PAPA FRANCESCO
 
MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA 
DOMUS SANCTAE MARTHAE
 
DOMUS SANCTAE MARTHAE
Ricchezza e povertà 
 
 Martedì, 16 giugno 2015
 
(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLV, n.135, 17/06/2015)
 
È la «teologia della povertà» il nodo centrale dell’omelia di Papa 
Francesco nella messa celebrata martedì 16 giugno a Santa Marta. 
La 
riflessione del Pontefice è partita dal brano della seconda lettera ai 
Corinzi (8, 1-9), nel quale san Paolo «sta organizzando nella Chiesa di 
Corinto una colletta per la Chiesa di Gerusalemme, che vive momenti 
difficili di povertà». 
Per evitare che la raccolta venisse fatta in modo
 sbagliato, l’apostolo «fa alcune considerazioni», una sorta di 
«teologia della povertà», appunto.
 
Precisazioni necessarie perché, ha spiegato Francesco, “povertà” è 
una parola «che sempre mette in imbarazzo». 
Quante volte, infatti, 
abbiamo sentito dire: «Ma questo sacerdote parla troppo di povertà, 
questo vescovo parla di povertà, questo cristiano, questa suora parlano 
di povertà... 
Ma sono un po’ comunisti, no?». 
E invece, ha sottolineato 
il Papa, «la povertà è proprio al centro del Vangelo», tanto che «se noi
 togliessimo la povertà dal Vangelo, non si capirebbe niente del 
messaggio di Gesù». 
 
Ecco allora spiegata la catechesi di Paolo «sull’elemosina e sulla 
povertà e le ricchezze» che comincia con un esempio preso 
dall’esperienza della Chiesa della Macedonia. 
Lì, «nella grande prova 
della tribolazione — perché soffrivano tanto per le persecuzioni — e la 
loro estrema povertà, la loro gioia ha sovrabbondato e hanno 
sovrabbondato nella ricchezza della loro generosità». Cioè, «nel dare, 
nel sopportare le tribolazioni si sono arricchiti, sono diventati 
gioiosi». 
È, ha aggiunto Francesco, quello che si ritrova in una delle 
beatitudini: «Beati voi, quando vi insulteranno, quando vi 
perseguiteranno...».
 
Dopo aver fatto questo esempio, Paolo si rivolge di nuovo alla Chiesa
 di Corinto: «E come voi siete ricchi, pensate a loro, alla Chiesa di 
Gerusalemme». 
Ma, ha chiesto il Papa, di quale ricchezza parla Paolo? La
 risposta si legge immediatamente dopo: «Siete ricchi in ogni cosa: 
nella fede, nella parola, nella conoscenza, in ogni zelo e nella carità 
che vi abbiamo insegnato». Ed è seguita da un’esortazione: «Così, come 
siete ricchi, siate larghi anche in questa opera generosa». Fate, cioè, 
ha spiegato Francesco, «che questa ricchezza tanto grande — lo zelo, la 
carità la parola di Dio, la conoscenza di Dio — arrivi alle tasche». 
Perché, ha aggiunto, «quando la fede non arriva alle tasche, non è una 
fede genuina»; e questa è «una regola d’oro» da ricordare.
 
Dal brano paolino emerge, quindi, una «contrapposizione fra ricchezza
 e povertà. 
La Chiesa di Gerusalemme è povera, è in difficoltà 
economica, ma è ricca, perché ha il tesoro dell’annuncio evangelico». Ed
 è proprio «questa Chiesa di Gerusalemme, povera», ad avere arricchito 
la Chiesa di Corinto «con l’annuncio evangelico: gli ha dato la 
ricchezza del Vangelo». 
Chi era ricco economicamente era in realtà 
povero «senza l’annuncio del Vangelo». 
C’è, ha detto il Pontefice, «uno 
scambio mutuo» e così «dalla povertà viene la ricchezza».
 
È a questo punto, ha spiegato il Papa, che «Paolo, col suo pensiero, 
arriva al fondamento di quello che noi possiamo chiamare “la teologia 
della povertà” e perché la povertà è al centro del Vangelo». Si legge 
nell’epistola: «Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù 
Cristo: da ricco che era si è fatto povero per voi, perché voi 
diventaste ricchi per mezzo della sua povertà». 
Dunque «è stato proprio 
il Verbo di Dio fattosi carne, il Verbo di Dio in questa condiscendenza,
 in questo abbassarsi, in questo impoverirsi, a farci, a noi, ricchi nei
 doni della salvezza, della parola, della grazia». 
Questo «è il nocciolo
 proprio della teologia della povertà», che, del resto, si ritrova, 
nella prima beatitudine: «Beati i poveri di spirito». Ha puntualizzato 
Francesco: «Essere povero è lasciarsi arricchire dalla povertà di Cristo
 e non volere essere ricco con altre ricchezze che non siano quelle di 
Cristo, è fare quello che ha fatto Cristo». Non è solo il farsi poveri, 
ma è «un passo in più ancora», perché, ha detto, «il povero mi 
arricchisce».
 
Calandosi nella concretezza della vita quotidiana, il Papa ha 
spiegato che «quando noi diamo aiuto ai poveri, non facciamo 
cristianamente opere di beneficenza». 
Siamo di fronte a un atto «buono»,
 un atto «umano», ma «questa non è la povertà cristiana, che vuole 
Paolo, che predica Paolo». Perché povertà cristiana significa «che io do
 del mio e non del superfluo, anche del necessario, al povero, perché so
 che lui mi arricchisce». 
E perché mi arricchisce il povero? «Perché 
Gesù ha detto che lui stesso è nel povero».
 
Lo stesso concetto è ribadito da Paolo quando scrive: «Nostro Signore
 Gesù Cristo, da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi 
diventaste ricchi per mezzo della sua povertà». 
Questo accade «ogni 
volta che io mi spoglio di qualcosa, ma non solo del superfluo, per dare
 a un povero, a una comunità povera, a tanta gente povera che manca di 
tutto», perché «il povero mi arricchisce» in quanto «è Gesù che agisce 
in lui».
 
Ecco perché, ha concluso Francesco, la povertà «non è un’ideologia». 
La povertà «è al centro del Vangelo». 
Nella «teologia della povertà» 
troviamo «il mistero di Cristo che si è abbassato, si è umiliato, si è 
impoverito per arricchirci». Così si capisce «perché la prima delle 
beatitudini sia: “Beati i poveri di spirito”». 
Ed «essere povero di 
spirito, — ha precisato il Pontefice — è andare su questa strada del 
Signore», il quale «si abbassa tanto» da farsi «pane per noi» nel 
sacrificio eucaristico. Gesù, cioè, «continua ad abbassarsi nella storia
 della Chiesa, nel memoriale della sua passione, nel memoriale della sua
 umiliazione, nel memoriale del suo abbassamento, nel memoriale della 
sua povertà, e di questo “pane” lui ci arricchisce». 
 
Da qui il suggerimento finale per la preghiera: «Che il Signore ci 
faccia capire la strada della povertà cristiana e l’atteggiamento che 
noi dobbiamo avere quando aiutiamo i poveri».
 
