Salviamo le Chiese !!!
"Chiese proibite per usi profani". Firmato: un vescovo
“Il mio tempio è una casa di orazione”: partendo dalla frase del
Vangelo il cardinale arcivescovo di Valencia, Antonio Llovera Canizares,
ha scritto qualche giorno fa una lettera ai sacerdoti della sua diocesi
per indicare come si possa – e soprattutto come non si possa – usare
una chiesa.
È un argomento particolarmente attuale e interessante,
soprattutto da noi, dove l’abitudine – la moda? – di usare le chiese per
allestire pranzi e cene, e altri usi ancora, sta dilagando come la
Nuova BQ sta mostrando da settimane con la campagna #salviamolechiese.
Un fenomeno di imitazione cominciato con la mensa in San Petronio
durante la visita del Pontefice, e che si è diffuso qua e là anche
altrove; nonostante in moltissimi casi non siano certo i locali a
disposizione che mancano alle chiese e alle diocesi…
E il card. Canizares
raccomanda anche di ricevere l’eucarestia in ginocchio e in bocca,
anche se è permesso ricevere l’ostia nella mano.
“Cari fratelli sacerdoti, cari tutti: vi scrivo
questa lettera con tutto l’affetto a la preoccupazione e il massimo
interesse affinché i templi – cattedrale, basiliche, chiese
parrocchiali, cappelle, eremitaggi con culto abituale –siano case di
orazione e non si trasformino, o non le convertiamo in luoghi profani”.
Il porporato inizia raccomandando il silenzio,
dovuto ai luoghi sacri, e ricorda come sin da bambino gli sia stato
insegnato dai genitori a mantenere il silenzio in chiesa.
Un silenzio
che, osserva, “si vede alterato con troppa frequenza e indebitamente nel
rito della pace, così come alla fine della celebrazione, o all’ingresso
nel tempio”.
Dopo aver ricordato che per entrare in chiesa è
necessario un abbigliamento adeguato, e che è opportuno ricordarlo con
cartelli all’ingresso delle chiese, parla poi delle fotografie. “Senza
impedire il ricordo, che capisco sia gradito di conservare in
fotografia.
Si possono fare fotografie, è normale che si desideri.
Però
non possiamo convertire il tempio in un salone di fotografie né in un
momento di divertimento e frivolezza”.
Continua poi in questo piccolo saggio di etichetta sacra:
“Mi permetto di richiamare la vostra attenzione a come ci comportiamo
quando passiamo davanti al tabernacolo; a volte si passa davanti al
tabernacolo senza fare nessun gesto di riverenza né genuflessione, come
si deve.
I bambini passano davanti al tabernacolo in cui sta Gesù
presente, consacrato.
Bisogna educarli, e bisogna educare i grandi”.
I punti centrali della lettera però riguardano la comunione,
e l’uso improprio dei luoghi di culto.
Fa riferimento a una lettera
pastorale di qualche anno fa: “In questa stessa lettera ricordavo come
darsi la pace e comunicarsi. Vi confesso che ci sono volte che sto male
vedendo come si avvicinano alcuni, senza nessun raccoglimento e
devozione, senza nessun gesto di adorazione, come si prende un biscotto o
qualche cosa di simile. Insisto in quello che dicevo nella lettera
citata sull’Eucarestia: ci si può comunicare direttamente in bocca, o
con la mano per poi portarsi il corpo di Cristo alla bocca. Però devo
aggiungere che la forma più consona con il mistero del Corpo di Cristo
che si riceve è comunicarsi in ginocchio, e in bocca. Non sono
retrogrado in questo, ma segnalo solo ciò che si accorda alla
comunione”.
E l’ultima parte è centrata sull’uso corretto delle chiese,
e sulla lotta alla secolarizzazione interna nella Chiesa: “Infine, i
templi devono essere rispettati per quello che sono: Tutti abbiamo visto
male che in Catalogna si siano utilizzati i templi, per esempio, per
metterci le urne del recente voto.
E vediamo con quanta tranquillità,
senza scomporsi, con un certo gusto anzi, non so se per snobismo o per
quale ragione – si usano i templi con la migliore buona intenzione ma
senza testa, per altri usi, per i quali si potrebbero usare altri
locali; chiaro salvo casi di emergenza o necessità?
Rispetto a ciò devo
dire per fedeltà e rispetto a quello che è il tempio che proibisco
severamente altri usi profani che, salvo casi di emergenza o di
necessità maggiore o inevitabile che lo richiedano, e questo con
autorizzazione almeno del vicario di zone.
Non contribuiamo alla
secolarizzazione, la secolarizzazione interna alla Chiesa è la più grave
di tutte”.
La lettera si chiude con una richiesta paterna: “Non
prendete in mala parte ciò che dico; è per il vostro bene e il bene
delle nuove generazioni e della Chiesa…. Non dimentichiamo mai le parole
di Gesù stesso, mosso con tutto il suo zelo di Figlio per la gloria del
Padre, in tutta la loro gravità e profondità: ‘La mia casa è casa di
orazione’. Contribuiremo, se lo facciamo, seguendo le indicazioni che
offro ad andare superando la secolarizzazione così grande che subiamo e
che è necessario superare. In questo modo contribuiremo al culto in
“spirito e verità” come ci dice Gesù, e a compiere quello che ordina il
primo comandamento, di amare Dio sopra ogni cosa”.
A Valencia c’è un
vescovo.
Fonte: La nuova bussola quotidiana QUI