Il sostegno delle
Confraternite ai romani durante l’invasione napoleonica
Sul finire del ‘700
spoliazioni, anticlericalismo e malgoverno da parte dei francesi esasperarono
il popolo, che trovò conforto spirituale e materiale presso queste associazioni
In oltre settecento anni
di storia, dal 1260 ad oggi, le Confraternite hanno lasciato a Roma segni
indelebili
della loro esistenza ed attività in campo religioso, sociale, economico e culturale.
della loro esistenza ed attività in campo religioso, sociale, economico e culturale.
Sono numerosi gli edifici del centro storico – veri e
propri gioielli artistici – eretti dalle Confraternite per l’esercizio di opere
di culto, carità ed assistenza, spirituale e materiale. (…)
Furono gli anni,
infatti, dell’invasione delle truppe agli ordini del generale Napoleone che, su
impeto della Rivoluzione Francese del 1789, ebbe la presunzione di voler
imporre gli “immortali principi” anche al di là delle Alpi.
Calati giù per lo
Stivale come moderni barbari, ostili alla fede cattolica, i soldati francesi
bussarono fragorosamente alle porte dei territori della Chiesa. Nel 1796
inflissero alla Santa Sede un umiliante armistizio – firmato a Bologna il 23
giugno – che stabiliva il pagamento entro tre mesi di un tributo esorbitante
(il cui pagamento esaurì le casse statali) e la consegna di cento opere d’arte
e di cinquecento manoscritti.
Vilipesa ed
economicamente depredata, la Santa Sede provò la strada delle trattative di
pace con Parigi, che fu però vana, costringendo Papa Pio VI a rompere
l’armistizio.
Napoleone dichiarò allora guerra, penetrò nello Stato Pontificio
e il culmine della sua aggressione si consumò a Loreto, dove fu saccheggiato il
Santuario.
Sul finire del 1797
gruppi di fiancheggiatori dell’occupante straniero si erano organizzati in
associazioni segrete anche a Roma, con l’intento di sobillare le masse
soffiando sul fuoco del diffuso malcontento delle classi meno agiate (dovuto
alla crisi economica seguita all’imposizione francese) e delle minoranze
religiose.
Nel corso di una delle
violente sommosse che agitavano l’Urbe in quei giorni, un generale
dell’ambasciata francese intervenuto contro le truppe pontificie impegnate a
sedare dei tafferugli, Mathurin-Léonard Duphot, fu colpito a morte da un colpo
d’archibugio.
La sua uccisione fu il casus belli atteso dai francesi per
entrare a Roma.
Nel febbraio 1798 fu
dichiarato decaduto il potere temporale del Papa e fu proclamata la Repubblica
Romana, ispirata al modello francese e all’idea demagogica di restaurare i
fasti della Roma antica.
Di fasti ce ne furono
tuttavia ben pochi.
Il nuovo Governo non fu eletto, bensì deciso
arbitrariamente dai francesi.
Il cuore religioso di Roma fu strappato.
Pio VI
venne prima arrestato e poi obbligato a lasciare fisicamente la cattedra di
Pietro riparando in Toscana.
Cacciato il Pontefice, ebbe inizio uno nuovo Sacco
di Roma, condotto sistematicamente in musei, chiese, palazzi e biblioteche.
Si
stima che in un solo giorno circa cinquecento carri carichi di opere d’arte e
oggetti preziosi lasciavano Roma alla volta della Francia.
La matrice relativista
ed anticattolica degli invasori si esplicò inoltre con l’espropriazione dei
beni della Chiesa e con la soppressione o con il radicale stravolgimento delle
istituzioni religiose.
E le conseguenze sociali non tardarono ad arrivare.
Il Monitore di Roma, un
giornale dell’epoca, riportava nel marzo 1799 che “al presente non può essere
maggior miseria in dette carceri.
Ai detenuti manca il solito vitto, mancano
gli strapunti e biancherie, e ad alcuni manca perfino un poco di paglia ove
riposare la notte: l’immondezza è eccessiva e quasi tutti sono pieni di rogna”.
La motivazione di questa decadenza fu individuata nella “soppressione in Roma
di molti luoghi Pii”.
La Repubblica Romana, infatti, non fu in grado di
supplire alla precedente organizzazione carceraria, fondata sull’impegno delle
Confraternite.
Alle spoliazioni, agli
abusi, alla violenza contro la religione si univa l’incapacità dell’indebito
Governo di risolvere i problemi politici ed economici della città.
Le pesanti
imposte fiaccarono ulteriormente una già esausta popolazione.
I romani non
rimasero però passivi dinanzi a questo scempio.
Presto una ribellione si accese
dapprima a Trastevere per poi estendersi nei rioni Regola e Monti e in zone
periferiche della città fino ai Castelli.
Malgrado la feroce
reazione dei francesi (gli insorti catturati venivano fucilati in piazza del
Popolo), le sommosse durarono a lungo e richiamarono l’attenzione delle potenze
europee anti-napoleoniche. Furono dunque l’anticamera di un intervento, prima
delle truppe di Ferdinando IV di Napoli appoggiate da una flotta britannica e
poi di quelle austro-russe, che posero fine alla prima invasione napoleonica di
Roma (una seconda avverrà pochi anni dopo).
In questa turbolenta
fase storica, nonostante la soppressione ufficiale da parte dei francesi,
incessante fu il prodigarsi delle Confraternite a favore dei bisognosi che si
moltiplicavano.
Condannati a morte, malati, vedove, orfani, donne di strada
trovavano conforto spirituale e materiale presso queste istituzioni che
rimasero dunque punti nodali della vita cittadina.
L’avversione napoleonica non
riuscì a cancellare il segno indelebile, visibile e non, di queste pie
associazioni. (…)
Fonti:
“La pietà dei carcerati”
– Confraternite e società a Roma nei secoli XVI-XVIII, di Vincenzo Paglia (ed.
di Storia e Letteratura, 1980)
Storia di Roma moderna e
contemporanea, di Giovanni Di Benedetto e Claudio Rendina (ed. Newton, 2004)
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