sabato 28 settembre 2013

Con Benedetto XVI rimaniamo inchiodati alla Croce della Liturgia !

Assistiamo ogni giorno ad una sorta di opposizione dialettica tra i difensori del culto liturgico e i promotori dell’apertura verso il mondo che puntualmente hanno finito per ridurre la vita cristiana ai soli sforzi sociali.
Il combattimento contro il “ senso del sacro ” ( Beato Giovanni Paolo II ) , che ha antiche radici, ha provocato due feriti gravissimi : la Chiesa e il Sacerdote.
Il beato Giovanni Paolo II riferendosi alle sistematiche desacralizzazioni della liturgia le definì : pratiche non accettabili (Ecclesia de Eucharistia, n. 10) .
Benedetto XVI ha denunciato come “deformazioni al limite del sopportabile” (Lettera ai vescovi in occasione della pubblicazione del Motu proprio ‘Summorum Pontificum’) i continui attentati contro la Liturgia, sempre più intrisi di cultura secolarizzata del mondo circostante .
Ai Vescovi della Francia riuniti a Lourdes in Assemblea Plenaria straordinaria il 14 settembre 2008 Papa Benedetto XVI ha ricordato che : “Il culto liturgico è l’espressione suprema dell’esistenza sacerdotale ed episcopale … è tale da ricollocare l’adorazione al centro della vita del sacerdote e dei fedeli. Invece e al posto del “cristianesimo secolare” .
L’Esortazione Apostolica ‘Sacramentum Caritatis’ di Papa Benedetto XVI ha insegnato ai fedeli che l’azione liturgica deve riconciliare fede e vita consacrando “l’impegno dei cristiani nel mondo che il mondo stesso, sono chiamati a consacrarsi a Dio mediante la liturgia… fino a venire attirati nel dinamismo dell’offerta dell’amore di Cristo che ivi si rende presente”.
La liturgia è il luogo privilegiato per approfondire l’identità del Sacerdote, che è chiamato a “combattere la secolarizzazione” poiché, come il Signore Gesù dice nella sua preghiera sacerdotale: “Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. 
Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità” (Gv. 17, 15-17).
Per secoli la saggezza della Chiesa ha preservato attraverso le rubriche e la postura celebrativa il Sacerdote dal desiderio, anche inconscio, di attirare l’attenzione dei fedeli sulla sua persona.
Quando i fedeli sono lasciati all’arbitrarietà del celebrante, alle sue stranezze, alle sue idee personali od opinioni, alle sue stesse ferite la Liturgia è violentata !
L’obbedienza del sacerdote alle rubriche è infatti segno eloquente e silenzioso del suo amore per la Chiesa, della quale egli è ministro e servitore.
Se la “ partecipazione attiva “ – il principio più eclatante della pastoralità liturgica del Concilio Vaticano II – non si ammanta del naturale “senso soprannaturale della fede” la liturgia non è più l’opera di Cristo, ma degli uomini.
Ecco perché non ci rallegriamo per la formazione liturgica dei sacerdoti ormai ridotta ad una formazione puramente intellettuale dopo esser stata strappata dalla sua dimensione verticale che trascende la vita di ciascuno per fonderla con la vita di Cristo( Benedetto XVI ).
Non c’è bisogno di umanesimo, non c’è bisogno di promozione umana :   la stessa Liturgia  è capace di : “ rendere Dio presente in questo mondo e aprire agli uomini l’accesso a Dio ” ! ( Benedetto XVI )
Il venerando teologo passionista Padre Zoffoli diceva:” istruiamo come vuole il Concilio i fedeli alla partecipazione alla Messa, diamogli insegnamenti seri di dottrina e liturgia. Ma poi non vi lamentate se vedendo una liturgia neocatecumenale vanno a protestare dal Vescovo!
Un putiferio santo a motivo della corretta istruzione dei fedeli, della serie :  … hanno voluto, grazie al Concilio, istruire il popolo, ecco che contro il clero infedele si è scatenato il putiferio quando non celebra bene
E meditiamo anche, senza preconcetti, quanto,
riferendosi alla Liturgia, scrisse  Don Dolindo Ruotolo, morto in concetto di santità ( un santo prete che giustamente è  considerato  come una delle ultime dighe contro il modernismo e le manie post conciliari intrise di novità ) :  "Quanti tesori di esortazioni vive e rifulgenti di grazia e di Spirito Santo si perdono nella Chiesa perché il popolo non le intende!" ( Dal commento di Don Dolindo Ruotolo alla Prima  Lettera ai Corinzi, assai prima del Concilio Vaticano II).
Meravigliosamente grande è l’affermazione di Benedetto XVI : “ Quando il mondo nel suo insieme sarà diventato liturgia di Dio, quando nella sua realtà sarà diventato adorazione, allora avrà raggiunto la sua meta, allora sarà sano e salvo ”!
Il nostro martirio deve essere gloriosamente infisso nella Croce della Liturgia : la mano destra conficcata dai cosiddetti “ tradizionalisti” che ci rimproverano di occuparci solo dell’aspetto cultuale , quella sinistra inchiodata dai “ modernisti-novatori” che ci accusano di giocare ai pizzi e merletti non guardando al mondo che cambia e che ha bisogno di nuovi simboli e di nuovi segni liturgici e i nostri piedi saranno fissati dai nemici di Cristo per impedirci di piegare le ginocchia nell’atto di adorazione a Colui che è il Signore del tempo e della storia !


Andrea Carradori

venerdì 27 settembre 2013

L'ermeneutica dell'idiozia !

