Riflettiamo sulla grande opera pastorale e di perfetta carità del grande pastore della Diocesi Milanese San Carlo Borromeo.
San Carlo prega per la Santa Chiesa!
Vescovo a Milano
Nel 1565, lasciata la corte pontificia, entrò della diocesi di Milano,
nella quale da circa 80 anni mancava un vescovo residente e nella quale
si era radicata una situazione di pesante degrado, con prelati dediti
alle mondanità e preti non preparati e spesso scostumati.
Ristabilì una rigida disciplina nel clero, spendendosi per il rafforzamento della moralità
e della preparazione dei sacerdoti, secondo le direttive del Concilio
tridentino (costituì il seminario maggiore di Milano, il seminario
elvetico e altri
seminari minori): decretò, inoltre, che i preti non
potessero coabitare con donne, neppure loro strette consanguinee.
Per la sua opera riformatrice si servì anche dell'opera dei recenti ordini religiosi (Gesuiti, Teatini, Barnabiti), e fondò la congregazione degli Oblati di Sant'Ambrogio nel (1578).
Negli anni del suo episcopato, dal 1565 al 1584, si dedicò alla diocesi milanese costruendo e rinnovando chiese (i santuari di Rho e del Sacro Monte di Varese, San Fedele a Milano e la chiesa della Purificazione di Maria Vergine in Traffiume,
si impegnò nelle visite pastorali, curò la stesura di norme importanti
per il rinnovamento dei costumi ecclesiastici.
Fu nominato legato della Provincia di Romagna e visitatore apostolico di alcune diocesi suffraganee di Milano, in particolare Bergamo e Brescia, dove compì minuziose visite a tutte le parrocchie del territorio.
La sua azione pastorale si allargò anche all'istruzione del laicato con la fondazione di scuole e collegi (quello di Brera, affidato ai gesuiti, o il Borromeo di Pavia).
Si impegnò in opere assistenziali in occasione di una durissima carestia nel 1570 e, soprattutto nel periodo della terribile peste del 1576-1577, detta anche "peste di San Carlo".
Alessandro Manzoni ne traccia nei Promessi Sposi un ritratto nel quale
sottolinea il suo impegno caritativo a favore della popolazione milanese
colpita dal contagio.
Nella diocesi impose regole severe, come la separazione di uomini
e donne nelle chiese e la repressione degli adulteri; inoltre pretese
la sottomissione alle regole vescovili di religiosi
e laici organizzando anche una milizia privata (e armata) ai suoi
diretti ordini con funzioni di polizia, il che ovviamente lo portò a
scontrarsi con le legittime autorità preposte al mantenimento
dell'ordine civico.
In questo scontro non esitò a ricorrere anche alle
scomuniche, pur di prevalere sulle autorità secolari.
Ciò gli valse
numerose critiche ed accuse di eccessivo rigorismo da parte delle
autorità civili milanesi.
La soppressione degli Umiliati
Contrastò il potente ordine religioso degli Umiliati le cui idee si allontanavano dalla Chiesa cattolica
con pericolo di scivolare verso posizioni protestanti e calviniste.
Alcuni membri dell'ordine organizzarono per giunta un attentato alla sua
vita.
Tuttavia il colpo di archibugio sparato alle spalle mentre il
vescovo era inginocchiato a pregare, e sparato da Gerolamo Donato, detto
il Farina, un frate umiliato, non ebbe conseguenze; in ciò si vide un
evento miracoloso.
Nella causa di canonizzazione del Borromeo si cita:
« | ...e circa mezz'ora di notte (verso le 22) va il manigoldo nell'Arcivescovado, e ritrovando il Cardinale inginocchiato nell'oratorio con la sua famiglia in oratione, secondo il suo solito, gli sparò nella schiena un archibuggio carico di palla e di quadretti, li quali perdendo la forza nel toccar le vesti non fecero a lui offesa veruna, eccetto che la palla, che colpì nel mezzo della schiena: vi lasciò un segno con alquanto tumore (gonfiore). » |
I quattro responsabili dell'attentato alla
sua vita furono arrestati e giustiziati secondo le leggi in vigore.
I
beni dell'ordine soppresso, furono quindi devoluti ad altri ordini ed in
particolare i possedimenti a Brera furono dati ai Gesuiti e furono
finanziate opere religiose come le costruzioni del collegio Elvetico e
della chiesa di San Fedele.
Rei confessi, sotto tortura, Gerolamo Donato, detto Farina, i Prevosti,
Girolamo di Cristoforo di Vercelli, Lorenzo da Caravaggio condannati a
morte: Bartolomeo da Verona, delatore, condannato a 5 anni di carcere:
autori della congiura.[2]
La persecuzione di eretici
Nonostante le Diete di Ilanz del 1524 e del 1526 avessero proclamato la libertà di culto nella Repubblica delle Tre Leghe in Svizzera, il Borromeo combatté il protestantesimo nelle valli svizzere, imponendo rigidamente i dettami del Concilio di Trento.
Nella sua visita pastorale in Val Mesolcina in Svizzera fece arrestare per stregoneria un centinaio di persone, dopo le torture quasi tutti abbandonarono le fede protestante salvandosi così la vita, dieci donne ed il prevosto furono invece condannati al rogo nel quale furono gettati a testa in giù.
Nella sua visita pastorale in Val Mesolcina in Svizzera fece arrestare per stregoneria un centinaio di persone, dopo le torture quasi tutti abbandonarono le fede protestante salvandosi così la vita, dieci donne ed il prevosto furono invece condannati al rogo nel quale furono gettati a testa in giù.
La morte e la canonizzazione
Fu proclamato beato nel 1602 e fu canonizzato il 1º novembre del 1610; la ricorrenza cade il giorno dopo la sua morte, il 4 novembre.
Nel terzo centenario della canonizzazione, il 26 maggio 1910 papa Pio X scrisse l'enciclica Editae Saepe in cui celebrò la memoria e l'opera apostolica e dottrinale di Carlo Borromeo.
Fonte: Cathopedia ( QUI )