mercoledì 9 gennaio 2013

CRISTIADA Quod non fecerunt sectæ, novatores fecerunt.



Un articolo "forte" di Baronio.
Un articolo che fa riflettere.

" Un film sui Cristeros?
Incredibile, a dir poco.
E la scarsissima diffusione che questo film sta ottenendo dovrebbe esser prova sufficiente della bontà del suo messaggio, non fosse che in ragione del fatto che i nemici di Dio e della Chiesa sono ancora gli stessi, anche se la guerra contro Cristo Re è meno frontale ma proprio per questo più pericolosa.
Così è legittimo ritenere che sia buona cosa diffonderlo e promuoverne la visione, in attesa che qualche distributore si decida a vincere le resistenze ideologiche, se non altro in vista di un qualche vantaggio economico.
Ma ciò che inizialmente appare come un raggio di luce nelle tenebre del secolo presente alla fine dimostra di non essere all'altezza del compito.
Ed è un gran peccato, anche in considerazione del cast e della qualità del film.
Certo, non è semplice tradurre in linguaggio cinematografico gli eventi complessi ed articolati di un
periodo storico in cui, in tutto l'orbe cristiano, si scatenano le forze della setta massonica.
Ma è altrettanto vero che non mancano i modi di accennare, anche brevissimamente, a fatti storici che
possono proiettare una luce ben diversa su tutta la vicenda.
E dispiace dover constatare che la grande pecca di Cristiada sia proprio il non aver saputo – o non aver voluto – proporre al pubblico quegli elementi-chiave che avrebbero reso il film veramente onesto e rispettoso della realtà storica.
D'altro canto, una volta che si decide di cimentarsi nella resa filmica di un argomento tanto spinoso,
varrebbe la pena di non preoccuparsi troppo dei giudizi della critica di parte, visto che in ogni caso
il pregiudizio dev'esser dato come un inevitabile postulato, come quando si parla di Crociate, di
Inquisizione e di Medioevo.
Sin dalla Rivoluzione Francese – e potremmo dire ancor prima, con l'eresia protestante – le calunnie
contro la Chiesa e l'ordine cristiano sono state un fortissimo mezzo di propaganda da parte dei suoi nemici; una propaganda che aveva come destinatario principalmente il popolo indotto, al quale venivano propinati romanzi “storici” intrisi di menzogne e falsità inaudite.
Questi scritti, o la loro versione teatrale prima e cinematografica poi, erano una forma di contro-catechesi che trovava compiacente uditorio nelle masse, sempre disposte ad accettare alibi preconfezionati pur di cedere sul fronte morale o politico.
La diffidenza verso il pléthos, pronto ad osannare il Messia che entra in Gerusalemme e pochi giorni dopo a crocifiggerlo, dovrebbe far comprendere il motivo per cui la cosiddetta libertà di stampa di matrice rivoluzionaria sia sempre stata osteggiata dal potere temporale e spirituale, sollecito al bonum commune.
Si noti che alla populace non si presenta una visione teorica e articolata delle ragioni massoniche, bensì una “innocua” vicenda in cui il potente – sia egli un laico o un chierico – è rappresentato come un vizioso o un tiranno, mentre il povero è vittima, ora soccombente ora ribelle.
L'exemplum è calato in una realtà pseudo-storica, per dargli parvenza di credibilità; né la persona senza lettere sarebbe in grado di confutare eventuali lacune su questo fronte.
Si fa così leva sull'innato senso di giustizia del semplice, per indurlo ad una indignatio che lo suggestioni e lo predisponga a lasciarsi poi aizzare, nella vita reale, contro qualsiasi potente, identificato con il modello negativo del romanzo, del libretto d'opera, del film.
Degli stessi mezzi si avvale chi si trova sul campo opposto: le parabole, le vite dei Santi, le storie edificanti, le gesta eroiche dei cavalieri altro non sono che un modo di stimolare al bene la volontà, fornendo all'intelletto esempi positivi.
È indicativo che gli avversari abbiano saputo riconoscere alla Chiesa la validità dei suoi mezzi di apostolato e di governo, al punto di usurparglieli, utilizzandoli per uno scopo opposto, ma parimenti efficace.