Se dovessimo dare retta a tutte le reazioni suscitate dall’elezione di Papa Francesco, dovremmo prendere atto della possibilità di un rischio: la nascita, totalmente imprevedibile, di una nuova ermeneutica, che chiama in causa non l’ultimo Concilio, bensì la vita stessa della Chiesa.
L’elezione di un Papa non si presta mai a letture univoche. 
Di univoco c’è solo il dato di fede: l’eletto è il Successore di Pietro e perciò il Vicario di Cristo. Il punto, comunque, non è quello delle letture univoche. 
Non è neppure quello delle analisi fuorvianti o pretestuose che possono provenire dall’esterno. 
Il mondo ha la sua logica e legge ogni cosa secondo le sue categorie.
Anche all’interno del cattolicesimo non può prevalere una sola lettura. Ogni apporto è lecito, spesso è indispensabile. 
Nulla da rilevare, dunque, sul coro che si leva da una settimana. 
Esso è bello, apprezzabile ed utile, se esprime la gioia dei figli, la riconoscenza al Signore, l’umiltà di chi riconosce la presenza di Cristo nella Chiesa, la dotta semplicità che deriva dalla fede e che ha trovato una descrizione efficace nella nonna argentina lodata dal Papa nel suo primo Angelus. Meno bello, poco apprezzabile e per nulla utile, se questo coro tenta maldestramente di unire le voci diverse che si sono levate attorno all’unico tema della novità. 
Francamente, cominciamo a sentire il peso di tante inutili parole. 
Abbiamo, per grazia di Dio, un nuovo Papa, non un Papa nuovo.
Conseguentemente, non abbiamo una rivoluzione, e nemmeno una nuova era. 
Mi dispiace per chi ha usato questa espressione, ma la Chiesa cammina nel tempo seguendo delle riforme, sempre necessarie e forse, a seconda delle epoche (ma anche della costituzione dell’uomo), mai efficienti in pieno. 
Se procedesse per mezzo di rivoluzioni, essa non sarebbe più il seme di evangelica memoria che è cresciuto ed è diventato un albero. 
Per questo Benedetto XVI, riprendendo le argomentazioni dei suoi predecessori, ha insistito sull’ermeneutica della continuità: il soggetto Chiesa è il medesimo pur nello sviluppo al quale è sottoposto. 
Con l’assistenza dello Spirito Santo e non per voglia autonoma di ricomprensione o di accettazione da parte del mondo.
A questa ermeneutica si contrappone, come sappiamo, quella della discontinuità, la quale postula fratture assimilabili a quelle di una rivoluzione. 
Questa ermeneutica, tuttavia, ha punti di riferimento, ricca com’è di scuole, di trattati, di nomi, di idee; peregrine quasi sempre, ma pur sempre riconducibili a qualcuno. 
Ad essa si può rispondere con un pensiero, con una successione lineare di dottrine, con un riferimento magisteriale certo ed ineludibile (uno dei meriti più grandi di Benedetto XVI). 
Forse non lo si potrà fare agevolmente con tutte le sue varianti, perché si va dal monachesimo ad una riproposizione del “principio speranza” di alcuni autori marxisti. 
Forse lo si potrà fare con scarso successo, perché si adottano termini cattolici per produrre una musica che risulta poco allineata con il pensiero della Chiesa. 
C’è però una linea di fondo, ed è chiara anche nelle formulazioni più tortuose della discontinuità o della rottura.
E’ chiaro che l’ermeneutica della discontinuità ha cercato di ravvisare alcune zone di contiguità con il presunto pensiero di Papa Francesco. 
Inutile nascondersi che essa ha tratto beneficio da una certa teologia della liberazione, che molti ritengono elaborata nell’America Latina. 
Essa, in realtà, è stata elaborata in Europa, secondo schemi di un pensiero europeo, con categorie pensate per un’Europa alle prese con la rivoluzione industriale e sviluppate secondo la fedeltà alla matrice originaria. 
E’ vero che in ampi spazi della chiesa latinoamericana questa teologia è riuscita a modellare alcune comunità ecclesiali, dando prova di una estrema duttilità delle categorie della discontinuità in un ambito segnato dall’opzione per i poveri. 
Ed è altrettanto vero che Bergoglio è latino americano e non ha mai nascosto la sua predilezione per i poveri. 
Non risulta, però, che egli abbia espresso questa predilezione secondo i canoni di quella teologia. La sua attenzione deriva da ben altre fonti. 
Nel Vangelo la povertà apre l’elenco delle beatitudini. 
Un primato che va letto secondo la totalità della Scrittura; un primato mitigato dall’accezione “in spirito” della versione di Matteo. 
Ma un primato di cui parla il Signore.
Adesso ci tocca assistere ad un inedito: l’ermeneutica dell’idiozia.
Voglio citare proprio il cardinale Bergoglio. 
In una sua omelia del 2005, dedicata al tema della vita, egli ebbe a dire:
Quando si ascolta ciò che Gesù dice: Guarda, «Io mando voi, io vi mando come pecore tra i lupi», si vorrebbe chiedere: «Signore, stai scherzando, o non hai un posto migliore dove mandarci?». Perché ciò che Gesù dice fa un po’ paura: «Se annunzierete la mia parola, vi perseguiteranno, vi calunnieranno, vi tenderanno trappole per portarvi davanti ai tribunali e farvi uccidere». 
Ma voi dovete andare avanti. 
Per questo motivo, fate attenzione, dice Gesù, siate astuti come i serpenti ma molto semplici come colombe, unendo i due aspetti. Il cristiano non può permettersi il lusso di essere un idiota, questo è chiaro. 
Noi non possiamo permetterci di essere sciocchi perché abbiamo un messaggio di vita molto bello e quindi non possiamo essere frivoli. 
Per questo motivo Gesù dice: «Siate astuti, state attenti». 
Qual è l’astuzia del cristiano? Il saper distinguere fra un lupo e una pecora. 
E quando, in questo celebrare la vita, un lupo si traveste da pecora, è saper riconoscere quale sia il suo odore. «Guarda, hai la pelle di una pecora, ma l’odore di un lupo». 
E questo, questo compito che Gesù ci dà è molto importante. È qualcosa di davvero grande”.
In cosa consisterebbe la nuova era? Su cosa sarebbe fondata? 
Forse sul creato o sull’amore universale? 
Forse su una liturgia spoglia? 
Forse su un S. Francesco che non appare più come « uomo cattolico e tutto apostolico », secondo la felice espressione di Pio XI? 
Come osservava quel Papa, ” nei nostri tempi, molti, infetti dalla peste del laicismo, hanno l’abitudine di spogliare i nostri eroi della genuina luce e gloria della santità, per abbassarli ad una specie di naturale eccellenza e professione di vuota religiosità, lodandoli e magnificandoli soltanto come assai benemeriti del progresso nelle scienze e nelle arti, delle opere di beneficenza, della patria e del genere umano. 
Non cessiamo perciò dal meravigliarci come una tale ammirazione per San Francesco, così dimezzato e anzi contraffatto, possa giovare ai suoi moderni amatori, i quali agognano alle ricchezze e alle delizie, o azzimati e profumati frequentano le piazze, le danze e gli spettacoli o si avvolgono nel fango delle voluttà, o ignorano o rigettano le leggi di Cristo e della Chiesa(Lettera Enciclica “Rite expiatis”, 30 aprile 1926).
Questa nuova era, tanto simile nella freddezza dei termini al nuovo mondo di farneticanti telepredicatori, se non proprio al pensiero del New Age, sarà riconducibile alle parole del Papa? Non è che voglia avvalersi piuttosto delle parole del Papa per rendere autorevoli i propri pensieri?
Intanto, fino a questo momento, il solo che sembri rimetterci è Benedetto XVI, accusato persino di aver manipolato la liturgia in opposizione alla leggi della Chiesa. 
Non avrebbe meritato questo, specialmente da tanti che, fino ad un mese fa, erano intenti ad elogiare i grandi temi del suo pontificato. 
Col senno del poi (tanto brutto tra cristiani, ma opportuno tra uomini), dovendo riconoscere che nessuno avrebbe potuto dire in anticipo qualcosa sul pensiero del nuovo Papa, possiamo pensare ad una sorta di “captatio benevolentiae” preventiva. 
Pare, insomma, che il salire in anticipo sul carro del vincitore, non sia un principio affermato soltanto nel mondo. 
Ma siamo sicuri adesso che questo pensiero, tanto osannato, sia quello del Papa? 
Siamo sicuri che il biasimo del povero Benedetto alla fine paghi veramente? 
E’ lecito nutrire qualche dubbio. 
Soprattutto quando il coro, alla fine, si rivela per quello che è.

don Antonio Ucciardo

giovedì 26 settembre 2013

Nomina dei nuovi Consultori dell’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice

NOMINA DI CONSULTORI DELL’UFFICIO DELLE CELEBRAZIONI LITURGICHE DEL SOMMO PONTEFICE

Il Santo Padre Francesco ha nominato Consultori dell’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice i Reverendi: 

P. Silvano Maria Maggiani, O.S.M., Docente di Sacramentaria e di liturgia presso la Pontificia Facoltà Teologica "Marianum" e presso il Pontificio Istituto Liturgico Sant’Anselmo in Roma, Membro del Consiglio Accademico della Pontificia Accademia Mariana Internazionale; 

P. Corrado Maggioni, S.M.M., Capo Ufficio nella Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Membro del Consiglio Accademico della Pontificia Accademia Mariana Internazionale; 

P. Giuseppe Midili, O. Carm., Direttore dell’Ufficio Liturgico della Diocesi di Roma, Docente di Liturgia pastorale presso il Pontificio Istituto Liturgico Sant’Anselmo in Roma

Mons. Angelo Lameri, del Clero della Diocesi di Crema, Docente di liturgia presso la Pontificia Università Lateranense in Roma; 

P. Archimandrita Manuel Nin, O.S.B., Rettore del Pontificio Collegio Greco in Roma.


" Claudius " in un commento su MiL ha scritto : " Prendo spunto da queste nomine "sorprendenti" per fare la seguente riflessione.
Io sto cominciando a pensare che il S. Padre Francesco sia in realtà molto diverso da come finora è stato dipinto (soprattutto dai media assatanati di "progressismo dottrinale" come aveva scritto anche Marco Bongi QUI  N.d.R ).
Pensiamoci bene: tutte o quasi le analisi fatte finora del suo pur breve pontificato si basano solo ed esclusivamene sui suoi "gesti", con i quali "rompe le consuetudini" come se il fatto che vada in giro su una macchina scassata significhi chissà quale pauperizzazione del papato, e via discorrendo. 
Ricordo a tutti che se c'è stato un papa che faceva cose simili, e cioé rifiutava i lussi e le ostentazioni, quello era proprio S. Pio X.
Forse qualcuno non si ricorda che a Venezia S. Pio X impegnò la pietra preziosa del suo anello per dare ai poveri il ricavato, e la sostitui' con un fondo di bottiglia. 
Tanto per dirne una.
Adesso, a me sembra che con i suoi "gesti" Papa Francsco abbia seminato un bel po' di confuzione soprattutto tra i "laici": questi credono che tali gesti significhino che il Papa vuole fare contro la tradizione, eccetera. 
Comincio a pensare che queste siano interpretazioni estremamente superficiali e che il Papa abbia in mente ben altro che questo.
Forse Papa Francesco sa benissimo cosa sta facendo: si sta prendendo gioco della società dell'apparire, e in questo gioco sta dimostrando di essere più bravo di loro. 
Vedi la faccenda del digiuno e la preghiera per la Siria: ha fatto credere che sarebbe stata una veglia "buonista" e "ecumenica", poi dopo che ha attratto in questo modo l'attenzione di tutto il mondo, gli ha piazzato li' l'adorazione eucaristica, l'immagine della Madonna sempre in primo piano, le preghiere di Pio XII, e perfino i confessionali in piazza S Pietro...
Insomma, andiamoci piano a giudicare superficialmente sulla base di "gesti". 
Fin'ora il Papa NEI FATTI si è dimostrato tutto meno uno che vuole scardinare la dottrina.
Secondo me, c'è ancora molto da capire su Papa Francesco. 
Cerchiamo di farlo senza pregiudizi né prevenzioni di sorta ".

martedì 24 settembre 2013

Mauriac e gli idioti ( e la « reprimenda » contro Mons.Domenico Celada - 1969 )

Da “ Il Tempo di Roma” del 20 febbraio 1969 ( sembra di ieri ) postiamo l' articolo del M° Mons. Domenico Celada ( * ) che purtroppo dopo 44 anni conserva ancora la sua attualità.


