venerdì 24 luglio 2020

Un teologo "i doni dello Spirito , la grazia dei Sacramenti la preghiera e le tante grazie che sperimento quotidianamente"



Elevazione spirituale del teologo da cui attingiamo spesso degli scritti.
Sedes sapientiae, ora pro nobis.










Giorni fa meditando davanti al Tabernacolo e nel corso di una notte insonne, avvertendo proprio l'attacco di chi vorrebbe strapparmi dallo stare con e nel Signore, ho pensato a
quei bambini che ricevono tanti doni ma senza dare i frutti attesi dai genitori.
Ho così comparato i doni dello Spirito, la grazia dei Sacramenti (anche se da mesi la comunione è solo spirituale), la preghiera e le tante grazie che sperimento quotidianamente, con questo stato d'animo spiritualmente poco carico di frutti.

Mi sono sforzato di riassaporare le parole di Galati 5, non come elenco della spesa, ma entrando nel senso delle parole, una ad una, anche nelle traduzioni latina e greca.

-L'agape, caritas,l’amore con il quale ama Dio, una disposizione d’animo buona, in perdita, che non fa calcoli, amore disinteressato, indipendentemente se ricambiato o meritato; amore di volontà, più che passione o di emozione; amore spirituale.

-Il gioire, con radice in charis, la grazia, più profonda di una banale felicità emotiva e passeggera per qualcosa: è uno “stato” d’animo stabile, che viene da Dio e non dalle circostanze terrene.

-La pace, come shalom, quindi pienezza interiore e non semplicemente un’assenza di conflitto esteriore; è un senso di totalità, di completezza che evita il turbamento dell’anima, non in balia dalle pressioni esterne: il greco eirene (unione) suggerisce fortemente l’ordine, l’insieme al posto del caos e della frammentazione. Gesù è principe della pace. Gli operatori di questa pace saranno chiamati figli di Dio. Gesù saluta dicendo: “Pace a voi”, vi lascio la pace, vi do la mia pace e non è quella del mondo.

-La longanimità, atteggiamento di chi potrebbe vendicarsi, ma non lo fa: la pazienza di Dio con l’uomo peccatore. 
Rimanda al Dio misericordioso nella verità, nella saldezza del proprio essere buono. Clemenza come capacità di sopportare pur potendo fare altro, per scelta, nella forza e non nella costrizione, ben altro che per rassegnazione o impotenza!

-La bontà che Gesù (Mt 11,30) usa per dire dolce il suo gioco. 
Questa dolcezza/gentilezza/affabilità non è esteriore e falsa, bensì interiore e utile, utilizzabile ed efficace (bontà in atto). Rettitudine di cuore e della vita: è lo stato dell’essere buoni come virtù. 
Si integra con il frutto successivo dell’elenco, nella logica di chi -pur avendone diritto e ragione- non pretende che gli altri si adattino a lui, ma è capace di abbassarsi a livello in cui può entrare in relazione con gli altri.

-La benevolenza, carattere generale acquisito come comportamento improntato a queste qualità, rendendo grazie a Dio che ci ritiene degni di questa vocazione, frutto dello spirito di ogni giustizia e verità.

-La fedeltà, come convinzione: è il frutto del restare nella confidenza con Dio, quindi una saldezza che diventa affidabilità. Si è onesti in ciò che si è, nei propri doveri, nelle proprie promesse. Si è stabili e si trasmette sicurezza attorno. Dice verità, confidando nelle promesse di Dio e dimostrando di essere degno di fiducia.

-La modestia/mitezza: le sfumature nelle traduzioni greca e latina sono un po’ differenti, se riportate al vocabolo in italiano. 
E' virtù dell’equilibrio, una disposizione pacata, che non pretende e non impone, non come espressione di debolezza ma di una forza sotto controllo, che riesce ad operare per correggere i difetti governando bene lo spirito e sapendo correggere fraternamente chi sbaglia, sapendo umilmente di poter anche sbagliare. 
Chi maneggia con modestia il bisturi è un chirurgo capace, che non incide con presunzione.

-Il dominio di sè: frutto abbinato e un po’ sovrapponibile al precedente. 
Dice fortezza, padronanza di sé e capacità di controllare pensieri ed azioni. In questo modo le virtù (teologali, cardinali e le altre) si aggiungono al progredire della conoscenza, la perseveranza le conferma, la pietà le testimonia, come rafforzandosi e confermandosi vicendevolmente, portando al dominio di tutto ciò che nella carne tenderebbe altrove.

Tutto questo per dire che i frutti dello Spirito sono misurabili in noi e se non ci sono è un problema.
Oggi la Santa Messa ha proposto il passo del vangelo della vite e dei tralci: il tralcio che non porta frutto è destinato al ... riscaldamento globale. Che "caso"...