Consigliamo di leggere e di meditare le ispirate parole che il Vescovo di Macerata ha oggi pronunciato per la festa del Patrono San Giuliano l'Ospitaliere.
Omelia di San Giuliano
In politica il Vescovo non sceglie, ma educa
Macerata, 31 Agosto 2020 *
Carissimi
 fedeli, in questo momento significativo della vita della nostra città, 
la chiesa attende giustamente dal Vescovo una parola chiara. 
Anche la 
Prima Lettura ci ha esortato ed ammonito dicendo: “guai ai cuori pavidi… ed a chi cammina su due strade!”.
Ma il Vescovo non può essere uomo di parte, schierato contro 
qualcuno. 
E soprattutto il popolo, sia i credenti che gli altri, va 
stimato e rispettato: non è una massa da dirigere, ma un insieme di 
persone dotate di giudizio e maturità tali da potere e dover scegliere 
da soli ciò che è buono.
Al Vescovo spetta di ricordare ciò su cui si fonda la fede e la vita 
credente e magari mettere sull’avviso quando percepisce che, dietro le 
pieghe di un passaggio storico, ci sia forse più di quello che appare a 
prima vista. 
Ho infatti la sensazione che sia in atto un confronto non 
solo sulle soluzioni tecniche per risolvere problemi di natura 
economica, produttiva, di sicurezza sociale o altro. 
C’è anche un 
livello più profondo, in cui si tratta di decidere quale idea di uomo e 
di società si vuole portare avanti.
Scegliere bene da questo punto di vista è più difficile perché la 
visione cristiana è presente nei vari schieramenti, ma in maniera 
parziale, accentuando un aspetto o l’altro, ma quasi ovunque lasciando 
indietro elementi tutt’altro che secondari.
Perciò potrei dire che: chiunque vincerà sarò un po’ scontento, o 
meglio che dal mattino dopo mi batterò perché non vengano dimenticati 
quei temi e quei valori che per noi Cristiani non possono essere 
lasciati da parte. 
Chiunque sarà eletto sappia perciò che in città ci 
sarà un Vescovo scomodo.
Attenti a una visione antropologica parziale.
Quello che soprattutto mi preoccupa è che mi sembra non si tenga 
conto dell’uomo nella globalità della sua natura, complessa e ricca, 
come milioni di anni di evoluzione naturale e molti millenni di cultura 
ci hanno insegnato a pensare. 
L’uomo non è solo una macchina dotata di 
pompe e circuiti, per quanto evoluti, che funziona finché viene 
alimentata ed i suoi organi non si usurano irrimediabilmente.
Questa visione positivista e meccanicista dell’uomo, sostenuta da una
 parte minoritaria degli intellettuali del 1700, è superata dalla 
storia. Il famoso “illuminismo” che doveva garantire il paradiso in 
terra, ha visto le sue lampadine fulminate da due guerre mondiali e 
dagli stermini dei campi di concentramento e dei gulag: tutte cose 
orribili, ma tecnologicamente e razionalmente davvero molto ben 
organizzate. 
In quei momenti bui e per quegli uomini oscuri, non si era spenta la luce della ragione tecnica, ma la ragione del cuore, la luce dell’anima.
In quei momenti bui e per quegli uomini oscuri, non si era spenta la luce della ragione tecnica, ma la ragione del cuore, la luce dell’anima.
La visione dell’uomo dei Padri Costituenti.
“Considerate le generazioni passate e riflettete” ha detto 
la Prima Lettura, e credo abbia ancora molto da insegnarci la 
generazione del dopoguerra, quella che ha scritto la Costituzione.
I Padri Costituenti avevano una visione dell’uomo ampia e saggia. 
Prima di tutto stimavano la persona che lavora, non l’individuo che rincorre e le sue voglie.
Prima di tutto stimavano la persona che lavora, non l’individuo che rincorre e le sue voglie.
Ed indicavano perciò ad ogni persona il 
«dovere di svolgere… un’attività o una funzione che concorra al 
progresso materiale o spirituale della società» (Art 4). Ricordando così
 che c’è un progresso materiale, ma anche uno spirituale, come può 
esserci un regresso materiale, ma anche uno spirituale. 
Se la storia che
 stiamo costruendo operasse un progresso materiale, ma in cambio di un 
regresso spirituale, avremmo fatto un ben magro guadagno.
Per contribuire a questo progresso dello spirito, i Padri Costituenti
 chiamarono a collaborare con lo Stato anche le tutte le Religioni e la 
Chiesa cattolica, con i loro credenti ed il loro pensiero. 
Perché il 
nostro fosse uno Stato laico, ma non laicista.
Volevano creare un mondo di persone che si volessero bene, dopo tanto
 odio che aveva insanguinato la nostra terra, ed i cristiani ricordavano
 agli altri che un amore stabile e duraturo non si può costruire contro 
Dio, certi di quello che dice la Seconda Lettura: “amiamoci gli uni gli altri” … non dimenticando che “l’amore viene da Dio”.