Mauriac e gli idioti 

Ricordo di aver scritto, nel numero dell’aprile-giugno 1966 di una rivista musicale, una nota sulla liturgia dopo il Concilio Vaticano II. 
Erano quelli i mesi nei quali andava delineandosi, in tutta la sua tragica portata, il piano demolitore di certi « liturgisti », giunti a proporre quelle cosiddette « messe dei giovani » (accompagnate da orchestrine da balera) che rappresentano — pur prescindendo da qualsiasi considerazione di carattere religioso — il trionfo dell'ignoranza e della stupidità. 
Scrivevo allora: « La sacra liturgia attraversa un periodo di grande crisi, forse il più doloroso della sua storia. Mai si vide tanta decadenza e confusione: si stava veramente toccando il fondo... ».
In tale occasione mi pervennero messaggi di consenso e di lode, lo posso ben dire, da ogni parte del mondo cattolico: erano lettere di semplici fedeli, di molti sacerdoti e parroci, perfino di vescovi e cardinali. 
Tuttavia, per essere sincero, debbo dire che mi giunse anche una forte « reprimenda » da parte di quell'ufficio ecclesiastico incaricato della cosiddetta riforma liturgica, ufficio noto col nome di « Consilium », sul quale esiste ormai una vastisima letteratura non certo benevola. 
L'estensore della « reprimenda » (redatta su carta intestata, con tanto di stemma e numero di protocollo) cominciava col mostrarsi scandalizzatissimo per la mia diagnosi di « crisi » della liturgia, e replicava che, viceversa, « la liturgia attraversa oggi uno dei periodi più fiorenti e più promettenti »; dopodiché sentenziava che i miei rilievi erano di una « falsità supina », e che tutto lo scritto rappresentava una « insinuazione offensiva » e una « valutazione soggettiva ed errata ». 
La mia era, per giunta, una « prosa sconcertante, sfrontata, offensiva e audace ».
Emersi a stento, anche se del tutto incolume, da quella frana di aggettivi, raggruppati a quaterne, sotto la quale sarei potuto rimanere soffocato. 
Da allora non sono trascorsi neppure tre anni. 
Una ventina di giorni fa, apro l'Osservatore romano e trovo un articolo di sette colonne (un'intera pagina del quotidiano della Santa Sede) intitolata Storia della Chiesa e crisi della Chiesa. 

In esso l'insigne storiografo Hubert Jedin scrive testualmente: « C'è innanzitutto, visibile per tutti, la crisi liturgica.  Io non vorrei parlare di caos. 
Ma quando oggi, di domenica mattina, si fa il giro delle chiese parrocchiali di una città, si trova in ciascuna un servizio divino "organizzato" differentemente; ci si imbatte in omissioni; si odono talvolta letture diverse da quelle previste finora dall'ordinamento delle pericopi; se poi ci si viene a trovare in un altro Paese di cui non si conosce la lingua, ci si sente affatto estranei... ».

Mi sembra importante notare come Hubert Jedin, nella sua chiara diagnosi dell'attuale situazione della Chiesa, menzioni « innanzitutto » — ancor prima della crisi della fede — appunto la crisi liturgica, ormai «visibile per tutti». 
Considerata l'autorità dello scrittore e quella del giornale vaticano, che non ospita mai un articolo se non dopo il più rigoroso controllo, bisogna concludere che oggi la crisi della liturgia è un dato di fatto incontestabile, e che è lecito parlarne e scriverne senza il timore di vedersi recapitare missive piene di aggettivi poco lusinghieri. 
D'altra parte, in tre anni sono successe molte cose: la Congregazione dei Riti è stata costretta a intervenire contro i molti esperimenti arbitrari con una « dichiarazione » del 29 dicembre 1966 (rimasta peraltro lettera morta) ( * vedi nota in basso ), e lo stesso Pontefice, nella famosa allocuzione del 19 aprile 1967, ha espresso il suo dolore e la sua apprensione per quanto accade in campo liturgico, sottolineando il « turbamento dei buoni fedeli » e denunciando una certa mentalità tesa alla « demolizione dell'autentico culto cattolico », implicante altresì « sovvertimenti dottrinali e disciplinari ».

Ma interessante è soprattutto il paragone che lo studioso stabilisce fra la crisi attraversata dalla Chiesa nel XVI secolo e quella del tempo presente. 
Come superò tale crisi la Chiesa? 
Risponde Jedin: «Non rinunciando alla sua autorità, né accettando formule equivoche di compromesso, né accogliendo il caos liturgico creato da innovazioni arbitrarie nel servizio divino ». 
E' verissimo. 
Se i decreti tridentini ristabilirono la sicurezza della fede, il messale e il breviario di San Pio V unificarono ancor più la liturgia. 
Non bisogna infatti dimenticare che la « lex orandi », secondo l'antico detto, è anche «lex credendi»: la legge della fede. (Appare quindi logico che all'odierna « licentia orandi » corrisponda una « licentia credendi »).

Scrive ancora Hubert Jedin: « Temo che fra non molto in qualche luogo non si troverà più addirittura un messale latino... ». 
Eppure — ricorda lo studioso — « la stessa Costituzione liturgica (art. 36) mantiene come regola, alla stessa guisa di prima, la liturgia latina. 
Non sarebbe un non senso che la Chiesa cattolica nel nostro secolo, nel secolo dell'unificazione del mondo, rinunciasse completamente ad un così prezioso vincolo di unità, come è la lingua liturgica latina? 
Non sarebbe uno scivolare molto tardivo in un nazionalismo già ritenuto sorpassato?... ». 

Si tratta di domande puramente retoriche, in quanto l'inspiegabile rinuncia è già praticamente avvenuta « in fraudem legis »: contro l'obbligatorietà di una legge conciliare che chiaramente prescrive di conservare l'uso del latino, e contro il diritto dei fedeli cattolici al godimento di un bene comune. 
Ora, spezzata l'unità della lingua e distrutta l'identità dei riti, il caos si è esteso dal campo liturgico a quello dottrinale.
Già nell'aprile 1967, Paolo VI cominciava a lamentare « qualche cosa di molto strano e doloroso », e precisamente l'« alterazione del senso della fede unica e genuina ».
Era la conseguenza — di una logica perfetta e inesorabile — della manomissione del grandioso edificio della Liturgia, ossia dell'aver tradotto, mutilato e sostituito testi e formule che rappresentavano una « summa » di pietà e di dottrina.
Si comprende oggi più che mai la verità dell'insegnamento di Pio XII nell'enciclica « Mediator Dei »: « L'uso della lingua latina è un chiaro e nobile segno di unità, e un efficace antidoto ad ogni corruttela della pura dottrina ».
La crisi della liturgia è ormai « visibile per tutti ». 
Molti inganni sono stati scoperti.
Nonostante ciò, gli innovatori continuano a lavorare, con l'affanno proprio di chi non è sicuro di se stesso, per manomettere, stravolgere e demolire quel poco che resta. (E' recente un convegno di liturgisti per dissertare intorno a « nuove preci eucaristiche » e ad un nuovo « ordo Missae »...). 

A proposito di questi ostinati riformatori che vanno sconciando la liturgia il celebre romanziere cattolico Francois Mauriac ha scritto, or non è molto: « Mi chiedo, in preda a un panico improvviso: e se tutti questi brillanti innovatori non fossero che un branco di atroci imbecilli? Allora non ci sarebbe più scampo: poiché s'è avverato che i sordi riacquistino l'udito, che i ciechi vedano daccapo, è perfino accaduto che i morti risuscitino; ma non c'è nessuna prova, nessun documento, su un idiota che abbia cessato di esserlo ».
Mi pare che l'accademico di Francia sia un po' troppo pessimista. Sembra aver dimenticato che qualsiasi idiota, anche se non può cessare di esser tale, può semplicemente essere messo in condizione di non nuocere.

Domenico Celada

Mons. Domenico Celada, nell’immediato post-Concilio fu uno “ veri fari illuminanti su ciò che stava per accadere nella Chiesa: argomentazioni iperacute sostenute da una eccezionale sapienza teologica. 
Questi scritti, che andrebbero ripubblicati come prezioso contributo alla veri¬tà storica, ancor oggi vivissimi dopo tanti anni, apparvero sul quotidiano II Tempo, allora diretto da Renato Angiolillo che li pubblicò coraggiosamente, sfidando l’avversione della Curia, la quale si sfogò, togliendo ogni incarico al sacerdote-scrittore (insegnava musica e storia del gregoriano all'Università lateranense), riducendolo alla più nera indigenza, avendo i genitori a carico. 
Si ridusse a vivere con la madre in una casetta di Ostia.
Dopo poco più dì un anno, si ammalò e morì giovane tra il compianto di tutti quelli che lo avevano conosciuto e, negli ultimi tempi, aiutato”. 