Si potrebbe enunciare un principio secondo il quale, come Lucifero voleva mettersi al posto di Dio, così i suoi seguaci vogliono mettersi al posto della Chiesa. Così essi sono una controchiesa, con una contro-gerarchia, un contro-catechismo, delle contro-missioni, una contro-morale, una contro-famiglia ecc.
Essi dedicano ai loro “martiri della libertà” le vie e le piazze primadedicate ai Santi; vogliono esser loro a gestire l'istruzione dei giovani, il loro tempo libero, le loro letture, le loro associazioni; si insediano nelle fabbriche e negli ospedali, nell'esercito e nei tribunali.
I loro predicatori dispongono di pulpiti che raggiungono un vastissimo uditorio.
E il potere temporale, ch'essi ufficialmente avversano, lo vogliono avocare a sé, per instaurare il regno sociale di Satana.
Submissa tecum fulgeant tibi dicata insignia: insegne sottomesse al Principe di questo
mondo; Te nationum Praesides honore tollant publico, colant magistri, judices, leges et artes
exprimant.
A questo mirano i nemici di Cristo, ma l'auspicio è che regni Satana, così come i nemici
di Satana vogliono che regni Cristo.
O meglio: come volevano sino al Concilio, visto che Paolo VI ha significativamente espunto proprio questa strofa dall'inno di Cristo Re.
Chiunque non voglia chiudere gli occhi di fronte alla realtà può sperimentare ogni giorno quanto
questa diagnosi trovi ahimè perfetto riscontro; gli unici che paiono ciechi spettatori sono proprio
quei Vescovi che dovrebbero invece, non fosse che in ossequio all'etimologia del loro nome,
vegliare sul proprio gregge. “Mercenarius autem, et qui non est pastor, cujus non sunt oves propriæ,
videt lupum venientem, et dimittit oves, et fugit: et lupus rapit, et dispergit oves” (Jo. X, 12).
Si rimane di sale a udire le seguenti parole: “Noi, pure Noi più di ogni altro, Noi abbiamo il culto
dell'uomo” e ancora: “La religione del Dio che si è fatto uomo, si è incontrata con la religione
dell’uomo che si è fatto dio”, pronunziate dinanzi all'ONU da un Papa che portava l'Ephod dei Gran
Sacerdoti.
Una resa incondizionata, un'abdicazione al proprio ruolo (sancita dalla solenne deposizione della triplice corona), per assumere un nuovo ruolo all'interno del campo avverso.
È a quel campo avverso, a nostro avviso, che si dovrebbe postulare la sua laica beatificazione.
Torniamo al film, di cui molti tessono le lodi, forse per quel sincero entusiasmo che anima quanti
cercano consolazione dalle piccole cose, in un momento in cui pur esse sono così rare.
Al di là dell'analisi storica e della ricerca di una concordantia tra la realtà e i suoi riferimenti nel
film, vi è un elemento che stona grossolanamente con la semplice ma solida fede dei protagonisti
della vicenda: la reiterata chiamata in causa della libertà religiosa come primo motore della rivolta
dei Cristeros, che nel film trova come proprio enunciatore il generale Enrique Gorostieta Velarde (1891-1929), impersonato dal bravo Andy Garcia.
Nulla di più alieno alla mentalità di un cattolico degli anni a cavallo tra il 1926 e il 1929, epoca in cui Pio XI promulgò l'Enciclia Quas primas (11 Dicembre 1925) sulla dottrina della Regalità di Cristo, e la Mortalium animos (6 Gennaio 1928) con cui il Pontefice condannava l'ecumenismo, esattamente nella versione in cui è viceversa propagandato oggi.
Non dimentichiamo che le apparizioni di Nostra Signora a Fatima risalgono al 1917...
Comunque, se i Cattolici messicani avessero combattuto e fossero morti per garantire a tutti il diritto ad esercitare liberamente la propria religione, non avrebbero patito per Cristo, ed avrebbero sparso il loro sangue invano, senza meritare la palma del Martirio.
Li si sarebbe potuti annoverare tra quanti, mossi da un ideale filantropico intriso di principi libertari di chiara ispirazione massonica, potevano forse meritare l'encomio che si riserva all'eroe laico della vulgata democratica moderna, non certo a chi difende i diritti di Dio e della Chiesa.
