Premetto che sono un povero peccatore.
E premetto pure, sebbene sia una conseguenza della prima premessa, che mi serve una Chiesa che mi indichi la meta alta della vita cristiana.
Perché una Chiesa che sa indicarla, sa anche propormi i mezzi per raggiungerla.
In gioco c'è la mia salvezza, e non è roba da poco.
Pazienza se mi ritrovo sempre nella mia miseria.
So, però, che una meta c'è, che posso raggiungerla.
Se non altro, mi sento spronato o almeno messo in questione davanti a Dio.
Davvero non mi serve una Chiesa che scenda a compromessi con il mio peccato.
Se la meta è quella che io stesso pongo, rimarrò tale e quale.
Brava persona, intendiamoci, e pure capace di qualche gesto onorevole.
Ma non vado al di là di questo.
Una Chiesa che assume le domande del mondo, quasi preventivamente, quasi scusandosi di aver indicato una meta alta e di aver fatto festa al peccatore pentito, non mi serve granché.
E non mi si dica che non capisco chi è nel peccato, perché io non sono combinato meglio.
Tra peccatori ci si intende, come ci si capisce tra poveri disperati che vedono aperta la via della salvezza.
Il Sinodo non è un organo magisteriale in senso stretto.
La relazione presentata oggi ( 13 ottobre 2014 N.d.R.) non è un documento finale, né tanto meno è il testo consegnato al Papa o da lui approvato.
Pare, tuttavia, che il percorso sia già segnato.
Pare che ci si sia presi in giro, tra riservatezza massima e interviste date in libertà.
Alla fine la montagna ha partorito il topolino, e non è mancanza di rispetto o di docilità ecclesiale.
Leggo, infatti, che dovremo adoperarci per la crescita affettiva delle persone omosessuali.
E nei comunicati precedenti, si parlava di coppie omosessuali.
Siamo passati dal rispetto delle persone all'ammissione della scelta di vita di vivere assieme, fino alla lode per l'eroismo che spesso tale scelta comporta.
Per non dire dei figli, che non hanno certamente colpa e che devono essere accolti ed amati.
Si riconferma quanto evidenziato nell' "Instrumentum laboris" :da una parte si condanna la fecondazione eterologa, dall'altra si loda la coppia che si ama e che, alla fine, finisce per chiedere un sacramento per i figli.
Ora, da dove traggono i figli?
Ed anche presupponendo la via dell'adozione, quale modello pedagogico si tollera?
Non è più opportuno esaminare i casi concreti, con prudenza e misericordia, piuttosto che fare passare questo messaggio di capitolazione ad una cultura soffocante?
Nessuno è perfetto, ma elevare l'imperfezione a modello non mi pare molto evangelico.
Tralascio altri aspetti soltanto per non destare scandalo tra i più semplici.
E già che ci sono, sarei curioso di sapere come hanno trovato la salma di Paolo VI alla viglia della sua beatificazione.
Perché a volte anche i santi si rivoltano nella tomba.
Non me ne vogliate, ma il troppo è troppo per tutti.
Anche per un peccatore come me.
Un Teologo