( Carlo Belli : Altare Deserto – Breve storia di un grande sfacelo- Giovanni Volpe Editore- Roma 1983 )

( * ) NOTA :
SACRA CONGREGATIO RITUUM

DICHIARAZIONE PER L'APPLICAZIONE DELLA COSTITUZIONE SULLA SACRA LITURGIA

Da qualche tempo taluni quotidiani e rotocalchi offrono ai loro lettori notizie e riproduzioni fotografiche su cerimonie liturgiche, soprattutto celebrazioni eucaristiche, aliene dal culto cattolico, quasi inverosimili come «cene eucaristiche familiari» celebrate in case private seguite da pranzi, Messe con riti, vesti e formulari insoliti ed arbitrari, e talora accompagnate da musiche di carattere del tutto profano e mondano, non degno d’un’azione sacra. Tutte queste manifestazioni cultuali, dovute ad iniziative private, tendono fatalmente a dissacrare la liturgia, che è l’espressione più pura del culto reso a Dio dalla Chiesa.
È assolutamente fuori luogo allegare il motivo dell'aggiornamento pastorale, il quale, giova ripeterlo, si svolge nell’ordine, non nell’arbitrio. Tutto ciò non è conforme alla lettera e allo spirito della Costituzione liturgica emanata dal Concilio Vaticano II, è contrario al senso ecclesiale della liturgia e nuoce all'unità e alla dignità del Popolo di Dio. «La varietà delle lingue - ha detto il 13 ottobre u.s. il Santo Padre Paolo VI - e la novità dei riti, che il movimento rinnovatore introduce nella Liturgia, non devono ammettere nulla che non sia debitamente riconosciuto dall’autorità responsabile dei Vescovi e di questa Sede Apostolica, nulla che non sia degno del culto divino, nulla che sia manifestamente profano e inetto ad esprimere l’interiorità e la sacralità della preghiera, e nulla anche di così singolare ed insolito, che invece di favorire la devozione della comunità orante, la stupisca e la disturbi, e le impedisca la effusione di una sua ragionevole e legittima tradizionale religiosità».
Mentre si deplorano i fatti sopra ricordati e la pubblicità che ad essi viene data, rivolgiamo pressante invito agli Ordinari sia locali che religiosi, perché vigilino sulla retta applicazione della Costituzione liturgica, richiamino con bontà e fermezza i promotori, anche se bene intenzionati, di tali manifestazioni e, all’occorrenza, reprimano gli abusi, impedendo ogni iniziativa che non sia autorizzata e guidata dalla sacra Gerarchia, promuovano con premura il vero rinnovamento liturgico voluto dal Concilio, affinché l’opera grandiosa di tale rinnovamento possa attuarsi senza deviazioni e possa portare quei frutti di vita cristiana, che la Chiesa da essa si attende.
Ricordiamo, inoltre, che non è lecito celebrare la Messa nelle case private, salvo i casi previsti e ben definiti dalla legislazione liturgica.
Roma, 29 Dicembre 1966.

GIACOMO Card. LERCARO Presidente del «Consilium» per l’applicazione della Costituzione sulla Sacra Liturgia
ARCADIO M. Card. LARRAONA Prefetto
FERDINANDO ANTONELLI Arcivescovo tit. di Idicra, Segretario.


( Il bubbone era già scoppiato ... )

domenica 22 settembre 2013

Cosa potrebbe fare il Papa per la salvezza delle anime? Prima di tutto ridare sacralità al culto cattolico!

“ La Chiesa non si deve allontanare dal suo necessariamente scandaloso radicamento nel Trascendente delle origini ”
Proponiamo la  lettura di due edificanti articoli  . 
Il primo è del 24 agosto scorso del Blog Traditio Litugica.

Oriente e Occidente cristiano: quale possibilità di incontro?

« Ultimamente sono rimbalzate nel web queste parole dell'attuale papa di Roma:

Nelle Chiese ortodosse, hanno conservato quella pristina liturgia, tanto bella. 
Noi abbiamo perso un po’ il senso dell’adorazione. 
Loro lo conservano, loro lodano Dio, loro adorano Dio, cantano, il tempo non conta. 
Il centro è Dio, e questa è una ricchezza che vorrei dire in questa occasione in cui Lei mi fa questa domanda. 
Una volta, parlando della Chiesa occidentale, dell’Europa occidentale, soprattutto la Chiesa più cresciuta, mi hanno detto questa frase: “Lux ex oriente, ex occidente luxus”. 
Il consumismo, il benessere, ci hanno fatto tanto male. Invece voi conservate questa bellezza di Dio al centro, la referenza. 
Quando si legge Dostoevskij - io credo che per tutti noi deve essere un autore da leggere e rileggere, perché ha una saggezza - si percepisce qual è l’anima russa, l’anima orientale. 
È una cosa che ci farà tanto bene. 
Abbiamo bisogno di questo rinnovamento, di questa aria fresca dell’Oriente, di questa luce dell’Oriente. Giovanni Paolo II lo aveva scritto nella sua Lettera. 
Ma tante volte il luxus dell’Occidente ci fa perdere l’orizzonte. 
Non so, mi viene questo di dire. Grazie(1).

È evidentemente un discorso fatto “a mano”, improvvisato. 
Questo discorso apre una serie di domande alle quali fornisco rapide risposte.

Cosa chiederebbero le Chiese ortodosse alla cristianità occidentale?

A mio avviso non chiedono di essere lodate in questo modo. Chiedono che l'Occidente ritrovi la sua via, la sua tradizione. “Siate sempre più dei buoni cattolici”, diceva padre Paisios del Monte Athos il quale non era affatto ignaro dei problemi occidentali. 
Nella misura in cui uno cerca di essere così, ritrova un equilibrio antico perso in favore di mille altre questioni moderne. Ritrovado l'equilibrio antico ritrova anche la base per una vera intesa.

Cosa potrebbe fare il papa di Roma?

Ridare sacralità al culto cristiano del Cattolicesimo, prima di tutto.

È quanto sta facendo?

Pare proprio di no: egli non dimostra affatto di amare le forme classiche (2)
In molti siti tradizionali si è sottolineato come nella liturgia eviti costantemente i segni di ossequio che, invece, riserva ampiamente alle persone. 
Nella liturgia non si inginocchia ma lo fa, e fino a terra, quando deve baciare i piedi alle persone (giovedì santo, messa in Coena Domini).

Siamo dunque sulla via di un raggiungimento tra le due principali confessioni cristiane?

Non lo credo affatto! Le proposizioni papali rimangono unicamente puro flatus vocis
Alle belle parole, dunque, non corrisponde affatto una realtà e pare esistere una paradossale dicotomia tra questo dire e il fare. 
Il mondo ortodosso può veramente ritenere affidabile chi ha questa dicotomia? ( Difatti si vedano gli Articoli QUI e QUI sul fallimento dei recenti incontri ecumenici con le Chiese Ortodosse che, durante il Pontificato di Benedetto XVI avevano trovato uno straordionario rapporto di fiducia e di convergenza teologica sulla base - fate attenzione !!! - dell'incipiente, ritrovata sacralità liturgica della Chiesa Cattolica ! N.d.R. )

Che questo papato, sotto questo profilo, sia qualcosa di puramente formale e non essenziale?

Lo sembrerebbe. 
Il futuro ce ne darà eventuale ulteriore conferma.

Note del Blog : 


2) Questo atteggiamento è comune in coloro che dicono di amare l'Oriente cristiano. Si osservi, ad esempio, la comunità di Bose: grandi esternazioni in favore della liturgia orientale, della Chiesa ortodossa, della sua spiritualità e poi, a livello pratico, estremo fastidio per il culto classico cattolico come se quest'ultimo fosse un ostacolo all'Oriente. È, invece, un elemento che potrebbe avvicinarlo, com'è stato dimostrato dall'apprezzamento del Patriarca di Mosca al reinserimento della liturgia tradizionale latina operato da Benedetto XVI. Ma chi ha in odio le proprie tradizioni come può REALMENTE essere considerato interlocutore affidabile per l'Oriente? »

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 Il secondo articolo è del Chiar.mo Prof. Guido Ceronetti  su La Repubblica del 18 settembre scorso che, per vari motivi di cronaca, è sfuggito all’attenzione dei più.

 Ma io diffido dell'amore universale
« CARO direttore, nel dialogo confidenzialmente pubblico tra papa Francesco e Eugenio Scalfari, mi permetto di intervenire senza imbarazzo, anche se la mia povera opinione può risultare più di disturbo che di plauso. 
Di applausi tutti ne ricevono troppi. 
Mi dissuade dall'applaudire l'eccessiva reciproca tolleranza. Il Contrasto ( Pólemos) nonè "padre di tutte le cose"? 
Una parola moderna è ancora più forte: "Il combattimento spirituale è altrettanto brutale della battaglia d'uomini" (Arthur Rimbaud). 
Sulle questioni ultime, bisogna soffrire e far soffrire con le parole.
Manca il dramma, nel dialogo PapaScalfari. 
Ciascuno, nel proprio dogma, si sente al sicuro. Dubito sia così, tra persone di elevata intelligenza, nel loro interno, ma non c'è rumore, nel loro scambio, di spade incrociate all'ultimo sangue. 
Entrambi gli interlocutori hanno in comune il soffio di una spiritualità morta, perciò il combattimento che impegnano è orfano della brutalità rimbaldiana.
Ricordo un importante fallimento di Benedetto XVI: cercò di reintrodurre con un Motu proprio la messa tridentina, perché la conciliare è stato un vero assassinio liturgico e, avendo sensibilità musicale, volle eliminare le schitarrate elettriche dai riti superstiti. 
Ma siamo popoli delatinizzati, urtò con un clero più dotto di informatica che di verbi deponenti. 
Di America Latina non so niente, ma non credo che i suoi curati e vescovi abbiano familiarità con la latinità immortale di noi rari nantes. 
Tuttavia la Chiesa ha più bisogno di gregoriano che di esenzione dalle tasse in Italia. 
E ora tutto il carisma di papa Bergoglio si spende in ciò che sempre più allontana la Chiesa dal suo necessariamente scandaloso radicamento nel Trascendente delle origini.
Quei rabbiosi straccioni senza pane della Riforma, che straziava e illuminava di grande il problema della Grazia, erano ben più veri cristiani di questi servitori del mondo incapaci di comprenderne il bisogno di assoluto che gli pesa sulla schiena di Cristoforo indicibilmente. 
"Solo un Dio può salvarci" lasciò detto il bravo filosofo di Friburgo, ma a volerci perdere gli Dei dimenticati sono tanti. 
E formidabili le ultime righe di Lutero con toda su muerte a cuestas: "Siamo dei mendicanti, la verità è questa". 
Mendicanti di altro, che non s i a q u e s t o m o n d o d i p e r d i z i o n e , che moltiplica i nonagenari e sega le ali ai bambini.
Diffido delle proclamazioni di amore universale; s i a m o s e t t e miliardi di àntropi su questa nave di pazzi, e amarli, tutti in blocco, è non amare nessuno.
Del resto, non tutti hanno voglia di essere inclusi nell'abbraccio universale, sebbene tutti siano mendicanti di Lutero. 
Ma se do amore disperato alle donne che ricevono acido muriatico in faccia, darei tutt'altro a chi le assassina a quel modo: e il Papa se la sentirebbe? 
Il suo amore cristiano comprende anche i massacratori di cristiani che nel mondo sono un bel numero? 
Ero in San Giovanni mentre il cardinal Ruini da cento altoparlanti annunciava trionfalmente che la madre di un povero prete massacrato in Anatolia, don Santoro, aveva già perdonato, così in astratto, i suoi anonimi assassini. 
Mi venne da dubitare che quel suo figlio lei lo amasse poco, o che il perdono le fosse stato estorto da zelatori di amore universale su mandato della Cei... 
Insomma, all' imitatio Christi dobbiamo, come esseri umani, veramente umani, porre dei limiti.
Certamente questo papato, non soltanto per modalità di stile più consone ai tempi, ci riserva cose strabilianti. 
Che una lampada si sia accesa nel grigiore uniforme dell'Oltretevere mentre l'Italia politica sprofonda sempre più in una tenebra vociferante, merita un saluto silenzioso e un'attesa inudibile.
GUIDO CERONETTI »