Anzi, a rigor di termini essi avrebbero forse meritato la dannazione eterna, avendo sostanzialmente prestato il proprio aiuto alla causa dei nemici di Dio, ad iniziare dai Massoni che ufficialmente li avversavano.
Sia quindi messa all'Indice la sceneggiatura, che stravolge radicalmente l'epopea dei Cristeros e la
asserve all'ideologia postconciliare.
A voler esser clementi, si potrebbe imporre un donec corrigatur, rendendo ben chiaro che l'unica libertà religiosa a cui un Cattolico può legittimamente aspirare è la libertà della Santa Religione Cattolica, ossia il diritto divino di cui godono la Chiesa e i suoi Pastori di insegnare liberamente e senza ostacoli la Verità, e pari libertà di condannare l'errore e di esigere obbedienza e sottomissione non solo dai singoli, ma anche dalle Nazioni. Nel film si cita la Liga Nacional de Defensa de la Libertad Religiosa, ma il suo nome è invece Liga Nacional de Defensa Religiosa (LNDR), fondata nel 1925 da Teófilo Pizano, membro dell'Ordine dei Cavalieri di Colombo.
L'atto costitutivo recita: “La Lega riconosce i principi e gli orientamenti della Santa Sede in materia di impegno civile e li fa suoi; e mai si discosterà da essi neanche di uno iota”. Il logo della Lega rappresenta i soldati dell'esercito di Israele al suono delle cui trombe crollano le mura di Gerico: basterebbe questo per sconfessare qualsiasi velleità ecumenica.
I produttori del film possono forse esser stati tratti in inganno dalla denominazione della Lega, così come appare nelle ricevute di sottoscrizione diffuse nello stato federale del Nuevo Leon, ma il riferimento alla libertà religiosa è anche in questo caso da considerarsi nella accezione ortodossa di
libertà della Religione.
Ma è ovvio che questa “svista” è perfettamente coerente con il trend conciliare, per il quale la libertà religiosa altro non è se non il diritto di propagandare indistintamente la Verità e l'errore, per il semplice fatto che questo diritto è postulato dal neodogma della inalienabile dignità dell'uomo.
Proprio quella dignitas humana che trova esplicitazione, al genitivo, nell'incipit del controverso documento sulla libertà religiosa.
Vade retro, quindi. Giammai Plutarco Calles avrebbe scatenato con tanta ferocia l'esercito federale contro chi sosteneva esattamente le proprie tesi libertarie.
Poiché il discrimen tra l'ideale liberale e la vera libertà rivendicata a titolo esclusivo dalla Chiesa di Cristo è proprio quanto quello nega e questa invece afferma: l'errore non ha alcun diritto di esser diffuso, a maggior ragione se esso viene equiparato alla Verità.
Ossia, volendo essere più precisi: le sette non possono e non devono aver diritto di propagandare i propri errori, mentre la Chiesa Cattolica dev'essere non solo libera, ma anche aiutata nella sua missione di predicazione e santificazione universale.
Così il Syllabus e la Quanta cura, emanati da Pio IX nel 1864, quando l'anticlericalismo e la massoneria stavano scatenando la propria potenza di fuoco in tutti i Paesi cattolici, Messico incluso.
Non si spiegherebbero nemmeno le vibrate proteste dei Cattolici messicani di fronte alla diffusione delle sette protestanti finanziata dal governo Calles e dagli Stati Uniti: il loro vocabolario non era stato ancora ammorbato da espressioni quali “accoglienza del diverso”, “unità nella diversità” e “dialogo interreligioso”.
A quell'epoca l'atto di consacrazione a Cristo Re che si recitava in tutte le chiese dell'orbe l'ultima domenica di Ottobre recava ancora queste parole “Siate il re di coloro che vivono nell’inganno dell’errore o per discordia da voi separati: richiamateli al porto della verità e all’unità della fede, affinché in breve si faccia un solo ovile sotto un solo pastore. Siate il re finalmente di tutti quelli che sono avvolti nelle superstizioni dell’Idolatria e dell’Islamismo; e non ricusate di trarli tutti al lume e al regno vostro. Riguardate finalmente con occhio di misericordia i figli di quel popolo che un giorno fu il prediletto; scenda anche sopra di loro, lavacro di redenzione di vita, il sangue già sopra essi invocato”. 
