domenica 28 giugno 2015

Festa dei Santi Pietro e Paolo "La fede e la sua pratica ci provengono dal Signore attraverso la Chiesa" (J.Ratzinger)

Oggi è la solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, occasione moralmente obbligatoria per riaffermare a voce alta nelle piazze e nelle strade della vita la nostra filiale e totale identificazione nella Santa Romana Chiesa, nostra Madre,  e nel Papa, nostro Padre, che ne è il fondamento visibile nell'amore e nella carità.

L’apostolo Pietro è stato posto da Gesù Cristo a capo e fondamento della Sua unica Chiesa con queste esplicite parole: « Tu es Petrus, et super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam, et portae inferi non praevalebunt adversus eam. 
Et tibi dabo claves Regni coelorum. 
Quodcumque ligaveris super terram, erit ligatum et in coelis. Et quodcumque solveris super terram erit solutum et in coelis » (Matteo 16, 18-19)

Gesù preannunciò a Pietro anche quale sorte gli sarebbe toccata, per testimoniare la fede; il martirio in croce, come il Maestro:

Gesù gli disse: ‘Pasci le mie pecorelle. In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi’. Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio” (Giovanni 21, 17-19).

Il martirio di Pietro avvenne nella persecuzione di Nerone, scatenata dopo l’incendio di Roma voluto dallo stesso imperatore, nell’anno 64, ma della quale furono incolpati ingiustamente i cristiani. (Tacito, Annales, XV, 44).

Il capo degli apostoli venne crocifisso nel colle Vaticano, dove oggi sorge la Basilica di S. Pietro.

"Lasciamo però da parte adesso la figura di Pietro e concentriamoci su quella di Paolo
Il suo martirio viene raccontato per la prima volta dagli Atti di Paolo, scritti verso la fine del II secolo. 
Essi riferiscono che Nerone lo condannò a morte per decapitazione, eseguita subito dopo (cfr 9,5). 
La data della morte varia già nelle fonti antiche, che la pongono tra la persecuzione scatenata da Nerone stesso dopo l’incendio di Roma nel luglio del 64 e l’ultimo anno del suo regno, cioè il 68 (cfr Gerolamo, De viris ill. 5,8). 
Il calcolo dipende molto dalla cronologia dell’arrivo di Paolo a Roma, una discussione nella quale non possiamo qui entrare. Tradizioni successive preciseranno due altri elementi. 
L’uno, il più leggendario, è che il martirio avvenne alle Aquae Salviae, sulla Via Laurentina, con un triplice rimbalzo della testa, ognuno dei quali causò l'uscita di un fiotto d'acqua, per cui il luogo fu detto fino ad oggi “Tre Fontane” (Atti di Pietro e Paolo dello Pseudo Marcello, del secolo V)
L’altro, in consonanza con l'antica testimonianza, già menzionata, del presbitero Gaio, è che la sua sepoltura avvenne non solo “fuori della città... al secondo miglio sulla Via Ostiense”, ma più precisamente “nel podere di Lucina”, che era una matrona cristiana (Passione di Paolo dello Pseudo Abdia, del secolo VI)
Qui, nel secolo IV, l’imperatore Costantino eresse una prima chiesa, poi grandemente ampliata tra il secolo IV e V dagli imperatori Valentiniano II, Teodosio e Arcadio. 
Dopo l’incendio del luglio 1823, fu qui eretta l’attuale basilica di San Paolo fuori le Mura.

In ogni caso, la figura di san Paolo grandeggia ben al di là della sua vita terrena e della sua morte; egli infatti ha lasciato una straordinaria eredità spirituale. 
Anch’egli, come vero discepolo di Gesù, divenne segno di contraddizione. 
Mentre tra i cosiddetti “ebioniti” – una corrente giudeo-cristiana – era considerato come apostata dalla legge mosaica, già nel libro degli Atti degli Apostoli appare una grande venerazione verso l’Apostolo Paolo. 
Vorrei prescindere ora dalla letteratura apocrifa, come gli Atti di Paolo e Tecla e un epistolario apocrifo tra l’Apostolo Paolo e il filosofo Seneca. Importante è constatare soprattutto che ben presto le Lettere di san Paolo entrano nella liturgia, dove la struttura profeta-apostolo-Vangelo è determinante per la forma della liturgia della Parola. 
Così, grazie a questa “presenza” nelle celebrazioni liturgiche della Chiesa, il pensiero dell’Apostolo diventa da subito nutrimento spirituale dei fedeli di tutti i tempi.

E’ ovvio che i Padri della Chiesa e poi tutti i teologi si siano nutriti delle Lettere di san Paolo e della sua spiritualità. 
Egli è così rimasto nei secoli, fino ad oggi, il vero maestro e apostolo delle genti. 
Il primo commento patristico, a noi pervenuto, su uno scritto del Nuovo Testamento è quello del grande teologo alessandrino Origene, che commenta la Lettera di Paolo ai Romani. 
Tale commento purtroppo è conservato solo in parte. San Giovanni Crisostomo, oltre a commentare le sue Lettere, ha scritto di lui sette Panegirici memorabili. 
Sant'Agostino dovrà a lui il passo decisivo della propria conversione, e a Paolo egli ritornerà durante tutta la sua vita. 
Da questo dialogo permanente con l’Apostolo deriva la sua grande teologia della grazia, che è rimasta fondamentale per la teologia cattolica e anche per quella protestante di tutti i tempi. 
San Tommaso d’Aquino ci ha lasciato un bel commento alle Lettere paoline, che rappresenta il frutto più maturo dell'esegesi medioevale. 
Una vera svolta si verificò nel secolo XVI con la Riforma protestante. 
Il momento decisivo nella vita di Lutero, fu il cosiddetto «Turmerlebnis» (forse 1517), nel quale in un attimo egli trovò una nuova interpretazione della dottrina paolina della giustificazione. 
Una interpretazione che lo liberò dagli scrupoli e dalle ansie della sua vita precedente e gli diede una nuova, radicale fiducia nella bontà di Dio che perdona tutto senza condizione. 
Da quel momento Lutero identificò il legalismo giudeo-cristiano, condannato dall'Apostolo, con l'ordine di vita della Chiesa cattolica. 
E la Chiesa gli apparve quindi come espressione della schiavitù della legge alla quale oppose la libertà del Vangelo. 
Il Concilio di Trento (1545 - 1563) interpretò in modo profondo la questione della giustificazione e trovò nella linea di tutta la tradizione cattolica la vera sintesi tra Legge e Vangelo, in conformità col messaggio della Sacra Scrittura letta nella sua totalità e unità." Benedetto XVI, Udienza Generale 4 febbraio 2009

Immagine : Scuola Ecclesia Mater