sabato 21 settembre 2013

Regione Marche : il nuovo anno pastoral/liturgico & orari vari

Carissimi, l’orario della S.Messa ( in rito romano antico) nel Santuario di Campocavallo di Osimo da domenica 25 agosto è alle ore 12,00. 
Ringrazio di cuore il carissimo Parroco P.Giuseppe, FFI , l’angelo custode ( fin dal 2007 ) dello stupendo e coeso gruppo di fedeli legati alla preghiera della Chiesa nell’antico rito romano. 
Grazie P. Giuseppe !!!
Gli orari celebrativi a Tolentino ( e in altre località marchigiane scelte per celebrare la chiusura dell’Anno della fede) saranno comunicati volta volta. 
Per quanto riguarda il Pellegrinaggio a Roma di Sabato 26 Ottobre avrà questi orari :
Sabato 26 Ottobre 2013 Partenza del pulman da
- Campocavallo ore 02:30
- 1a Fermata Casello A14 Civitanova 02:50
- 2a Fermata Casello A14 Mosciano Sant'Angelo 3:50... 
A Roma ci sarà l’adorazione Eucaristica nella Basilica di Santa Maria in Vallicella ( Chiesa Nuova dei PP Oratoriani ) poi la processione fino alla Basilica di San Pietro; 
ore 11:00, Basilica Papale di San Pietro Altare della Cattedra, Santa Messa Pontificale in Rito Antico
Nel pomeriggio la visita guidata ad alcune Basiliche dell'Urbe .

***** PRENOTARE ENTRO E NON OLTRE IL 27 SETTEMBRE. ********

Forse qualcosa è cambiato rispetto lo scorso anno ma l’acqua del Tevere è sempre la stessa così la nostra fede che trova fondamento visibile nel Successore di Pietro e Principe degli Apostoli. 
Nelle settimane scorse, prima dell’inizio dell’anno scolastico, ho avuto il privilegio di essere ospite di amici, che condividono il nostro stesso ideale di preghiera, in Umbria, in Abruzzo e in Sicilia. Ragazzi e famiglie straordinarie che hanno impresso nel mio cuore una carica spirituale e caritatevole di cui sentivo bisogno ( anche in previsione di un inquadramento specifico dei nostri gruppi liturgici). 
Noi non sappiamo neppure cosa significa un presunto “… preoccupante rischio di ideologizzazione” della Santa Liturgia antica “ ! 
Pur essendo poveri peccatori possediamo con orgoglio un’unica Ideologia : quella del Vangelo e del Magistero della Chiesa nel comune “sentire cum Ecclesia”.. 
Coloro che hanno la mia età non si stupiscono che i centri di potere laicisti ed anticattolici sono pronti ad attizzare maggiormente “… l'incendio di persecuzione che si è acceso in mezzo a voi per provarvi, come se vi accadesse qualcosa di strano. 
Ma nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche nella rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare. Beati voi, se venite insultati per il nome di Cristo, perché lo Spirito della gloria e lo Spirito di Dio riposa su di voi ”. 
Noi siamo legati con una “ catena d’oro “ alla Cattedra di Colui che ci conferma della fede che neppure la spada di un nuovo Napoleone riuscirà a spezzare.
L’unica Chiesa di Cristo Signore è come il Suo Divin Salvatore: “ heri, hodie, semper ” immutabile ( come ci ricordò più volte il Servo di Dio Papa Paolo VI ) nel tempo e nella Storia. 

Non temo mia madre ( la Chiesa ) ne’ mio padre ( il Papa ) perché : “ Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? ” ma nel contempo dobbiamo essere, “ … prudenti come i serpenti e semplici come le colombe. Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai loro tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe ”. 
I centri di potere mediatico, che hanno flagellato per quasi otto anni Papa Benedetto XVI nel Suo Pontificato/via Crucis hanno già scaldato le loro macchine di tortura contro la residua civiltà cattolica … 

 
A.C.

P.S. In occasione dell’incontro del Santo Padre con i gruppi di preghiera mariani ( sabato 12 e domenica 13 ottobre ) gli amici siciliani ( dell’area catanese ) organizzeranno una veglia di preghiera in una basilica romana del centro storico a partire dalle ore 21. Ne daremo dettagliata comunicazione.


Foto : L'altare della reposizione ( sepolcro) del Giovedì Santo nella Chiesa di San Marco a Osimo, realizzato dal M° Giovan Battista Buglioni  ( anni '60 )

venerdì 20 settembre 2013

Loreto . Il Santuario della Santa Casa : un fedele ci scrive .


Dopo il severo articolo ( QUI ) sulla situazione attuale lauretana un fedele ci ha inviato , quale attestazione del suo amore per il Santuario e della sua devozione alla Vergine Lauretana, queste semplici ma significative considerazioni : un pio desiderio di aumentare, mediante dei semplici accorgimenti, quell'indispensabile, preziosa e feconda sacralità del Santuario dell'Incarnazione.

Virgo Lauretana, ora pro nobis !

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- Mi ha fatto senso vedere che è stata collocata una specie di credenza da cucina (sembra proprio un vero e proprio scolapiatti ) dietro una colonna nel presbiterio, che avrebbe la funzione di Tabernacolo .
( Ci permettiamo  di dare una risposta  a tal riguardo. 
Un Tabernacolo, non visibile ai fedeli,  è stato effettivamente posto in prossimità dell’Altare Maggiore ma è solo momentaneamente  funzionale : serve infatti a riporre le Sacre Particole dopo alcune celebrazioni – per velocizzare il tempo celebrativo. 
A tal proposito al fine di aumentare l’indispensabile senso di rispetto da parte dei fedeli per il Santissimo Sacramento formuliamo una proposta semplice , semplice. 
Crediamo infatti che sia assai più bello riporre il Santissimo Sacramento processionalmente nell’antica Cappella dell’Adorazione Eucaristica ( detta anche Cappella Francese ) almeno dopo le celebrazioni più importanti ( l’ultima della mattina e l’ultima della sera ) avvalendosi di alcuni ministranti che recano  le candele accese . 
Un Frate, con il velo omerale, potrebbe prelevare le Pissidi sull’Altar Maggiore durante il canto di ringraziamento di Comunione ( canto eucaristico ) . 
La piccola processione, nella quale potrebbero prendere parte anche alcuni fedeli – nel caso che non ci siano i ministranti – sarebbe assai edificante per riaffermare il senso della rispetto verso il sublime Sacramento : Pane di vita nuova e pegno della vita futura.
Non crediamo infatti che si fatta piccola processione eucaristica possa compromettere la durata complessiva della celebrazione . N.d.R.)