Parole in parte modificate il 18 Luglio 1959.
Il grido dei Cristeros – Viva Cristo Rey! – riassumeva tutta la dottrina cattolica sulla Regalità di Cristo, sulla divina missione della Chiesa – anch'essa regina, in quanto sposa di Re – e sul magistero del Pontefice Romano, Sovrano in ragione della potestà vicaria.
Niente libertà assoluta, quindi, ma santa e volontaria servitù dell'intelletto e della volontà a Colui che, solo, ha titolo per rivendicarla.
Poiché siamo nati sudditi, non liberi, e sudditi dobbiamo essere volenti o nolenti.
Possiamo solo scegliere liberamente di chi esser sudditi e servi, anche se le conseguenze della
nostra scelta non sono per nulla lasciate al nostro arbitrio: Inferno o Paradiso sono pronti per noi
dall'eternità.
Se non sappiamo esser sudditi del Rex pacificus, finiremo per esserlo del Princeps
hujus mundi. Sudditi e schiavi della natura, per cominciare.
Sudditi del dolore, della malattia e della morte, a causa di Adamo.
Sudditi dei nostri genitori, sin dal concepimento. Sudditi dei nostri maestri ed educatori.
Sudditi dei governanti.
Sudditi finanche dei Sacri Pastori, che sono appunto
pastori di un gregge, ossia di un gregge di pecore.
Lo dice anche la Scrittura: “Ego sum pastor bonus: et cognosco meas, et cognoscunt me meæ” (Jo X, 14).
Le pecore conoscono la voce del pastore e lo seguono, non hanno nessuna libertà di scegliere dove andare se non di seguirlo, e se non lo fanno si perdono.
E possiamo anche essere sudditi dei vizi, che annoverano schiere di schiavi persuasi di esser liberi. Sudditi di noi stessi, quando anteponiamo la nostra distorta volontà al Bene o i nostri errori al Vero.
E qui vedo sorgere una turba di laici e chierici, al modo di novelli Caifa, pronta a stracciarsi le vesti:
Blasphemavit!
Sappiano costoro che possono riservare il plateale gesto ad altre occasioni, evitando di dare in escandescenze dinanzi ad un'affermazione che è tanto semplice quanto evidente, e che non ha alcunché di eretico, al contrario.
...
Quindi, sentire sin dall'inizio che il futuro generale dei Cristeros intende combattere anzitutto per la libertà assoluta, e sentirselo ripetere anche nel corso del breve colloquio privato con il Presidente Calles alla vigilia degli Arreglos, fa venir voglia – questo sì – di tracciarsi le vesti.
Si potrà dire che in quelle parole è esplicitato l'animo del liberale che si lascia poi conquistare alla Fede.
Ma l'insistenza e l'enfasi di questa frase ripugna, suscita sdegno ed è talmente decontestualizzata dal reale svolgimento dei fatti da suonare piuttosto come un tributo al Moloch conciliare, senza il quale il film sarebbe apparso come una sorta di apologia dell'integralismo e del fanatismo.
Eccola, finalmente, l'accusa che tanto brucia: passare per integralisti.
Giammai!
Meglio far passare per modernisti o liberali i Cristeros, barattando l'aureola ch'essi hanno conquistato a prezzo della vita con il loro intruppamento post mortem nelle schiere dei paladini della libertà religiosa.
A Dio piacendo, questo gioco sacrilego e grottesco non sembra aver gran successo, e il film non conosce la diffusione che sperava.
E non si dica che l'ostracismo di cui è fatto oggetto è dovuto al suo
contenuto.
Se avessimo per sventura indossato il grembiule e impugnato la cazzuola; se grazie a questa affiliazione avessimo scalato i gradi della politica o ottenuto favori e posizioni di prestigio, ebbene, non potremmo che rallegrarci di un'operazione tanto grottesca e che tanto si muove a vantaggio della nostra causa.
Poiché l'elogio delle idee massoniche è tanto più credibile ed autorevole, quanto più lontano dalla Massoneria è colui che lo formula.
