Le incredibili parole che Mons. Sanchez Sorondo, Cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze, ha pronunciato dopo il suo recente viaggio in Cina stanno raccogliendo migliaia di risposte polemiche.
Suggeriamo di leggere quella di un religioso QUI.
Noi postiamo per intero quel che ha scritto Asia News: sito meritevole del massimo rispetto perchè particolarmente stimato per la serietà dei suoi articoli e delle sue inchieste.
Mons. Sanchez Sorondo nel Paese delle meraviglie
Il cancelliere della
Pontificia Accademia delle scienze esalta la Cina come il luogo in cui
si realizza meglio la dottrina sociale della Chiesa.
Il vescovo sembra
non vedere le baraccopoli di Pechino e Shanghai, la cacciata dei
migranti, le oppressioni alla libertà religiosa.
Apprezzamento per gli
Accordi di Parigi sul clima, ma silenzio sui legami fra ricchezza,
corruzione e inquinamento.
Un approccio ideologico che fa ridere della
Chiesa.
Roma (AsiaNews) - Ai miei amici che vanno in Cina ho sempre ricordato
di non fermarsi a visitare i centri commerciali, gli alberghi
ultra-lusso e i grattacieli, ma di andare anche nelle periferie e nelle
campagne per avere un quadro realistico della Cina.
Dal disastro
economico in cui era sprofondato dopo la morte di Mao, il Paese ha certo
fatto passi da gigante, strappando dalla povertà centinaia di milioni
di persone, modernizzando le industrie e diventando la superpotenza
economica che ormai fa ombra agli Stati Uniti.
Ma da qui a presentare la Cina come il “Paese delle Meraviglie” ci passa. Nell’intervista da lui concessa dopo un viaggio a Pechino, mons. Sanchez Sorondo racconta di una Cina che non c’è o che i solerti accompagnatori cinesi non gli hanno fatto vedere.
“Non ci sono baraccopoli”, dice mons. Sanchez Sorondo.
Per non parlare delle periferie di Shanghai o delle altre megalopoli cinesi, dove si prospetta una “pulizia” e una cacciata della popolazione “più bassa” e indifesa?
Il vescovo, cancelliere della Pontificia accademia delle scienze,
afferma addirittura che i cinesi sono “quelli che realizzano meglio la
dottrina sociale della Chiesa”.
Forse però non si riferisce a questa
cacciata, che somiglia molto a un frutto della “cultura dello scarto”
tanto criticata da papa Francesco.
“No droga”, dice il vescovo: ma è andato nelle prigioni cinesi, dove
appunto si arrestano spacciatori e drogati, comminando perfino la
condanna a morte?
E a Shenzhen, che è la piazza di vendita della droga
anche per Hong Kong?
Non parliamo poi della libertà religiosa in Cina.
La libertà
religiosa dovrebbe essere un pilastro della dottrina sociale della
Chiesa cattolica.
Dovremmo forse proporre al vescovo una lettura delle
notizie quotidiane su violenze, arresti di cristiani, musulmani,
buddisti, soprusi sulle chiese domestiche, controlli sulle chiese
ufficiali.
Lo stesso percorso accidentato dei dialoghi fra Cina e
Vaticano testimonia la difficoltà con cui Pechino è restio a ingoiare
gocce di libertà religiosa per i cattolici.
Forse qualcuno deve dire a mons. Sanchez Sorondo che dal primo febbraio, dall’attuazione dei nuovi regolamenti,
tutte le chiese non ufficiali sono state chiuse e almeno 6 milioni di
fedeli cattolici non hanno luoghi di incontro: la minaccia del regime
che “realizza meglio la dottrina sociale della Chiesa” è l’arresto,
multe stratosferiche e esproprio degli edifici dove si radunano i
fedeli.
Inoltre le autorità locali d’ora in poi proibiranno ai “minori
di 18 anni” di entrare nelle chiese, anche quelle ufficiali.
Come ha
detto un sacerdote, “la Cina ha trasformato la chiesa in un night club,
solo per adulti”.
Non parliamo poi dell’ingenuità con cui mons. Sanchez Sorondo parla
dell’Impero di Mezzo come il luogo dove si bada al “bene comune”, dove
l’economia non domina la politica.
Bisogna infatti sapere che in Cina
economia e politica sono la stessa cosa; che i miliardari siedono al
parlamento cinese e determinano la politica secondo i loro interessi,
che non sono quelli del resto della popolazione.
Secondo gli studiosi,
almeno un terzo della popolazione cinese non gode alcun frutto dello
sviluppo economico della Cina: sono gli agricoltori e i migranti a cui
non è garantita la proprietà della terra (promessa ai tempi di Mao e mai
mantenuta); ai quali non è dato alcun diritto sociale e talvolta
nemmeno la paga, come dimostrano le relazioni mensili del China Labour Bulletin.
Certo, e ha ragione il vescovo, la Cina – a differenza di Trump e
degli Stati Uniti – ha deciso di rimanere negli Accordi di Parigi sul
clima.
Ma per ora “ha promesso” di lavorare per fermare l’inquinamento, e
il Paese ha l’ambiente più distrutto e velenoso del mondo.
Ciò
senz’altro per colpa di molti investitori occidentali che sfruttano
l’esile legislazione cinese, ma anche per l’ingordigia e la corruzione
dei membri del Partito che preferiscono, proprio come molti al mondo, un
profitto immediato a spese della loro stessa popolazione.
Possiamo comprendere che nella foga di volere gli accordi fra Cina e
Vaticano, si straveda e si esalti la cultura cinese, il popolo cinese,
la mentalità cinese – come fa papa Francesco – ma presentare la Cina
come modello…
Bisognerebbe ascoltare i vescovi africani, che vedono
l’economia dei loro Paesi distrutta dall’invasione degli investimenti e
della manodopera cinese e si vedono trafugati delle loro ricchezze,
proprio come una volta avveniva con i colonizzatori occidentali.
È vero che nel mondo tutti sono pressati a scegliere fra Stati Uniti e
Cina, fra capitalismo liberale e capitalismo di Stato, ma idolatrare la
Cina è un’affermazione ideologica che fa ridere della Chiesa e fa male
al mondo.
Fonte: Asianews QUI