- Si potrebbe riportare senza problemi il Santissimo Sacramento all’interno della Santa Casa come è stato auspicato da moltissimi fedeli e preti. ( Magari ! Stiamo tanto pregando per questo ! Perché il Figlio venga ri-unito alla Madre ! N.d.R. )

- I banchi dotati di inginocchiatoi dovrebbero gradualmente prendere il posto delle sedie anche e soprattutto nella navata centrale. E’ impossibile infatti inginocchiarsi quando si ha davanti un’altra sedia (e spesso con un’altra persona) a distanza di pochi centimetri. Dobbiamo rassegnarci a seguire la celebrazione eucaristica sempre in piedi o seduti ? Se fossimo ad un concerto potrebbe anche andar bene ma nelle celebrazioni eucaristiche no …

- I confessionali, che sono tanti, antichi e bellissimi, dovrebbero essere assolutamente recuperati per consentire ai fedeli di accostarsi al Sacramento della Riconciliazione, e non vederli ridotti a semplice residuo del passato, a oggetto museale. 
Non tutte le persone infatti sono felici di andarsi a confessare fuori dal confessionale, guardando in faccia il confessore e facendosi guardare a loro volta.
E un nostro diritto tutelato dalla Chiesa che consiglia di accostare i penitenti al Sacramento della misericordia di Dio avvalendosi dei confessionali antichi e moderni. ( Vedere a tal proposito le foto dell'amministrazione del Sacramento della Riconciliazione anche in occasione delle recenti Giornate Mondiali della Gioventù.  N.d.R. )

- Il cosiddetto “punto di ascolto”, in cui un frate o una suora che si mettono caritatevolmente a disposizione per ascoltare i problemi delle persone che a loro si rivolgono potrebbe almeno essere spostato dal posto attuale, che si trova all’interno della cappella Slava (o dei santi Cirillo e Metodio), troppo vicino alla Cappella Francese (dove viene svolta l’Adorazione Eucaristica)…

- Almeno in prossimità dell’ingresso della Santa Casa dovrebbero essere predisposti dei pannelli che delucidano il pellegrino (o il turista che si spera si possa trasformare in pellegrino) su quanto sta per visitare. Non possono bastare infatti quelli sistemati lungo il corridoio, anche perché essi vengono letti, eventualmente, soltanto da chi entra nel Santuario attraverso l’ingresso secondario (quello cioè sotto il porticato) ma non da coloro che entrano attraverso l’ingresso principale.

- Le guide turistiche non dovrebbero MAI potere entrare con i gruppi durante le Messe: è inevitabile altrimenti continuare a sviluppare l’idea del Santuario come museo. Con tutto ciò che ne segue.

Un fedele.
AGGIUNTA

Il fedele di cui sopra non è rimasto del tutto soddisfatto della nostra risposta sull'uso temporaneo del tabernacolo celebrativo posto nei pressi dell'Altar Maggiore :  " Volevo dire poi che è vero che il Tabernacolo in prossimità dell'Altare Maggiore è IN TEORIA "solo momentaneamente funzionale, perché serve a riporre le Sacre Particole"... ma il punto è che questo avviene non in occasione solo di "alcune celebrazioni", bensì, a quello che ho sempre visto, in concomitanza con praticamente tutte le celebrazioni che, rammento, sono BEN SETTE durante la giornata feriale (si esclude infatti la celebrazione delle 7.30 in Santa Casa).
Infatti specie da aprile e fino a tutto ottobre l'afflusso dei pellegrini e turisti spesso è alto, così come da metà dicembre all'Epifania, e possono occorrere molte particole. 
E questo nei giorni sia feriali che festivi, se si esclude solo l'inverno praticamente, durante il quale le celebrazioni eucaristiche feriali si svolgono attualmente tutte nella Cappella detta del Pomarancio e le festive esclusivamente all'Altare Maggiore. 
Perciò si può intuire che è tantissimo il tempo trascorso da Nostro Signore Sacramentato all'interno di quel "coso" che ci vorrebbero propinare come transitorio tabernacolo (e che sarebbe offensivo comunque anche qualora fosse temporaneo, sia per collocazione sia per mancanza assoluta di dignità in se stesso...). 
Scusatemi, ma è doverosa tale precisazione per comprendere meglio uno dei punti più dolenti attualmente del Santuario, almeno a mio modestissimo avviso".






giovedì 19 settembre 2013

«Il confessionale non è una sala di tortura» o i «raggelanti armadi» ( 1975 la storia si ripete ...)

ARMADI GELIDI E CUORI DI CARTAPESTA

Di Padre Pellegrino Santucci :
 GLI STRUZZI 
 ( Grafiche Consolini, Bologna, Febbraio 1975. Da pag. 160 a pag.165 )

La verità detta da un imbecille resta la verità di un imbecille. La più grande corbelleria sputata da cattedre prestigiose fa subito notizia e i gonzi la prendono per verità

