Trump difende le chiese e prega. 
I vescovi lo attaccano
di Benedetta Frigerio
Le proteste che stanno danneggiando gli Usa stremati dal lockdown mostrano la loro natura anti cristiana: diverse chiese sono profanate, perciò Trump è stato sui luoghi vandalizzati mostrando la Bibbia e pregando nel santuario di Giovanni Paolo II. 
Il presidente, però, non si deve difendere solo dalla stampa che mente, ma anche dai vescovi che giustificano gli anarchici e chi odia Dio.
Mentre i media e i grandi giornali americani si ostinano a chiamare 
“peaceful protesters” (“manifestanti pacifici”) gli anarchici che ora si
 sentono legittimati a distruggere negozi, derubando la merce e 
compiendo vandalismi di ogni tipo, alcuni leader religiosi americani 
sono impegnati ad indignarsi per la foto che ritrae il presidente degli 
Stati Uniti con la Bibbia in mano, stracciandosi la tonaca per il fatto 
che l’altro ieri Trump si è recato a pregare con la first lady al 
Santuario 
di Washington dedicato a Giovanni Paolo II.
«Trovo sconcertante e riprovevole che qualsiasi struttura cattolica
 si permetta di venire così egregiamente abusata e manipolata in un modo
 che vìola i nostri principi religiosi…il papa san Giovanni Paolo 
II…certamente non perdonerebbe l'uso di gas lacrimogeni e altri 
deterrenti per zittirli, disperderli o intimidirli (i manifestanti, ndr)
 pur di farsi fotografare di fronte ad un luogo di culto». 
Sono queste 
le parole con cui il vescovo della capitale, Wilton Gregory, ha 
rimproverato il santuario diretto dai Cavalieri di Colombo.
Si potrebbe pensare ad un’attenuante, che i vescovi stiano dalla parte dei neri discriminati, facendo ingenuamente di tutto un fascio l’erba dell’omicidio di George Floyd. 
Si potrebbe anche credere che siano convinti dai media che Trump abbia 
ordinato di usare lacrimogeni contro la folla pacifica, si potrebbe 
pensare che non abbiano letto per intero il discorso
 con cui il presidente Usa condanna duramente l’assassinio di 
Floyd, invitando però a non sfruttare l’accaduto per distruggere 
l’America già provata dal recente lockdown. 
Ma ci sono dei fatti che non
 possono non essere noti ai leader religiosi. Fatti che rendono 
ingiustificabili le loro posizioni.
La stessa Catholic News Agency ne ha parlato:
 oltre ai negozi, alle vetrine, ai monumenti, i manifestanti hanno preso
 di mira in modo particolare le chiese del paese. ù
È accaduto, oltre che a
 Washington, in California, Minnesota, New York, Kentucky, Texas e 
Colorado. Sui muri della cattedrale di Denver, ad esempio, i 
“manifestanti pacifici” hanno scritto così: «Pedofili», «Dio non 
esiste», «Dio è morto». 
Sono poi stati disegnati simboli contro la 
polizia e contro la fede. 
L’edificio è anche stato preso a sassate 
nell’intento di spaccare le finestre.
Perfino la splendida cattedrale di St. Patrick, nel 
centro di New York, è stata imbrattata, mentre a Dallas, le finestre 
della cappella di Saint Jude sono state distrutte. Stessa sorte è 
toccata alla libreria della congregazione religiosa delle “Daughters of 
St. Paul”, chiusa dopo un attacco dei manifestanti, costringendo le 
suore a rimuovere il tabernacolo dalla cappella adiacente all’edificio. 
Non solo, la canonica della cattedrale dell'Assunta di Louisville è 
stata danneggiata dal lancio di massi e a Minneapolis la basilica di 
Saint Mary ha rischiato di essere incendiata dopo che era stato 
appiccato il fuoco sotto una panca. Infine, è stata imbrattata la 
cattedrale maronita di Nostra Signora del Libano a Los Angeles.
Ma i pastori, pur di accusare Trump, lo rimproverano per aver pregato in chiesa, inginocchiandosi in un cappella con l'immagine della Madonna polacca di Czestochowa, o per aver mostrato la Bibbia come richiamo alle radici religiose degli Stati Uniti, difendendo invece coloro che li attaccando. Basti pensare a come padre Jonathan Austin ha giustificato i vandali dopo che la sua chiesa di Dallas è stata rovinata dai sassi: «Questi vetri non sono nulla. Il vetro si rompe continuamente, purtroppo. Ma la scorsa settimana è stata portata via la vita del signor George Floyd».
Austin ha colpevolizzato anche la 
polizia, esortando tutti a «difendere la vera pace» contro gli «atti 
orribili, soprattuto avvenuti per mano delle autorità».
Anche Mariann Edgar Budde, vescovessa della chiesa episcopale di Washington, si è indignata per il fatto che Trump si sia fatto fotografare di fronte alla chiesa episcopale di Saint John giustificando
 invece chi, la sera precedente, aveva incendiato e vandalizzato 
l’edificio religioso. Eppure, è chiaro che il presidente americano volesse dichiarare guerra all’anarchia,
 decidendo il giorno successivo alle proteste di ripercorrere 
simbolicamente i luoghi usurpati dalla devastazione per contrapporre il 
disordine e la violenza luciferini all’ordine che nasce quando si 
consegna un paese a Dio.
Lo si comprende anche dal fatto che Trump aveva commentato il
 vandalismo contro il Lincoln Memorial, contro il World War Two 
Memorial, contro la chiesa episcopale, insieme all'omicidio di 
un ufficiale afroamericano in California, così: «Questi non sono atti di
 protesta pacifica. Questi sono atti di terrore interno. La distruzione 
della vita innocente e lo spargimento di sangue innocente sono un'offesa
 per l'umanità e un crimine contro Dio».
Che la stampa abbia spudoratamente mentito sulle rivolte,
 parlando dell'uso di lacrimogeni contro la folla pacifica, sebbene non 
ci fosse nulla di pacifico nelle proteste di Washington e sebbene la 
polizia abbia usato non lacrimogeni ma fumogeni,
 risulta incomprensibile il comportamento ideologico dei vescovi, che 
pur di remare contro il presidente sono disposti a stringere le mani a 
chi odia la Chiesa, la fede e Dio. 
Eppure non è la prima volta che 
accade visto che di fronte alla decisione di Trump di definire la chiese
 luoghi “essenziali” da riaprire dopo il lockdown (bypassando i 
governatori che hanno approfittato dello stato di emergenza per 
discriminare la fede prolungando le chiusure dei soli edifici di culto),
 i vescovi anziché rallegrarsi di un potere che favorisce Dio sono riusciti a rimproverare il
 presidente: la conferenza episcopale dello Stato di Washington, seguita
 dall’arcivescovo di Los Angeles, Jose H. Gomez, ha risposto a Trump che
 avrebbero obbedito al loro governatore piuttosto che a lui.
È questa dunque la vera fatica del presidente che, dopo aver firmato un ordine esecutivo
 con cui ha stanziato 50 milioni all’anno per la tutela della libertà 
religiosa (qualche ora dopo la visita al santuario), si è ritrovato 
ancora una volta contro alcuni membri della chiesa che vuole difendere 
dal dilagare di una cultura progressista e ferocemente avversa a Dio e 
alla Verità e che per questo lo odia e ne ha il terrore. Una cultura 
ormai così penetrata dentro le mura cristiane da costringere chi le ha 
dichiarato guerra a combattere con coraggio dentro e fuori la città.
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana QUI
Leggere anche l'articolo inquietante di Rorate Coeli QUI 