Volevano creare un mondo libero dopo le dittature del passato, ma 
sapendo bene che la vera libertà ha un limite: quell’utilità sociale, 
quel bene comune, “quell’amarsi gli uni gli altri”, 
quell’essere tutti sulla stessa barca della vita, che non autorizza 
nessuno a fare buchi nello scafo perché lui ha voglia di andare a fondo.
La bella lezione della generazione che ha fatto la prima 
ricostruzione delle nostre terre aveva perciò una visione dell’uomo e 
della società più ampia e reale di certi riduzionismi tecnicistici, dei 
quali stiamo sperimentando i limiti.
Quale uomo per quale “ripartenza”?
L’uomo non è solo una macchina che mangia e consuma, ma è un uomo che
 lavora, che si ammala, che deve tutelare la salute, il proprio reddito,
 il benessere della propria famiglia e che ha dei bisogni spirituali, 
nel senso più ampio del termine. L’uomo ha bisogno di bellezza, di 
sperare, di credere, di alimentare la propria anima.
Vorrei dire questo con forza perché tutto il tema della “ripartenza”,
 che abbiamo davanti non potrà avvenire realmente se non riparte l’uomo,
 e tutto l’uomo e non solo il consumatore, o l’elettore o il tifoso.
Ci stiamo preoccupando di far ripartire il consumatore, l’uomo che 
produce e che mette in moto le filiere, l’elettore che permette di 
stabilire chi comanda, o il tifoso che fa funzionare la più importante 
macchina del tempo libero, ma l’uomo ha bisogno di trovare dei motivi 
più profondi per vivere e per sperare.
Per iniziare la giornata non basta accendere la luce della stanza, 
dobbiamo anche accendere una luce dentro di noi, che ci dia voglia e 
motivi per fare e per fare bene.
Se l’uomo non torna a sperare che è possibile ancora vivere insieme, 
che l’altro non è una minaccia ma una risorsa, che non sono solo ma ho 
una famiglia, dei figli, delle persone che amo e che mi amano, non ci si
 potrà dare una mano per ricostruire questo Paese.
Quale visione dell’uomo ci viene proposta?
La questione dell’uomo non è perciò secondaria, non è una fissazione 
dei preti e dei filosofi. 
Perciò è importante chiedersi: che visione 
dell’uomo abbiamo e che tipo di mondo vogliamo costruire? 
Ed anche 
chiederlo a chi ci domanda la fiducia ed il voto.
In questi tempi si è parlato spesso di “nuovo umanesimo”. 
Se con 
questo si intende che bisogna riscoprire il valore dell’uomo rispetto 
alla macchina ed al denaro, può essere un linguaggio buono. 
È quello che
 dice anche il bello slogan della nostra Università: “L’umanesimo che 
innova”. 
Ma se si trattasse di realizzare un progetto di uomo del tutto 
nuovo e molto diverso da quello delle generazioni che ci hanno 
preceduto, sarebbe il caso di preoccuparsi. 
Se l’uomo nuovo che si vuol 
costruire e moltiplicare fosse: un individuo solitario, pieno di diritti
 e senza doveri, senza natura e senza storia e radici, che afferma sé 
stesso senza legami con gli altri. 
Allora questo supposto “umanesimo” 
non sarebbe né cristiano, né compatibile col cristianesimo. lo dico 
chiaro, sarebbe un progetto davvero pericoloso.
Il rischio della tecnocrazia.
Purtroppo il grande male di questo secolo, e di questi decenni, è la 
tecnocrazia: cioè il pensare che l’uomo possa raggiungere la felicità 
tramite la tecnica. 
Quindi se il nostro corpo è fragile e mortale la tecnica può risolvere: basta trovare le norme e i protocolli di cura giusti.
Quindi se il nostro corpo è fragile e mortale la tecnica può risolvere: basta trovare le norme e i protocolli di cura giusti.
Se c’è violenza ed ingiustizia, bastano leggi chiare e forze 
dell’ordine ben equipaggiati per risolvere tutto. 
Nell’economia, la 
tecnica ben registrata potrebbe far aumentare senza fine il benessere… 
Ci siamo così dentro a questo modo di pensare, che crediamo senza grossi
 dubbi al fatto che basti un aumento del PIL per essere tutti felici!
Ma per quanta tecnica useremo non potremo sfuggire alla vecchiaia ed 
alla morte. 
Avere tanti soldi ci farà trovare tanti amici interessati, 
ma non ci garantirà l’amore vero di nessuno. 
Il senso della vita e la 
voglia di viverla, non lo può dare nessun elettrodomestico, per quanto 
sofisticato.
La salvezza dell’uomo, la tua salvezza, cioè la tua vita piena e 
buona non è un problema di tecnica, ma di umanità, di incontro, di 
dialogo, di collaborazione, di relazione positiva e buona con gli altri. 
Questo insegna l’umanesimo cristiano.
Questo insegna l’umanesimo cristiano.
Il cuore della nostra fede, come dice la seconda lettura, è che non ci salviamo da soli, ma che è “Gesù mandato dal Padre che ci salva”.