Per l'ennesima riforma, l'ennesima idiozia!
Ormai anche questo rientra nel costume ecclesiastico del nostro tempo. 
E’un vero peccato: ne perde la serietà, ne fa le spese la religione, si turbano le coscienze, i trinariciuti del post-Concilio rischiano di cadere proprio là dove si ritengono sicuri per modernità e progressismo,
L'Osservatore Romano ha pubblicato le direttive e le indicazioni pastorali e liturgiche sulla pratica del Sacramento della Penitenza.
Le ho lette, studiate e, nonostante la mia ormai più che giustificata allergia a certe novità, devo dire che, dopo tutto, mi piacciono. 
Peccato che io non le possa attuare nella loro purezza: una precoce e insanabile ipoacusia bilaterale mi ha da tempo sbarrato le porte del confessionale e quello che per me fu fino a ieri una palestra di autentiche battaglie per portare luce alle anime, oggi è solo una tortura: devo rinunziare a ciò che del Sacerdozio — dopo e forse prima dell'Eucarestia -— è la parte più esaltante.
Ma non tutti la pensano così... 
E non la pensano così, per somma disgrazia della Chiesa, i lisci monsignorini di una certa dirigenza vaticana sempre in vena di bruciare le cose sante del passato per far posto agli idoli di una nuova mitologia laica, per non dire a volte pagana.
Leggo ( 1 ) che Mons. Gilberto Augustoni. « il prelato » (?!) ( ora Cardinale di S.R.C. n.d.r. ) incaricato dalla Santa Sede di illustrare ai giornalisti il testo della riforma», non ha voluto perdere la ghiotta occasione di squalificarsi come sacerdote e come uomo quando, preso dal gusto sadico della demolizione del passato, non si è vergognato di definire i confessionali « raggelanti armadi »
D'ora innanzi, secondo l'interpretazione « volutamente e pervicacemente » falsa delle disposizioni della Santa Sede, il confessionale dovrebbe scomparire...
Chi fa dire queste cose a uomini di Chiesa che, come minimo, dovrebbero avere il pudore di non esporsi al ridicolo?
Ma così vuole oggi la tirannia delle mode, tanto più sfacciate quanto più ammantate di progressismo.
Invece, secondo le ultime disposizioni, i «confessionali» non verranno aboliti.  Anzi!...
Eppure, come si ostinano questi chierici della menzogna a cambiare le carte in tavola!
Perchè? E’ semplicissimo: per mettere i credenti di fronte al fatto compiuto! 
La solita tecnica dei furbi...
È penoso, è triste, è sconfortante, in momenti di paurosa apostasia, condannare un passato di fede, di carità, di sacrificio, di eroismo.
Sì: perchè il confessionale è stato il tribunale di quella misericordia che il Cristo, non quello super-star degli efebi, ma il Cristo Dio e Figlio di Dio ha voluto riversare sugli uomini proprio fra le smagliature di quelle grate dove si è consumata fino all'olocausto la santità di migliaia di sacerdoti che con pazienza e sopportazione certosine hanno raccolto le miserie, le lacrime, le disperazioni e le gioie di miliardi di uomini e da peccatori li hanno fatti buoni e da buoni santi.
Amici lettori, che offesa alla verità, alla Chiesa, alle coscienze, a ciò che di più penetrante ha istituito il cristianesimo per raccogliere nel silenzio e nel più assoluto segreto le pene e spesso, sì spesso, molto spesso i drammi delle anime!
Quanti di noi sacerdoti — sia pure nelle nostre modeste esperienze — non potremmo sciorinare una lunga litania di peccati (dalle bestemmie all'adulterio, dal furto all'omicidio; sì, anche all'omicidio!) dall'aborto a tutte le altre mille perversioni della vita umana, peccati che spesso si coloravano di tinte drammatiche con sottofondi di disperazione tesa fino alla follia suicida?
Quanti di noi ancora, nel quotidiano esercizio del ministero della Confessione, non hanno acceso anime spente, non hanno recato pace ad intere famiglie, non hanno sorretto, incoraggiato tante generazioni di giovani che poi nella vita sono stati i migliori testimoni di un cristianesimo robusto e coraggioso di fronte al quale impallidiscono le velleità comunitarie di certa nuova gioventù tutta latte e miele, tutta contestazione.
E quanti di voi, amici lettori, non hanno trovato almeno una volta nella vita, la pace, la gioia, la fiducia proprio in quegli «armadi raggelanti» che oggi si dovrebbero demolire per farne magari dei bar per consumazioni eucaristiche.
Ci siamo lamentati tutti, ci siamo sdegnati insieme con Paolo VI per lo scandalo del libro «sesso in confessionale» da cui poi è stato tratto anche un film
Ci siamo domandati com'è possibile che — per vile danaro — si ricorra a queste vergognose simonie laiche che violano i segreti più reconditi delle anime e turbano quella fiducia che hanno sempre ispirato i «raggelanti armadi».
Ma è ora di dire che se ciò è avvenuto, è per colpa nostra: per colpa di quei sacerdoti che in nome di riforme ibride e pretestuose, hanno dissacrato tutto, tutto messo in ridicolo. 
Nessuna meraviglia se laici spregiudicati, giornalisti indegni di questo nome, hanno potuto violare impunemente le barriere delle coscienze, senza che nessuna legge umana abbia saputo perseguirli...
Si stanno raccogliendo i frutti della dissacrazione e — purtroppo — chi ne fa le spese sono quelli che non ne hanno colpa: i sacerdoti che della fedeltà hanno fatto impegno di vita, le anime che ritenevano di poter river-sare nel cuore del sacerdote le pene, le angoscie e, diciamolo pure, anche le sciocchezze della loro vita.
Verrà quindi anche la riforma della Confessione, chiamata d'sra in poi «riconciliazione». 
Speriamo che giovi a tutti, specialmente a quei cuori di cartapesta che non hanno mai capito la sacralità e la maestà dei «raggelanti armadi» di cui parla l'untorello vaticano. 
Intanto dalla vicina Francia giungono le prime notizie... consolanti sul nuovo corso impresso ai sacramenti da una statistica ufficiale e condotta con molta serietà, risulta che il cinquanta per cento dei cattolici che si comunicano abitualmente, hanno già abolito la confessione.
Anche la logica delle deformazioni ha le sue leggi inesorabili!
Ho detto fin dall'inizio, non per cautelarmi, ma perchè ne sono convinto, che le norme sulla «riforma» del Sacramento della Penitenza mi trovano perfettamente allineato: non c'è, sostanzialmente, nulla di nuovo e nulla di strano. 
Le novità e le stranezze le inventeranno — e le hanno già inventate — i preti. 
Io stesso ne ho avuto subito la prova e diverse persone hanno assistito disgustate ad un banale episodio, indice però di una mentalità e di un costume forse ormai irreversibili. 
 In occasione di un matrimonio che coincideva con una «grossa» festa sociale, ci siamo trovati in chiesa in cinque sacerdoti: l'unico vestito con la talare ero io!...
Mi hanno richiesto in confessionale e, pur con le difficoltà sopra accennate, ci sono andato.
Ne sono uscito dopo mezz'ora: la mia tonaca nera era diventata bianca, le ragnatele mi addobbavano dalla testa ai piedi: da oltre un anno, in quel confessionale, fino a ieri luogo d'incontro di miserie, di debolezze, di chiacchiere — pensatela come volete — nessun prete si era più seduto.
Circa le novità non è d'accordo con me un anonimo (si firma F. P.) di «Famiglia Cristiana» ( 2 ) , il rotocalco impegnato a smantellare la tradizione, non con articoli di brutale rottura, ma col fumettismo tipografico. 
«Le novità più interessanti riguardano soprattutto gli elementi dottrinali che capovolgono la mentalità corrente».
Ahi! Ci risiamo!
Quindi si cambia tutto, si «capovolge!» 
«Si accentua cioè il fatto che la penitenza sacramentale è l'incontro tra l'azione di Dio che salva e quella dell'uomo che, riconosciute le proprie colpe, si pente e si converte».
Si vede proprio che F. P. non si è mai confessato o non ha mai confessato, oppure non capisce il significato di quello che scrive. 
E che forse la confessione di ieri non voleva le stesse cose? 
«È ancora più importante (sic!) l'accusa dei peccati, ma diventa prevalente la convinzione che l'uomo e permanentemente in cammino verso Dio. che sempre viene incontro con la sua misericordia».
C'è da trasecolare a leggere queste frasi fumose e ibride! 
Intanto, l'aggettivo importante è una pura e semplice cretineria: l'accusa dei peccati è necessaria, non importante. 
Il resto, cioè l'uomo in cammino è solo retorica...
Ma più che il breve scritto di «Famiglia Cristiana» contano due disegni, veramente illuminanti che anticipano vigorosamente quella che sarà la realtà lieta e accomodante di certa «pastorale» disancorata dai suoi presupposti teologici e morali.
Primo disegno: un prete che assolve una massa anche se la didascalia attenua l'impressione immediata che scaturisce dal gesto del sacerdote.
Il secondo, straordinariamente efficace e di palpitante attualità: un altro prete che «confessa» una bella ragazza, extra confessionale.
Nulla di strano, per carità! 
D'ora innanzi, io, sordastro, potrò agire solo cosi!...
Il lato piacevole è dato dalla disinvoltura serena della tizia e dalle sbirciatine furbastre del Reverendo che non vorrebbe guardare, ma guarda...
Non è d'accordo con me, o meglio, non sono io d'accordo con lui, nemmeno il Rev. Padre Gesuita Zoltan Alseghy di «Civiltà Cattolica» quando nella scia ormai anch'essa irriversibile del riformismo, insiste sulla riscoperta della natura «ecclesiale» della penitenza...
Anche queste sono tutte sciocchezze: si confonde una realtà teologica con approssimazioni misticheggianti che possono anche arricchire i lati esteriori di un Sacramento, ma di cui non rivelano la realtà.
D'accordo sugli aspetti «ecclesiali», come si dice oggi, ma i peccati sono personali e li deve scontare chi li commette. 
Per caso, non si vorrà forse instaurare una specie di politica di centro-sinistra anche in confessionale secondo cui una classe — quella dirigente — fa i malestri e la comunità li paga?
Mi pare che questo massificare o ecclesializzare a tutti i costi i fatti individuali rientri in un costume giuridicamente insostenibile.
La confessione è un tribunale: chi rompe, paga!
Ottima cosa, ma puramente marginale e, se volete, anche coreografica, confessarsi, come una volta a Dio Onnipotente, alla Beata Vergine Maria, a S. Michele Arcangelo (ora però emarginato, forse perchè porta la spada) e «a voi, fratelli».
Bene, molto bene: però Iddio il conto lo chiederà a noi, in singolo.
Certo insisteremo di più sui peccati sociali, sulle denunzie dei redditi non effettuate o aggiustate, sui nostri troppi inutili viaggi, sul troppo tempo che si perde nelle assemblee, sui peccati ecclesiali che turbano le coscienze, sugli amori con comunisti e fascisti, sugli abbandoni ormai cronici del gregge da parte dei pastori, sulle concelebrazioni frettolose e comode, su concezioni epidermiche della povertà ecc. ecc..
Ma questo non cambia nulla e la vecchia legge del «chi rompe paga » è ancora in vigore presso il tribunale di Dio.
Chi ritenesse di ovviare alla crisi della confessione con certi surrogati di dubbio gusto può rassegnarsi a capitolare. 
Avete visto come sono sbolliti gli entusiasmi, i fumi per le «messe beat»? 
Una chitarra riempiva una Chiesa: andateli a cercare ora i giovani e i preti di quelle messe.
Di inchieste sulla Confessione se ne sono fatte anche nelle forme più morbose e più sfacciate: «Sesso in confessionale», il libro e il film che umiliano il giornalismo e il cinema, sono una grossolana deformazione di realtà che non si possono smentire.
Ma anche le altre, più serie, per esempio di P. Silvano Burgalassi e di Gianfranco Svidercoschi non dicono niente: si arrestano, come è logico, davanti alla freddezza delle cifre e mai penetrano il mistero avvolto di dramma e di miserie che fa della Confessione il sacramento del riscatto, della  luce, della grazia.
Certo, certo il confessore, messo di fronte alla realtà di un mondo allo sbaraglio dove principi naturali e soprannaturali hanno scarsa presa sulle coscienze, deve sfoderare tutta la pazienza, la sapienza e la «sacralità» della sua persona per non minimizzare il suo ministero e fare del confessionale un gabinetto da psicanalisi. 
Insisto su questo termine: sacralità
Ho l'impressione e diamo spesso noi sacerdoti l'impressione di esserci svestiti di questo «habitus» interiore che è tipico del sacerdozio cattolico. 
La facile e troppa secolarizzazione, seguita purtroppo da un «mo¬dus rivendi» che ne è la conclusione logica, ci svuota di quella carica soprannaturale della quale grondavano i santi e che negli stessi ministri di Dio, diciamo normali, è sempre stata il distintivo caratteristico.
Ho parlato anche di sapienza e volutamente.
Al di fuori di schemi di ascetica laica, intrisa di esotismi come di sapere mondano, credo che il vecchio discorso di S. Paolo sul sapere, sia oggi tutt'altro che superato.
Forse la teologia di ieri ha voluto dir troppo e per questo ha ucciso in molti la fede.
Probabilmente la filosofia tomistico-aristotelica ha voluto scoprire una logica nel Padreterno che invece non ha o meglio, è al di fuori dei nostri schemi.
È sempre stato detto che non è il ragionamento a riportare Dio sui binari della vita, ma la fede, la grazia e, da parte dell'uomo che fede e grazia deve trasmettere agli altri, la più larga, intensa e profonda partecipazione delle stesse così da impegnarsi di quella sacralità che sola crea i contatti con le coscienze. 
Il resto, è palliativo.
Non saranno quindi né teologi, né psicologi, né filosofi a tirar fuori Dio dal cassetto, a piegare le anime, a strappare le lacrime, ad aprire le caterrate del cielo a chi vive della vita del cielo.
Chiedo scusa della predica, ma una cosa della quale sono fermissimamente convinto è questa: che proprio fra gli armadi raggelanti cui accenna il monsignorino romano ( ora Cardinale n.d.r.) si può dare concretezza a un colloquio costruttivo e sprigionare tutto quel calore che scaturisce dal cuore e dall'anima di chi crede fermamente in Dio e Dio ama appunto con tutto il cuore e con tutta l'anima.

