Mentre nel
pomeriggio di ieri giuravano in Vaticano 32 nuove Guardie svizzere, la
Conferenza episcopale elvetica metteva online la sintesi delle risposte
arrivate al questionario in preparazione del prossimo Sinodo. Di seguito
il resoconto che ne ha fatto l’agenzia Sir.
di Maria Chiara Biagioni
Si
allarga il fossato tra i fedeli cattolici svizzeri e il Sinodo sulla
famiglia.
Nel Rapporto che la Chiesa svizzera ha stilato (consultabile
sul sito della Conferenza episcopale svizzera - www.ivescovi.ch)
presentando ai padri sinodali le risposte al questionario, si parla
addirittura di un “dialogo tra sordi”, a voler sottolineare quanto i
presupposti dottrinali e le realtà vissute siano distanti.
Il percorso
sinodale ha trovato larga eco in Svizzera e in 6mila hanno partecipato
ai dibattiti presinodali organizzati dalle chiese locali per rispondere
al questionario proposto dal Sinodo.
Ma la critica verso “Roma” è totale
e i punti critici presenti nel testo dei Lineamenta sono numerosi e
condivisi praticamente dalla stragrande maggioranza dei cattolici
svizzeri.
Nel Rapporto si fa notare che esiste una minoranza che chiede
alla Chiesa fedeltà alla tradizione, ma si fa subito notare che questi
raggruppamenti appartengono piuttosto alle cerchie tradizionaliste della
Chiesa.
Alcuni addirittura aderiscono alla Fraternità sacerdotale San
Pio X e cioè ai lefebvriani.
Dunque, la maggioranza dei cattolici in
Svizzera dissente e si posiziona su un fronte di pensiero e prassi
familiare molto distanti da quelli delineati e pensati dai padri
sinodali.
La critica parte dal presupposto e cioè dal “modello della Santa Famiglia” che i Lineamenta propongono alle famiglie contemporanee. Per la maggior parte dei fedeli svizzeri, si tratta di un punto di partenza e di riferimento troppo alto che non tiene conto del “proprio ambito di esperienza e percezione soggettiva”. È questa “forte divergenza fra ideale e realtà” a rendere poco comprensibile “il linguaggio utilizzato dai Lineamenta per descrivere le realtà familiari”.
La critica parte dal presupposto e cioè dal “modello della Santa Famiglia” che i Lineamenta propongono alle famiglie contemporanee. Per la maggior parte dei fedeli svizzeri, si tratta di un punto di partenza e di riferimento troppo alto che non tiene conto del “proprio ambito di esperienza e percezione soggettiva”. È questa “forte divergenza fra ideale e realtà” a rendere poco comprensibile “il linguaggio utilizzato dai Lineamenta per descrivere le realtà familiari”.
Le critiche si riferiscono soprattutto “a passi del testo
ritenuti incomprensibili, offensivi, arroganti e presuntuosi”. Sono
soprattutto le “argomentazioni fondamentali orientate alla teologia e al
diritto naturale” ad incontrare maggiore “incomprensione”. Spesso sono
considerate “complicate, incomprensibili, idealiste e senza alcun
rapporto con le esperienze reali fatte dai fedeli”.
“Netto” è anche il
rifiuto di quelle affermazioni che la Chiesa fa su di sé, “definendosi
esperta in umanità o maestra e madre” anche perché molti fedeli sono
dell’avviso, che “la Chiesa e la sua dottrina non mostrino affatto la
loro vicinanza alle persone”.
Nel loro Rapporto scritto per i padri
sinodali, i cattolici svizzeri ricordano che le realtà familiari “vanno
al di là del modello di famiglia costruito sul matrimonio sacramentale” e
parlano di famiglie “patchwork”, “monoparentali”, divorziati risposati,
“famiglie arcobaleno”, e “matrimoni non celebrati in chiesa”, ecc.
“Riconoscere questa realtà, e quindi apprezzarla e rispettarla senza
definirla semplicemente deficitaria, irregolare, debole o ferita, è un
desiderio fortemente nutrito dai fedeli nei confronti della Chiesa e del
Sinodo”.
In Svizzera cade un tassello fondamentale, quello della fedeltà al vincolo matrimoniale: i cattolici svizzeri non la considerano “come un valore assoluto, anzi, in determinate circostanze - si legge nel Rapporto - vi scorgono anche il pericolo della falsità, dell’ipocrisia o della permanenza in una situazione di vita indegna della persona umana.
In Svizzera cade un tassello fondamentale, quello della fedeltà al vincolo matrimoniale: i cattolici svizzeri non la considerano “come un valore assoluto, anzi, in determinate circostanze - si legge nel Rapporto - vi scorgono anche il pericolo della falsità, dell’ipocrisia o della permanenza in una situazione di vita indegna della persona umana.
La rottura della fedeltà al vincolo matrimoniale è
spesso considerata come un male minore”.
Questa la premessa che conduce i
fedeli svizzeri a chiedere che il diritto canonico possa essere
rinnovato “in modo tale da tener maggiormente conto delle esperienze
pastorali e delle realtà vissute dalle persone”.
Ciò dovrebbe riguardare
in modo particolare anche il discorso canonico sull’indissolubilità del
matrimonio chiedendo “una visione pastorale del matrimonio, in cui si
possa mostrare la sua inconfutabile distruzione (la sua fine)”.
Nessun dubbio invece ed unanimità nel chiedere al sinodo di “metter fine all’esclusione dei divorziati risposati dai sacramenti”. Si tratta di “una norma ufficiale” che nel Rapporto i cattolici svizzeri “rifiutano” e giudicano addirittura “scandalosa”.
Nessun dubbio invece ed unanimità nel chiedere al sinodo di “metter fine all’esclusione dei divorziati risposati dai sacramenti”. Si tratta di “una norma ufficiale” che nel Rapporto i cattolici svizzeri “rifiutano” e giudicano addirittura “scandalosa”.
Anche la proposta di una “comunione
spirituale” viene ritenuta “incomprensibile” e “improponibile” perché
comporterebbe “il rischio” di discriminare le persone colpite
“allontanandole definitivamente dalle celebrazioni eucaristiche”.
Anche
sulla pastorale verso le persone con tendenza omosessuale, i fedeli si
mostrano “in stragrande maggioranza contrariati rispetto alle
affermazioni fatte nei Lineamenta”.
Si osserva come il testo sinodale
“non prenda sul serio” e “sminuisca” le persone omosessuali.
La maggior
parte dei fedeli svizzeri considera inoltre “legittimo” il desiderio
delle persone omossessuali di avere dei rapporti e delle relazioni di
coppia e non capisce perché “questo desiderio non possa essere vissuto
in una coppia.
La pretesa che le persone omosessuali vivano castamente
viene respinta perché considerata ingiusta e inumana”.
Al di là delle
Alpi, la percezione della famiglia è questa.
Ma il mondo è grande e le
realtà sono estremamente variegate.
Ai padri sinodali la sfida di una
sintesi che non metta a disagio e non escluda nessuno e, piuttosto,
accolga tutti.
Fonte : Il Timone