La pandemia e la visione dell’uomo.
Una cosa che questa emergenza ci ha fatto scoprire è che non siamo 
fatti per il distanziamento sociale. 
Chi dice che la natura umana non 
esiste e che ognuno si fa da solo secondo le sue voglie e senza bisogno 
degli altri, ascolti la nostalgia profonda di abbracci, di festa, di 
sorrisi, di giochi fatti assieme che ci sta intristendo tutti.
Abbiamo scoperto che l’uomo è più del proprio corpo, che c’è un 
intimo spirituale, una luce che brilla dentro ognuno, dove è lui e dove 
lo incontro davvero. 
Tramite tablet e smartphone ci siamo visti tanto in
 altissima definizione, ci siamo sentiti in stereo ed anche in 
quadrifonia, ma ognuno ha scoperto quanto è diverso quando due esseri 
umani sono vicino davvero, anche se non si toccano, anche se stanno ad 
un metro di distanza e dietro una mascherina. Nella solitudine di questo
 tempo abbiamo imparato ad essere sensibili alle anime, e la tecnica 
trasmette la vicinanza dei corpi, ma non può trasmettere la vicinanza 
delle anime.
Ho letto in una bella omelia di un saggio prete lombardo: “davanti
 a questa ripartenza, se ci preoccupiamo tutti giustamente della salute 
degli italiani, dobbiamo preoccuparci anche della salvezza degli 
italiani. La salvezza non solo in senso cattolico o cristiano, della 
vita dopo la morte. Ma anche la salvezza delle relazioni, della 
felicità, della possibilità delle nostre famiglie di respirare, di 
vivere e di sperare. La salvezza dei nostri ragazzi che non è solamente 
perdere o non perdere l’anno scolastico, ma è legata a che futuro gli 
stiamo dando e mostrando. Come hanno capito quei medici che mentre 
applicavano tutti i protocolli e facevano tutto quello che dovevano fare
 per la salute, si preoccupavano anche della salvezza: di stringere una 
mano, di mettere in comunicazione il malato con la famiglia, di fare una
 carezza”.
Difendere una giusta visione dell’uomo e di Dio.
Di questo l’Italia e la nostra terra hanno soprattutto necessità: di 
questa visione dell’uomo che è molto più di una macchina che ragiona, 
hanno necessità di un progetto di futuro che dia dignità, responsabilità
 e mostri solidarietà verso chi ha più bisogno, perché ogni essere umano
 è prezioso e sacro.
E permettete che dica con chiarezza in conclusione che con tutto 
questo Dio, il Dio Padre di misericordia che Gesù ci ha insegnato, quel “Dio che ci ama per primo” come diceva la seconda lettura, c’entra e c’entra molto. 
Don Giussani in suo scritto, in origine negli anni '50 addirittura, metteva in guardia i suoi alunni da chi sosteneva che: «Dio
 non c’entra con l’uomo concreto, con i suoi interessi, i suoi problemi,
 ambito in cui l’uomo è misura a sé stesso, signore di sé stesso, 
sorgente e dell’immaginazione del progetto e dell’energia concreta per 
la sua realizzazione».
Che S. Giuliano ci traghetti verso un buon futuro.
L’immagine di San Giuliano traghettatore sul fiume Potenza mi ha 
ispirato una preghiera al nostro Patrono: che ci aiuti a traghettare la 
città verso un buon futuro, aprendola alla collaborazione ed 
all’amicizia con tutto il territorio e le sue genti. 
Per Sua 
intercessione ci mettiamo perciò nelle mani di Dio. Chiediamo che come 
il bravo agricoltore della parabola evangelica, ci aiuti a scegliere i 
tralci buoni da quelli che non portano frutto. 
E soprattutto aiuti 
quanti si candidano a guidare il nostro popolo ad avere la bella umiltà 
di chiedere la sapienza della fede e l’aiuto di Dio, ben sapendo come 
dice il Signore nel vangelo di oggi che: “Senza di me non potete far nulla”.
+ Nazzareno Marconi 
Fonte: Diocesi di Macerata QUI
Foto: di repertorio, prima del terremoto del 2016 e della pandemia.
* La messa pontificale, alla presenza delle Autorità, avrebbe dovuto essere celebrata nella piazza della Cattedrale (chiusa per i grandi danni del sisma). Causa maltempo e pioggia è stata traslata nella grande Domus San Giuliano di Macerata. Annullata anche la tradizionale processione con l'Insigne Reliquia del Santo Patrono e con la statua lignea di San Giuliano.
Foto: di repertorio, prima del terremoto del 2016 e della pandemia.
* La messa pontificale, alla presenza delle Autorità, avrebbe dovuto essere celebrata nella piazza della Cattedrale (chiusa per i grandi danni del sisma). Causa maltempo e pioggia è stata traslata nella grande Domus San Giuliano di Macerata. Annullata anche la tradizionale processione con l'Insigne Reliquia del Santo Patrono e con la statua lignea di San Giuliano.
