lunedì 25 marzo 2013

LETTERA A MAGDI CRISTIANO ALLAM


Un Sacerdote si rivolge al Dott. Magdi Cristiano Allam, ex vicedirettore del Corriere della Sera ,  che in un  articolo pubblicato oggi su Il Giornale, dice addio alla Chiesa Cattolica di cui è divenuto figlio con il Santo Battesimo ricevuto conferito da Papa Benedetto XVI il 22 marzo 2008 nella Basilica di San Pietro, durante la Veglia Pasquale.

Caro Magdi Cristiano,
mi permetto di indirizzarti qualche parola solo perché il mio nome compare, insieme a quelli di molti cattolici, nel tuo "Grazie, Gesù". Allora la tua testimonianza ci apparve come uno schiaffo salutare al nostro cattolicesimo pigro ed indolente. 
Oggi la tua dichiarazione ha soltanto l'amarezza dello schiaffo. 
Sarei felice di sapere che una provocazione di tal genere sia l'ennesima sberla alla nostra persistenza nella pigrizia. 
Se in qualche modo ti abbiamo deluso, confidiamo nella misericordia di Dio e, conseguentemente, anche nella tua. 
Le tue parole non sembrano motivate, però, dal cattolicesimo che ti ritrovi accanto quotidianamente. 
Esse chiamano in causa altre ragioni, ben più gravi che la nostra pastorale accondiscendente e la nostra vergogna di gridare dai tetti quel che abbiamo udito all'orecchio.
Non entro nelle questioni politiche e neppure in quelle della tua mancanza di formazione. Mi chiedo chi sia formato, oggi. 
Perciò non mi unisco a coloro che stanno rileggendo le tue amare considerazioni alla luce dei loro punti di vista, in massima parte condivisibili.
Mi sarei atteso che in questi anni tu avessi imparato a distinguere il pensiero della Chiesa da quello dei cattolici. 
Perché è vero che ci sono cattolici che rinunciano ad annunciare la verità e dissolvono tutto in un dialogo povero e degradante. Il loro pensiero, tuttavia, non coincide con quello della Chiesa, né tanto meno ha sostegno nella dottrina del Vaticano II. 
La fede comporta l'ossequio dell'intelletto e della volontà. 
Mi sarei atteso anche che tu avessi ormai saputo riconoscere la ragionevolezza della nostra fede anche nei casi che richiedono semplicemente un po' di buon senso. 
Noi non andiamo ad annunciare il Vangelo con le armi, ma con la parola e con la testimonianza che ne deriva. 
Se la pace comporta anche il dialogo, non vedo dove sia l'errore. 
Se il dialogo diventa acquiescenza o si trasforma in silenzio, allora riconosco le tue ragioni. 
Ma la Chiesa non ha mai detto che ci si debba spogliare della propria identità, né che questa identità debba essere priva di voce.
il Papa Benedetto, che tu hai amato quanto noi e che ti ha rigenerato alla vita della grazia, ti direbbe che il Papa è uno solo. Il vescovo di Roma non può avere successori. 
Quando egli non è più il vescovo di Roma, il primato passa ad un altro. 
Chi lo ha amato sinceramente, per il fatto che fosse il Vicario di Cristo e non la voce delle nostre legittime istanze, non può che professare la sua stessa riverenza e la sua stessa obbedienza a Papa Francesco.
Il buonismo è diventato una moda, è vero. 
Solo che la Chiesa intende difendere la dignità delle persone, non i programmi di una determinata corrente politica. 
Tra i principi non negoziabili c'è anche il rispetto della vita, in tutte le sue forme. 
E' poi compito dei politici cattolici conciliare le esigenze della fede con quelle dello Stato e del rispetto dovuto ai suoi cittadini. 
La carità è alimentata da quella fede che conduce alla giustizia. 
Il buonismo c'entra ben poco, se non nella logica idiota di alcuni cattolici.
Tu sai bene che la Chiesa non impone affatto "dei comportamenti che sono in conflitto con la natura umana, quali il celibato sacerdotale, l'astensione dai rapporti sessuali al di fuori del matrimonio, l'indissolubilità del matrimonio". 
Anche in questo caso tu sembri non distinguere la dottrina dal comportamento dei singoli. 
Nei casi da te ricordati, la Chiesa non impone, bensì riconosce la libertà delle coscienze. 
Può discernere, ma non può dire che uno non sia chiamato al celibato o al matrimonio fedele ed indissolubile, così come è nel pensiero cattolico. 
Un maggiore rigore aiuta tutti, senz'altro. 
Ma resta il fatto che la nostra natura è fragile e che la vita, se non debitamente ancorata alla grazia di Dio, può mettere alla prova anche la più ferma volontà ed il più granitico dei propositi. 
Mi stupirei se tu non ne avessi mai fatto esperienza. Però - ed è questo che rappresenta il discrimine tra le nostre posizioni- dal peccato si può sempre risorgere. 
Dall'orgoglio, no. 
Si può essere in posizione irregolare, come oggi avviene sempre più frequentemente, ed essere nello stesso tempo persuasi che la Verità sia soltanto nel Vangelo e nella Chiesa che lo trasmette integro, con tutta la sua efficacia. 
La sofferenza di tanti fratelli divorziati e risposati attesta questa realtà, che sfugge del tutto alla nostra comprensione. 
Tuttavia, nell'obbedienza alla Chiesa e alle sue prescrizioni - mai senza, sia chiaro- viene seminato un germe di grazia e di vita eterna. 
Ed è questo, alla fine, che rende grande la misericordia di Dio. Cosa voglio dire? 
Che persino un povero peccatore si ritrova nella condizione di poter in qualche modo rendere evidente la verità della fede nella comunione con il Papa e con la Chiesa. 
Cosa che non può assolutamente fare chi sceglie di andare via. 
Sono persuaso che tu possa ancora essere utile a questa Chiesa, che è la Tua Chiesa. 
Quando hai chiesto il dono del battesimo, essa si è appellata alla sincerità della tua coscienza, illuminata dalla grazia. 
Non permettere che adesso la tua coscienza si erga a giudice della Madre che ti ha dato la vita nuova.
Senza questa Madre la coscienza diventa fallace, e non sempre segue le vie di Dio.
Ti accompagno con la mia povera preghiera.

don Antonio.