Da un blog autenticamente cattolico prendiamo, come abbiamo fatto in altre occasioni, una seria riflessione di un fine e devoto teologo.
Anche questa volta è stato impossibile farsi sfuggire il testo di un commento teologico e ... voilà con il mouse abbiamo fatto "copia-incolla" per proporlo alla riflessione dei nostri attenti Lettori.
Buona lettura! Ne vale la pena!
Anche questa volta è stato impossibile farsi sfuggire il testo di un commento teologico e ... voilà con il mouse abbiamo fatto "copia-incolla" per proporlo alla riflessione dei nostri attenti Lettori.
Buona lettura! Ne vale la pena!
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Premessa:
Il "cattolico" è un complesso microcosmo. Da una parte è un povero uomo segnato dal peccato, un malato bisognoso di cure, un mendicante la Grazia di Dio, senza la quale non può nulla; dall'altra, mediante il battesimo, è adottato a Figlio di Dio, per cui ha una vita spirituale e -anche quando deve portare la croce- può godere di quella consolazione soprannaturale che rende beato anche l'afflitto.
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La misericordia di Dio è -tra l'altro- la piena, fedele e paziente disponibilità del Padre ad accoglierci come figli perduti e ritrovati, morti alla vita dello spirito e tornati in vita.
Nell'uomo (ogni uomo) c'è una "capacità di Dio", rinchiusa come in un sepolcro, come l'umanità di Cristo dopo la sepoltura.
Lì Dio rimane sempre l'Autore della vita e viene a liberarci dalla signoria del Principe di questo mondo e dalla sua logica (fatta anche di molte "buone intenzioni"), rotolando via la pietra del peccato e ridonando vita al nostro spirito.
Con il battesimo entriamo in questa nuova vita e con il sacramento del perdono, tramite la consapevolezza del peccato, il pentimento, la confessione, i giusti propositi e la penitenza, veniamo assolti dalla colpa (la pena comunque resta, anche se c'è anche la pratica delle indulgenze, che è spirituale e non "monetaria").
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L'assoluzione dal peccato mortale ripristina per l'uomo uno stato spirituale di grazia altrimenti perduto: torniamo figli (ce ne eravamo andati), ritorniamo in grazia (non lo eravamo, eravamo spiritualmente "morti"), torniamo in comunione con Cristo, che è una cosa sola con il Padre (e non lo eravamo più, avendo deciso di fare diversamente da ciò che il comandamento di Dio esprime come Sua volontà).
I Comandamenti e la legge non sono delle contraddizioni della misericordia di Dio, ma sono la sostanza dell'immensità della misericordia divina!
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Dunque c'è una realtà, tutt'altro che ideale, ma esperienziale, fatta di lotta (l'uomo lotta per stare in casa e la porta è Gesù) e fatta di misericordia (la porta è stretta, ma resta aperta per chi è umile e teme di non fare la volontà del Padre, desiderando il Cielo più della terra).
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Il "cattolico" è un viandante/peregrinante/penitente...
E' un orante, perchè la preghiera (che è altro dal dire preghiere) è il modo migliore per essere umili, cioè per essere un recipiente della Grazia.
La preghiera infatti non mira a "conquistare" Dio, quasi che fosse un obiettivo, un oggetto di cui appropriarci pagandone il prezzo, conseguibile con la spunta delle cose da fare, pratiche devote incluse.
La preghiera ci ottiene un miracolo: che Dio sia Dio in noi, senza che noi si pretenda di cambiare Lui o di convincerLo...
La preghiera di farci piccoli, di morire a noi stessi, di diminuire perchè Egli cresca, di disporci ad essere pieni di grazia invece di morire spiritualmente!
Maria e i santi, quando li preghiamo, non "fanno ombra a Gesù", ma sfrondano il fogliame che mette l'ombra della nostra vanità sulla Luce di Cristo!
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Allora noi siamo degli -incerottatissimi, pesti e feriti- degni portatori della Sua croce, il modo scelto per redimerci (evidentemente l'unico valido ed efficace nella Sua infinita sapienza).
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Siamo così un tempio di Dio aperto: cioè luogo in cui Dio può abitare.
Non siamo un appartamento sfitto.
Un luogo di culto inagibile... Lui vorrebbe abitarci, ma ci rispetta e attende che glieLo chiediamo e glieLo permettiamo, facendoci davvero umili.
Diventiamo così anche il luogo sacro in cui anche gli altri possono adorare Dio, perchè in noi il Centro è solo Lui!
Amoris Laetitia
Amoris Laetitia non costituisce certamente un problema "in sè", quasi fosse un fungo spuntato all'improvviso nel prato.
Però Amoris Laetitia è l'apoteosi, con il timbro del Magistero, di un modo di essere Chiesa che ha messo l'uomo al centro.
Questo non per la grande dignità dell'uomo (tanto grande che il Verbo ha preso carne), ma avendo offuscato Dio come sola ragione di tale dignità.
I maneggi delle cosche di San Gallo, i siluri al pontificato di Benedetto XVI, lustri e lustri di lavoro ai fianchi nei seminari e nelle scuole di formazione di catechisti e altri laici impegnati, hanno preparato i Due Sinodi dalle relazioni scritte da pochi, usando testi già pronti e sancendo formalmente una frattura con la Chiesa di sempre.
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Frattura e rottura ormai innegabili.
Collegate all'idea di una religione che "serve" (all'uomo) e al considerare la dottrina di troppo, quasi che la Rivelazione di ciò che abbiamo capito in venti secoli sia del tutto ininfluente, avendo capito tutto soltanto adesso: Dio è un ideale, noi siamo il popolo che interpreta l'ideale, uniamoci!
Gesù non ha mai detto di essere l'unica porta di accesso: ha detto che tutti lo possono essere...
Il diavolo non è un avversario astuto che ci divide da Dio.
No: il diavolo è in noi se non ci uniamo tutti insieme, senza farci troppi problemi sulle questioni dottrinali, i dogmi e la verità.
Quisquilie, direbbe Totò (il comico).
Cattolici più o meno tradizionali
A questo punto non è più un problema di "cattolici più o meno tradizionali", ma di due Chiese cattoliche, la seconda delle quali di impronta molto luterana.
Dove la Grazia di Dio non è più ciò che resta di una lotta, ma quasi una magia o un automatismo.
Non più l'intervento divino che trasforma, tramite lo Spirito santo, pane e vino consacrati nell'offerta in unione al Santo sacrificio di Gesù in croce, in Corpo e Sangue di Cristo, bensì un simbolo adatto a transignificare ciò che intendiamo del nostro essere comunità, che cena insieme...
Non più l'esperienza di essere morti come il cadavere nel sepolcro vuoto, bensì un'idea di vitalità "per fede".
Non più l'esperienza concreta di due sposi, fatti uno dal Sacramento del matrimonio, ma solo l'ideale di tale modello, irraggiungibile e perciò da usare solo come "spunto", per poi fare quel che si può, in ogni gender in cui lo possiamo e lo vogliamo.
Capaci di perdonare e di amare donandosi in Cristo e non facendo troppi calcoli economici o psicologici.
Non più Gesù, via, verità e vita, unica strada per la salvezza, ma Colui che ha detto che l'uomo è in sè via di salvezza e ogni culto a modo proprio ne interpreta una via.
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In questo Amoris Laetitia è solo una tappa, non è nemmeno il punto d'arrivo.
Questo è chiaro.
Questo è chiaro.
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