P.Pellegrino Santucci ( Servi di Maria)


Note dell’Autore

1      Da « Il Resto del Carlino » - 8 febbraio 1974.

Curiosa la vicenda di questo polpettone giornalistico: il Papa disapprova certe trovate dissacrato¬rie, la stampa cattolica le pubblicizza con più insistenza e «Famiglia cristiana» tira diritto in barba al Papa e al buon gusto.

L'orgoglio e il pregiudizio ... ( preti e fedeli piangono per la“ Passio Ecclesiae ”)

"Non per i segni ma per quello che viene buttato in pasto ai fans ".

L’immagine allegata è tratta dalla consacrazione episcopale del nuovo elemosiniere Konrad Krajewski, svoltasi il 17 settembre scorso all'altare della Cattedra nella Basilica Papale di San Pietro. 
Il Papa non ha concelebrato. 
Si è limitato a prendere parte, come un semplice vescovo in mezzo agli altri vescovi …
La semplicità e la sobrietà sono indubbiamente dei pregi per un ecclesiastico .
Il semplicistico "pauperismo" pontificale ( quotidianamente offerto ai compiaciuti mass media ) desta invece preoccupate perplessità perché viene mortificata l’estetica sublime del Sacro, che rimanda e allude all’identità metafisica del Vero, del Bello e del Buono.
Rifiutare l’estetica, in nome di un’intellettualistica e, come è stato giustamente osservato, orgogliosa e compiaciuta “semplicità”, significa rifiutare il portato ontologico e metafisico, e non solo didattico e anagogico, della Bellezza e dei simboli, il che porta a una desacralizzante banalizzazione, alla sciatteria liturgica e al semplicismo dottrinario tipicamente protestante e dei gruppi “ carismatici “ .
L’estetica non è orpello, ma attributo del Vero, e il rifiuto del Bello è rifiuto della Verità.
Molti santi vivevano personalmente in sobria povertà, ma curavano che le chiese, gli arredi liturgici, i riti fossero ricchi e fastosi, perché a maggior gloria di Dio.

“Povertà non è pauperismo, semplicità non è sciatteria, vicinanza al popolo non è populismo demagogico!
Tener conto dell`influenza dei media non implica, consapevolmente, metterseli in tasca facendo e dicendo quel che li fa partire in estasi ! 

Dal momento che parliamo di "abiti", che non sono semplici abiti ma altrettanti simboli, non lo sottolineo più perchè è ormai inutile ma c`è un`immagine che ogni qualvolta la vedo mi disturba: sono i pantaloni neri del Papa ampiamente visibili, anche da lontano, sotto la veste bianca.
Non è solo la trascuratezza a colpirmi in quel bianco-nero ma è l`evidente volontà del Papa, anche in quello che non è un dettaglio (il bianco è un segno distintivo dell'autorità pontificia), di non adattarsi a ciò che non gli aggrada, di imporre la sua volontà e di far di testa sua ” - ha scritto una fedele - Benedetto XVI nell’omelia della Messa Crismale del 2007 ricordava ai sacerdoti il simbolismo delle vesti liturgiche: “ … entrare sempre di nuovo nel "sì" del nostro incarico – in quel "non più io" del battesimo …( per ) domandarci se portiamo questo abito dell’amore. Chiediamo al Signore di allontanare ogni ostilità dal nostro intimo, di toglierci ogni senso di autosufficienza e di rivestirci veramente con la veste dell’amore, affinché siamo persone luminose ". 
Questo è il tempo glorioso della “ Passio Ecclesiae “ inutile nascondercelo.
Fra le icone di questa “ passione “ si può ascrivere anche la foto che abbiamo allegato : l’orgogliosa, ostentata e auto-compiaciuta “ semplicità ” è gradita  a Dio ed è pastoralmente efficace per i fedeli ?
Noi dobbiamo offrire, proprio per amore del Signore e della Sua Chiesa, alla quale apparteniamo e nella quale siamo "Suoi", le nostre sofferenze per gli atti che sono in disunione con la Tradizione della Chiesa prendendo anche le distanze in coscienza, dagli scostamenti dalla verità, " in attesa del ripareggiamento ", per dirla con Amerio, che di certo verrà: lo crediamo de fide.
Possiamo e dobbiamo farlo custodendo, difendendo e diffondendo ciò che abbiamo ricevuto, andando avanti con fiducia.
Gli scoramenti arrivano. 
Ma, nel Signore possiamo superarli, non permettendo che qualcuno o qualcosa ci tolga la gioia della Resurrezione”. ( Cfr Una Teologa fedele alla Tradizione )

Come contrapposizione all’immagine dell'ordinazione episcopale, che stiamo rispettosamente criticando, citiamo le apprezzabili le parole che il Papa  ha rivolto oggi ad un gruppo di Vescovi : “ Il nostro è un tempo in cui si può viaggiare, muoversi da un punto all’altro con facilità, un tempo in cui i rapporti sono veloci, l’epoca di internet. 
Ma l’antica legge della residenza non è passata di moda! 
E’ necessaria per il buon governo pastorale…
Vedete, la residenza non è richiesta solo per una buona organizzazione, non è un elemento funzionale; ha una radice teologica!
Siete sposi della vostra comunità, legati profondamente ad essa!
Vi chiedo, per favore, di rimanere in mezzo al vostro popolo. Rimanere, rimanere…
Evitate lo scandalo di essere “Vescovi di aeroporto”!
Siate Pastori accoglienti, in cammino con il vostro popolo, con affetto, con misericordia, con dolcezza del tratto e fermezza paterna, con umiltà e discrezione, capaci di guardare anche ai vostri limiti e di avere una dose di buon umorismo. E rimanete con il vostro gregge!
Papa Francesco contro Papa Francesco : l'altro ieri ( stando assieme agli altri Vescovi senza alcun segno particolare della Sua suprema giuristizione pontificale ) ha mortificato una tradizione più che millenaria mentre oggi ne ha esaltato una  che risale al Concilio di Trento.

Un intellettuale ci ha scritto : “ … non ho mai visto una sola parola, un solo aggettivo, una sola umana partecipazione per le sorti enormi e per il carico difficilissimo che il Santo Padre ha sulle sue spalle a trarre la barca di Pietro dal pantano nel quale si era arenata non tanto per quel sant'uomo di Benedetto XVI ma per i circoli dei quali si era circondato … ( E’ sempre colpa nostra : dei tradizionalisti, dei tridentini… gli "untori" di questo momento storico N.d.R.)
Quella foto, sottovalutata ma magnifica nella sua tragica testimonianza, nella quale i due Pontefici ( Benedetto XVI e Papa Francesco I N.d.R.) si scambiano i saluti a Castel Gandolfo e quella scatola bianca sul tavolo... monito e pregnante presenza del maligno nei documenti in essa contenuti la dicono lunga sulla consapevolezza dei due uomini ( santi ambedue) dei tragici destini in cui era caduta la Chiesa di Roma. 
Non riflettiamo abbastanza sulla tragedia che ha rischiato la Santa Sede e ringraziamo il Santo Padre che, da buon gesuita colto ed antico, sfrutta la modernità per riportare la navigazione in acque tranquille. ( Ma c’è mai stato in 2000 anni di storia del cristianesimo un periodo “tranquillo” per la Chiesa ? Ci potrà mai essere la " tranquillità " per la Chiesa impegnata nella quotidiana lotta contro le tenebre che opprimono l'uomo ? N.d.R.) ”.
 
Un altro fervente “papalino” che durante il Pontificato-Via Crucis di Benedetto XVI si era addormentato, un sonno durato quasi 8 anni … ha scritto : “ Tutti parlano del Papa. Parlano da ricette e formule che danno quello che deve o dovrebbe fare.
Mi chiedo se quelli che parlano hanno  usato  la stessa carità che Francesco ha sempre fatto. (Visita i poveri, i malati, che sono in carcere... i preferiti di Dio...)
Il nostro (*) Papa è ben consapevole del fatto che ci sono troppi teologi e sacerdoti che sono insegnanti che amano insegnare, ma non vogliono lasciare la loro comodità, perché significa andare al particolare servizio di quest'ultimi.
Qui viene mostrato che la conoscenza degli altoparlanti è una conoscenza piena di orgoglio, di vanità ..... ma la Sapienza del Papa è pratica e concreta, la predicazione di un Cristo crocifisso, scandalo per coloro che sono perso, ma la potenza di Dio e sapienza di Dio. 1 Corinzi 1:18-24 ”.

Questi interventi così affettuosi nei confronti del nuovo Papa mi ricordano anche un'elegante frase, riferita a Francesco I,  che sta circolando in alcuni circoli “ illuminati ”: “ NOI ( notare il plurale maiestatis ) AMIAMO QUESTO PAPA PERCHE’ E’ IL PAPA DI TUTTI GLI UOMINI E NON SOLO DEI CRISTIANI ”.

Andrea Carradori



(*) In un certo linguaggio cifrato ( ma neppure  troppo ) negli ambienti illuministi - e attigui - si adopera l'aggettivo possessivo della prima persona plurale per mettere in risalto  la perfetta aderenza  dei membri del Club con un personaggio di cui si condivide l'operato. Diciamo che il Personaggio indicato con " nostro " viene considerato come una specie di membro onorifico del Club .