a cercare ora i giovani e i preti di quelle messe.
Di inchieste sulla Confessione se ne sono fatte anche nelle forme più morbose e più sfacciate: «Sesso in confessionale», il libro e il film che umiliano il giornalismo e il cinema, sono una grossolana deformazione di realtà che non si possono smentire.
Ma anche le altre, più serie, per esempio di P. Silvano Burgalassi e di Gianfranco Svidercoschi non dicono niente: si arrestano, come è logico, davanti alla freddezza delle cifre e mai penetrano il mistero avvolto di dramma e di miserie che fa della Confessione il sacramento del riscatto, della luce, della grazia.
Certo, certo il confessore, messo di fronte alla realtà di un mondo allo sbaraglio dove principi naturali e soprannaturali hanno scarsa presa sulle coscienze, deve sfoderare tutta la pazienza, la sapienza e la «sacralità» della sua persona per non minimizzare il suo ministero e fare del confessionale un gabinetto da psicanalisi.
Insisto su questo termine: sacralità!
Ho l'impressione e diamo spesso noi sacerdoti l'impressione di esserci svestiti di questo «habitus» interiore che è tipico del sacerdozio cattolico.
La facile e troppa secolarizzazione, seguita purtroppo da un «mo¬dus rivendi» che ne è la conclusione logica, ci svuota di quella carica soprannaturale della quale grondavano i santi e che negli stessi ministri di Dio, diciamo normali, è sempre stata il distintivo caratteristico.
Ho parlato anche di sapienza e volutamente.
Al di fuori di schemi di ascetica laica, intrisa di esotismi come di sapere mondano, credo che il vecchio discorso di S. Paolo sul sapere, sia oggi tutt'altro che superato.
Forse la teologia di ieri ha voluto dir troppo e per questo ha ucciso in molti la fede.
Probabilmente la filosofia tomistico-aristotelica ha voluto scoprire una logica nel Padreterno che invece non ha o meglio, è al di fuori dei nostri schemi.
È sempre stato detto che non è il ragionamento a riportare Dio sui binari della vita, ma la fede, la grazia e, da parte dell'uomo che fede e grazia deve trasmettere agli altri, la più larga, intensa e profonda partecipazione delle stesse così da impegnarsi di quella sacralità che sola crea i contatti con le coscienze.
Il resto, è palliativo.
Non saranno quindi né teologi, né psicologi, né filosofi a tirar fuori Dio dal cassetto, a piegare le anime, a strappare le lacrime, ad aprire le caterrate del cielo a chi vive della vita del cielo.
Chiedo scusa della predica, ma una cosa della quale sono fermissimamente convinto è questa: che proprio fra gli armadi raggelanti cui accenna il monsignorino romano ( ora Cardinale n.d.r.) si può dare concretezza a un colloquio costruttivo e sprigionare tutto quel calore che scaturisce dal cuore e dall'anima di chi crede fermamente in Dio e Dio ama appunto con tutto il cuore e con tutta l'anima.
Note dell’Autore
1 Da « Il Resto del Carlino » - 8 febbraio 1974.
2 Curiosa la vicenda di questo polpettone giornalistico: il Papa disapprova certe trovate dissacrato¬rie, la stampa cattolica le pubblicizza con più insistenza e «Famiglia cristiana» tira diritto in barba al Papa e al buon gusto.