E trovare eretti ad icona del pensiero liberale ed ecumenico nientemeno che i Cristeros suonerebbe come una beffa per loro ed un trionfo per la Libera Muratoria.
Avremmo anzi promosso la diffusione di questo film, elogiandone l'altro valore.
Evidentemente il fratello di fresca iniziazione a cui è stato affidato il compito di visionare il film era distratto, e non ha colto questo elemento fondamentale, che inficia e avvelena tutta l'opera, e vanifica lo slancio che, certamente in buona fede, aveva il regista.
Svariati colpi di forbice sono stati invece inferti dalla produzione, che ha omesso a piè pari una serie di fatti, o ne ha comunque sminuito l'importanza e la portata.
La vicenda della persecuzione anticattolica messicana, pur nella crudeltà di alcune scene – peraltro assai edulcorate nella loro efferatezza rispetto alla realtà – non viene ricondotta chiaramente ad un piano massonico internazionale organizzato da decenni e che già aveva mietuto vittime ovunque.
Questa omissione toglie il rapporto di causalità tra i progetti della Massoneria e la loro attuazione violenta, rendendo quest'ultima quasi frutto del delirio di un singolo, mentre è evidente che Calles rispondeva ai suoi capi, dei quali pure condivideva pienamente gli intenti.
I fatti del Messico non furono una manifestazione isolata di mero anticlericalismo: essi furono espressione di un piano massonico mondiale che coinvolse tutti gli Stati cattolici.
E a vedere quali erano le istanze avanzate allora dalla setta, si rimane a dir poco sconcertati nel vederle fatte proprie, quasi in toto, dalla Gerarchia odierna.
Se andasse al potere un nuovo Calles in Messico, in Italia, in Francia, o in qualsiasi altro Paese cattolico, troverebbe il plauso dell'Episcopato nell'affermare la separazione tra Stato e Chiesa; scoprirebbe che i sacerdoti non indossano la veste talare da decenni, e non dovrebbe quindi proibirglielo; troverebbe le chiese già chiuse, per mancanza di vocazioni, e il numero di sacerdoti ridotto ancor più di quanto avrebbe fatto egli stesso; non avrebbe bisogno di proibire le processioni, perché sono ormai scomparse per opera del Clero, che le considerava una manifestazione di trionfalismo; non potrebbe imporre il battesimo con acqua corrente, perché esso viene già amministrato in questo modo dal Concilio in poi; avrebbe difficoltà a profanare le chiese, visto
l'orrore e l'abbandono che vi regna: anzi, in molte di esse troverebbe già altari e presbiteri devastati, tabernacoli vuoti, vasi sacri indegni di un'osteria, paramenti che paiono stracci; perderebbe il proprio tempo a diffondere infamie sull'Inquisizione e le Crociate: ci pensano autorevolissimi Prelati a farlo a colpi di mea culpa; non si dovrebbe preoccupare di diffondere le sette eretiche,
visto che la Chiesa organizza con gran zelo incontri ecumenici ed accoglie negli oratori idolatri e mussulmani; quanto al matrimonio civile, potrebbe rallegrarsi di sentire i Vescovi darlo per acquisito, presi come sono dall'evitare il danno peggiore dei pacs e dal dissimulare il crollo disastroso dei matrimoni religiosi; inutilmente dovrebbe minacciare di tagliare la lingua a chi dice “Sia lodato Gesù Cristo”, visto che nemmeno le suore lo fanno più; perderebbe tempo a cercare nell'Associazione Cattolica un solo giovane che sia pronto a morire al grido “Viva Cristo Re!”, e probabilmente non avrebbe nemmeno da scomodare l'esercito, visto che a nessuno, dopo decenni di miserabile pacifismo, verrebbe in mente di prendere le armi per difendere la Chiesa; sarebbe anzi invitato da qualche Istituto di Scienze Religiose a tener conferenze, e probabilmente verrebbe
ricevuto in Vaticano assieme ad altri suoi degni compari, sentendosi ripetere con enfasi quegli stessi
discorsi sulla libertà, l'uguaglianza e la fraternità che abitualmente ascolta in Loggia.
Benvenuto nel postconcilio, Calles!
Baronio