Per riflettere su alcune sconcertanti iniziative ecclesiali riportate dalla stampa soprattutto in questi giorni....
Il CONSUETO RITARDO CULTURALE DELLA CHIESA.
ULTIMO ESEMPIO.
di Maurizio Blondet
9 novembre 2016
Il colloquio – informa la Sala Stampa vaticana – si è focalizzato soprattutto sui temi dei flussi migratori, dell’accoglienza ai migranti e della loro integrazione”.
Il giorno stesso della vittoria elettorale di Donald Trump, portato da un vento rivoluzionario, è una strana e ridicola conferma: il consueto ritardo culturale con cui le gerarchie adottano le mode del mondo.
Io che sono vecchio, ne ho viste tante di queste adesioni.
Prelati comunisti quando il comunismo stava fallendo sotto gli occhi di tutti.
“Teologi della liberazione” il giorno prima del crollo del marxismo sovietico.
Adoratori di Mao e di Allende, sempre un po’ indietro sui fatti.
Preti sedotti dal freudismo che discettavano di “pulsioni inconsce”, “sessualità repressa”, interpretazione dei sogni e si facevano psicanalizzare anni dopo che il mondo della psichiatria scientifica aveva buttato Freud nelle discariche ideologiche, constatando che – come terapia – non guariva.
C’è stata una stagione in cui i soli a volersi sposare erano i preti (e qualche LGBT).
Naturalmente, potrei enumerare una lunghissima schiera di evoluzionisti darwiniani porporati e cattedratici di teologia, ignari che il darwinismo sta cedendo sotto gli attacchi di biologi e paleontologi; praticamente il Vaticano è l’ultimo bastione dell’evoluzionismo che inviti a conferenze internazionali i superstiti credenti che veniamo tutti da amebe primordiali, per puro caso e selezione.
Adesso il Vaticano è globalista mentre la globalizzazione liberista entra in crisi, con Trump; promuove il governo mondiale delle oligarchie tecnocratiche, nei mesi in cui finalmente vengono contestate dalle opinioni pubbliche occidentali; è fautore dell’abbattimento dei confini quando le opinioni pubbliche li alzano, della mixità etnica indifferente alle culture e alle identità religiose, secondo il verbo di George Soros che è uno dei grandi perdenti dell’ora, e che presto sparirà.
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